Attualità contrastanti sul fronte del lavoro e dei giovani, e prospettive nuove per i prossimi decenni. Iniziamo da queste. È noto che nel primo ventennio postbellico (1945-1965) sono nati molti bambini ("baby-boom"). Sono e saranno dunque numerosi i pensionamenti dal 2005 al 2025. Queste persone che lasciano il lavoro hanno avuto pochi figli (meno di due per coppia). Per i prossimi decenni, quindi, non si teme più la disoccupazione di massa – spettro e realtà dalla fine degli anni settanta in poi – bensì la mancanza di lavoratori. Prospettive positive per i giovani? Forse sì, ma non mancano le incognite, che sono altrettante sfide. Ci sarà lavoro se si potranno vendere a prezzi competitivi prodotti originali e di qualità. Innovazione e produttività ne sono le condizioni. Come assicurarle con una manodopera anziana, se per colmare la mancanza di giovani si ritarderà l'età del pensionamento? Come riuscire la sfida dell'integrazione, se per accrescere l'offerta di manodopera si facesse ricorso all'immigrazione in misura ancora più ampia? Come assicurare la qualità dei lavoratori che sostituiranno i pensionati, se numerosi giovani sono in rottura con la formazione, se giungono dall'estero con formazioni inadeguate o incomplete, se le aziende chiudono le porte ai candidati apprendisti o ai giovani in cerca di primo impiego? Veniamo quindi all'oggi, punto di partenza del domani. La Commissione federale per l'infanzia e la gioventù ha lanciato l'allarme, parlando di «bomba sociale a scoppio ritardato». Troppi bambini, adolescenti, giovani adulti vivono oggi in situazioni di povertà relativa: non solo scarsità di risorse materiali, ma culturali e relazionali. Giovani "senza" e giovani "fuori". Abbiamo raccolto alcuni dati per il Ticino. Giovani (20-29 anni) senza formazione post-obbligatoria: sono oltre 6 mila. Giovani (15-29 anni) senza lavoro: sono 1'700 (tasso di disoccupazione del 5,4 per cento), e uno su quattro ha frequentato solo la scuola dell'obbligo. Giovani adulti (18-29 anni) che non vivono più con i genitori e sono già "titolari in proprio"di prestazioni assistenziali: sono oltre 400. Più della metà è priva di formazione professionale. Altri 200 giovani adulti vivono in famiglie dipendenti dall'assistenza. Oggi, però, la disoccupazione diminuisce anche fra i giovani e i posti di lavoro aumentano, e di molto: del 2,4 per cento in Svizzera, addirittura del 4,6 per cento in Ticino. È il momento di reagire, di disinnescare la "bomba a scoppio ritardato". Reinserimento nella formazione di chi l'ha interrotta prematuramente; posti di pratica professionale per chi non ce la fa a tornare sui banchi di scuola; assunzioni in primo impiego, senza anticamera logorante, per chi il diploma ce l'ha: queste sono le priorità, la sfida immediata. Per la politica, per i datori di lavoro, per i giovani stessi. |