Giochi senza frontiere

Dumping salariale e concorrenza sleale sono termini che ci accompagnano quasi giornalmente dal fatidico 1o giugno di quest’anno. “Per ora non abbiamo riscontrato abusi degni di nota”, così si potrebbe riassumere il parere della Commissione tripartita del canton Ticino che ha fatto alcuni giorni fa un primo bilancio sulla libera circolazione delle persone. Eppure “le occasioni che fanno l’uomo ladro” non mancano di certo. Occasioni succulente tanto per le imprese italiane quanto per quelle svizzere. Vi spiegheremo il perché in questo reportage di area al seguito dell’ispettore del lavoro Bruno Zarro. Ad allargare il ventaglio delle occasioni ci sono anche le regole del gioco, quelle dei bilaterali e delle misure fiancheggiatrici di protezione sociale e dell’economia indigena, che restano sconosciute non solo alla manodopera estera distaccata in Ticino ma anche agli stessi imprenditori italiani. «I controlli che faccio rappresentano solo la punta di un iceberg, per di più di quella parte che è “volontariamente” emersa», ci ha detto l’ispettore in uno dei cantieri con lui visitati. «Fermi, questo è un controllo!», non è un film poliziesco ma la frase più ricorrente dell’ispettore del lavoro dell’Associazione interprofessionale di controllo (Aic) Bruno Zarro. «I principi su cui si basa il mio lavoro sono tre – dice l’ispettore – controllare che tutto sia in regola, informare e solo in ultima istanza denunciare alle autorità eventuali abusi». Bruno Zarro verifica per conto dell’Aic (che riunisce 17 commissioni paritetiche di rappresentanti dei lavoratori e del padronato delle professioni del ramo dell’edilizia) il rispetto delle norme contrattuali per i lavoratori distaccati. Ovvero per quei lavoratori dipendenti di ditte dell’Unione europea che vengono impiegati per meno di 90 giorni su suolo elvetico. «In questo caso i lavoratori distaccati devono essere annunciati, tecnicamente si parla di “notifica”, all’Ufficio manodopera estera – dice Zarro –. In seguito mi vengono inviate le notifiche che riguardano le 17 professioni che mi competono (dalla pavimentazione stradale all’idraulica, ndr). Purtroppo arrivo a controllarne solo il 40 per cento, sono da solo all’Aic. Forse nel 2005 si riuscirà ad assumere un altro ispettore, da solo non posso arrivare a fare tutto ». I settori non controllati da Bruno Zarro, compresi quelli privi di un contratto collettivo di lavoro (Ccl), competono a 4 funzionari cantonali dell’Ispettorato del lavoro che per ora non hanno riscontrato alcun abuso. Alle 14 giungiamo in un cantiere in pieno centro a Lugano: tutto regolare, i dipendenti distaccati sono stati notificati dalla ditta italiana. L’ispettore ricorda ai lavoratori le norme vigenti in Svizzera sugli orari di lavoro e sul minimo salariale nel settore della posa di pavimenti. «È incredibile, la maggior parte dei lavoratori distaccati, direi quasi il 90 per cento, non conoscono i loro diritti e la regolamentazione del lavoro in Svizzera – dice Zarro –. Molti restano allibiti quando gli dico quale stipendio dovrebbero percepire qui. Alcuni devono prendere anche il triplo di busta paga, solo che non lo sanno. Non dico che c’è malafede da parte del datore di lavoro, ma di sicuro molta ignoranza. Non capisco come si possa accettare una committenza in un paese straniero senza conoscere le disposizioni di quella nazione, certo non dico che non ci sono anche i “furbetti”». Disinformazione (vedi articolo sotto) e “furbizia” che fornisce appunto l’occasione. Un’occasione che se ben sfruttata può moltiplicare come per incanto i profitti. «Non sa quante volte capita che una ditta italiana annunci l’arrivo di lavoratori distaccati – dice Zarro –, poi quando scoprono che devono pagarli lo stipendio svizzero “stranamente” vengono lasciati a casa. Poi sul cantiere ci trovi magari il titolare o altri lavoratori che si fanno carico del lavoro a titolo di indipendenti. Niente di illegale, per carità, però...». Sì, perché a differenza del lavoratore distaccato, che è soggetto alle norme contrattuali elvetiche, l’indipendente può giostrarsi in una zona decisamente più grigia. Un falegname italiano dipendente prende 12 franchi all’ora, in Svizzera dovrebbe riceverne almeno 32. Se però il falegname italiano si “trasforma” in indipendente può farsi pagare 20 franchi ad esempio, nessuno glielo vieta poiché non è soggetto ad alcun Ccl in quanto “imprenditore”. «Anche l’indipendente è tenuto a notificarsi – dice l’ispettore –. L’unica cosa che posso fare però in questo caso è controllare che sia iscritto alla camera di commercio italiana. Finisce tutto qui, il suo stipendio se lo giostra lui, io non posso dirgli assolutamente nulla. Al massimo ricordargli cosa si fanno pagare i falegnami indipendenti in Svizzera, cioè 70-80 franchi all’ora almeno». Ma dove stanno allora gli abusi? L’ispettore dell’Aic ci spiega che «mi è capitato di trovare sui cantieri dipendenti non notificati, la legge permette loro di continuare a lavorare. Io non ho compiti polizieschi però, avverto l’Ufficio manodopera estera che prenderà provvedimenti. Altre infrazioni frequenti sono il superamento degli orari di lavoro concessi, più raramente trovo lavoratori in nero (finora non è stata inflitta alcuna multa per mancata notifica o orari di lavoro illegali, ndr)». A fine giro Bruno Zarro dice in tono scherzoso «sa, fra un po’ mi trasferisco in una nuova casa. La stiamo ristrutturando, certo che col mio lavoro di ispettore potrei congegnarne di belle per risparmiare....e tutto restando nella piena legalità!». Viorel e Ionel, rumeni distaccati e disinformati L’incontro con Viorel e Ionel – due operai rumeni impiegati da una ditta di Seveso – è rappresentativo della situazione attuale del lavoratore dipendente distaccato in Svizzera. Li incontriamo direttamente sul cantiere di Savosa dove stanno lavorando alla ristrutturazione di una villetta. «Buongiorno, mi chiamo Bruno Zarro e sono qui per un controllo. Potete per cortesia favorire i documenti? Devo verificare che siete davvero voi i dipendenti distaccati che sono stati annunciati per questo lavoro all’Ufficio manodopera estera». I due operai rumeni scendono dall’impalcatura e dicono subito, con una punta di preoccupazione, che al momento il titolare dell’impresa non è presente sul cantiere e che sono arrivati per questo lavoro in Svizzera solo da due giorni. «Noi non ne sappiamo niente di queste notifiche, siamo venuti qui per lavorare come facciamo di solito anche in Italia. Settimana scorsa il titolare ci ha detto che saremmo venuti in Svizzera, io ho portato con me la carta d’identità, tenga. È la prima volta che vengo qui. Di più non saprei dirle. Cosa è questa notifica?», dice Viorel. Dopo aver verificato la regolare notifica dei due lavoratori, l’ispettore dell’Associazione interprofessionale di controllo Bruno Zarro li informa sulle norme contrattuali vigenti nel mercato del lavoro elvetico. «Lo sapete che a differenza dell’Italia in Svizzera non si lavora il sabato nel vostro settore?», dice Zarro. Ionel ammette che non ne era al corrente. «Quanto pensate di dover ricevere per questo lavoro?», continua l’ispettore. «In Italia prendiamo 6,50 euro all’ora. Cambia qualcosa qui?», risponde Viorel. A questo punto Zarro spiega ai due lavoratori distaccati che devono ricevere 16,50 euro all’ora, tramutati in franchi praticamente il triplo. Il ramo della posa a vista in Svizzera è infatti regolamentato da un contratto collettivo di lavoro che prevede anche dei minimi salariali. «Se vi pagassero solo 6,50 euro all’ora il vostro datore di lavoro farebbe concorrenza sleale alle imprese ticinesi e voi sareste pagati molto meno del minimo contrattuale previsto per il lavoratore indigeno. Dovreste dire al titolare di inviarmi una copia delle buste paga. Così possiamo controllare che vi ha pagato come si deve», dice Zarro a Viorel e Ionel stupiti dalla “buona notizia”. «Meno male, perché qui per 3 caffè abbiamo dovuto pagare 5 euro... – dice Viorel –. Antonello però non sarà molto contento, ma eccolo là che arriva. Glielo dica lei per favore», dice Viorel all’ispettore. «Siamo qui per una commessa di una ditta svizzera – dice l’imprenditore di Seveso –, ci hanno chiesto di venire a fare questo lavoro. Hanno pensato loro alle notifiche». «Avrebbe dovuto farle lei direttamente. Lo sa che deve pagare i suoi dipendenti non 6,50 ma 16,50 euro all’ora?», gli chiede Zarro. «Mi aveva accennato qualcosa la ditta svizzera sui salari, sì sì lo sapevo che dovevano prendere qualcosina in più…», risponde pensieroso l’imprenditore. «d'accordo, dovrebbe comunque mandarmi una copia delle buste paga dei suoi dipendenti, tenga questo è il mio biglietto da visita», conclude Bruno Zarro.

Pubblicato il

26.11.2004 01:00
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