Giocano col fuoco

Martedì gli operai dell’edilizia principale di 63 e 64 anni di età si godranno il primo giorno di pensione. Diventa così esecutivo l’accordo sul prepensionamento raggiunto fra i sindacati e gli impresari costruttori, accordo che entro il 2006 permetterà ai lavoratori di un mestiere altamente logorante di andare in pensione, se lo desiderano, a partire da 60 anni. È questa, dall’estate scorsa, da quando esplose lo scandalo del “furto delle pensioni”, l’unica notizia veramente positiva in materia di assicurazioni sociali, segnatamente di previdenza professionale (ci sarebbe anche l’accordo sull’assicurazione maternità, ma nel confronto internazionale sarà un’assicurazione ridotta ai minimi termini, sempre che sopravviva al referendum dell’Udc). Per il resto, l’ultimo anno ci ha offerto lo spettacolo di un disordinato ma determinato attacco al sistema di sicurezza sociale svizzero, fatto di riforme desolidarizzanti e di proposte provocanti se non indecenti che, nel giro di un paio di settimane, diventano materia di serio dibattito politico. Nessuna istituzione è stata risparmiata, né l’Avs, né il secondo pilastro, né l’assicurazione invalidità, né l’assicurazione malattia, né le prestazioni della Suva, né quelle in caso di disoccupazione. Soprattutto da quando Pascal Couchepin ha preso il posto di Ruth Dreifuss alla testa del Dipartimento federale dell’interno nulla è stato lasciato d’intentato, come del resto in tutta Europa, per rovesciare i capisaldi dello Stato sociale svizzero. Al punto che i giovani radicali sono riusciti a proporre l’innalzamento dell’età di pensionamento a 70 anni pur di far sembrare i 67 auspicati da un Couchepin perfettamente allineato al padronato come tutto sommato ragionevoli. Di tutto e di più, dunque. Anzi, di meno. In questo modo la destra politica ed economica sta rendendo insicuri tutti i cittadini e le cittadine di questo paese, minando il presupposto su cui fondano il loro funzionamento le istituzioni costitutive di uno Stato sociale, presupposto che è la fiducia. Una fiducia che si basa, ad esempio, sulla certezza di una cura efficace in caso di malattia, di un reddito sostitutivo dignitoso in caso di disoccupazione, di un’età di pensionamento ben definita quando sarà giunta la vecchiaia, di una previdenza professionale che permetta di mantenere il proprio tenore di vita, e così via. Se questi obiettivi minimi non sono più garantiti, è logico che i cittadini e le cittadine di questo paese comincino a chiedersi fino a che punto valga la pena di stare al gioco. Il rischio che le provocazioni di Couchepin e consorti acuiscano lo scontro sociale è reale. È una prospettiva che non gioverebbe a nessuno, men che meno alla destra padronale che nel secondo dopoguerra ha costruito la sua prosperità sulla pace sociale. Resta da capire perché si ostini a giocare col fuoco.

Pubblicato il

27.06.2003 00:30
Gianfranco Helbling