Superata quota settemilacento sottoscrizioni in cinque giorni. Cifra simbolica poiché equivalente al numero di firme per convalidare un referendum. Sono tanti i cittadini ad aver risposto positivamente all’appello (lo trovate qui) promosso da ventidue associazioni (tra i primi firmatari Conferenza Cantonale dei Genitori, Atgabbes e Pro Infirmis) per chiedere al Gran Consiglio di stralciare la misura di risparmio di 2 milioni sulla pedagogia speciale.

 

Un taglio proposto dal rapporto di maggioranza della Commissione della gestione e finanze firmato dai rappresentanti del PLR, il Centro e Lega dei Ticinesi sul quale deciderà il Gran Consiglio lunedì 9 dicembre nella discussione sul Preventivo 2025. Nei fatti, i tre partiti vogliono ridurre la crescita di 6,5 milioni di franchi del budget della pedagogia speciale che oggi interessa circa tremila studenti, di cui quasi novecento studenti delle scuole speciali o di istituti specializzati.

 

A mente del governo, proprio l’aumento del numero di allievi alle scuole speciali giustifica la metà della crescita di spesa preventivata (3 milioni), mentre i restanti tre milioni servirebbero a coprire i normali scatti d’anzianità del personale impiegato nel servizio. L’aumento della spesa della pedagogia speciale negli ultimi otto anni è innegabile, passato dai 16 milioni del 2015 ai 41,8 milioni del 2023. Un aumento spiegabile per più motivi, chiarisce il Consiglio di Stato rispondendo alla Commissione della gestione. L’aumento della spesa dal 2015 non è una casualità, ma è dovutoall’entrata in vigore proprio quell’anno del concordato HarmoS, che ha esteso le prestazioni anche alla scuola dell’infanzia”. Un fatto positivo, sottolineava il governo rispondendo in marzo all’interrogazione di Aron Piezzi (PLR) sui costi della pedagogia speciale. Senza l’arrivo di HarmoS, aveva precisato il governo, dei bambini con disabilità sarebbero rimasti esclusi dalla scuola dell’infanzia.


In secondo luogo, annota il governo, la gioventù ticinese non se la sta passando bene nel suo insieme. I disturbi di cui molte ragazze e ragazzi soffrono, diagnosticati e certificati da specialisti, sono in crescita negli ultimi anni. “Si va dai disturbi specifici dell’apprendimento, e l’incremento dei casi di disagio nello sviluppo sociale delle allieve e degli allievi, legati ad esempio a situazioni di fragilità familiare, scarsa stimolazione e al post-pandemia così come l’attenzione ai bambini con alto potenziale cognitivo” precisa il Consiglio di Stato.


Per poter continuare a garantire il supporto a questi allievi, dicono i promotori dell’appello, quel taglio al budget della pedagogia speciale non s’ha da fare. Per approfondire le motivazioni dell’opposizione al taglio, ne parliamo con Danilo Forini, granconsigliere PS e direttore di Pro Infirmis, associazione firmataria dell’appello.  

 

Nel rapporto di maggioranza della Commissione Gestione e Finanze si legge che nella pedagogia speciale “appare piuttosto chiaro che l’offerta determina la domanda”. Danilo Forini, quanto offerto dalla Pedagogia speciale incita genitori e allievi ad approfittare inutilmente dei servizi?

È un’impostazione assurda, presa a prestito dal mondo sanitario in un parallelismo che non regge. Le misure di pedagogia speciale vengono decise da numerose figure scolastiche, supportate da diagnosi mediche e prese in concerto coi genitori. Da esperienza di Pro Infirmis, non di rado vedo dei genitori affrontare un percorso non facile di accettazione del bisogno dei propri figli di poter usufruire di prestazioni pedagogiche particolari. Insomma, non sono misure prese alla leggera e in automatismo. 

 

La Commissione sostiene che non siano dei tagli, ma un contenimento della spesa.

Rispondo facendo l’esempio degli anziani. La spesa aumenta perché aumentano gli anziani. Se non aumento le spese, riduco le prestazioni alla popolazione anziana. Lo stesso vale nella pedagogia speciale. Quest’ultima aumenta perché aumentano i casi. L’anno prossimo ci sarà una novantina di allievi in più a scuola speciale. È logico che aumentino i costi. A meno che si voglia far finta che questi bambini non esistano.

 

Il taglio di due milioni sull’aumento di spesa ipotizzato del servizio di pedagogia speciale, dove colpirà concretamente?

Nessuno lo sa. La Commissione propone un taglio lineare senza indicare eventuali sprechi. Questo perché, a mio modo di vedere, non ve ne sono. Nella sciagurata ipotesi che dovesse passare il taglio, toccherà al DECS doverli indicare. Si può supporre che si dovrà ridurre il numero di docenti o di altre figure specialistiche come le logopediste in rapporto al numero di allievi. Dunque vi sarà una minore presa a carico dei bisogni di questi bambini.

 

Per il secondo anno consecutivo, il settore della disabilità sembra quello chiamato a pagar dazio maggiormente coi tagli…

Sì, anche perché questa particolare misura non è stata proposta dal Consiglio di Stato, ma dalla maggioranza della Commissione. Sembra proprio che ci sia un accanimento sulle persone più fragili. Sembra costino troppo e bisogna dunque spendere meno. Non importa come, e soprattutto, quali siano le conseguenze per queste persone.

 

Quali sono i rischi futuri se non si sostiene sin da subito adeguatamente bambine e bambini a cui sono state diagnosticate delle problematiche importanti?

Vedo due rischi. Il primo per le bambine e i bambini direttamente coinvolti. Se s’interviene precocemente, si migliora la loro autonomia, con migliori facilità di inserimento professionale o sociale da adulti. Oltre a migliorare la loro qualità di vita, si eviteranno costi supplementari futuri per la società. Il secondo aspetto è che, negando i supporti della pedagogia speciale, magari limitando le ore degli Operatori pedagogici per l’integrazione (OPI), si scaricherà il problema sui docenti regolari, costretti ad affrontare situazioni a volte complesse dovendo al contempo gestire un’intera classe. Alla fine, le ripercussioni dei tagli alla pedagogia speciale li pagheranno tutti gli allievi e le allieve.

 

La maggioranza della Commissione della gestione ha indubbiamente ragione nelle sue conclusioni. “Il popolo ha confermato in votazione popolare di privilegiare correttivi alla spesa piuttosto che aumentare le entrate”. In altri termini, il popolo ha votato per tagli e sgravi fiscali. A Forini granconsigliere socialista chiedo: siete contro la volontà popolare?

Ancora in occasione dell’ultima votazione sugli sgravi, i favorevoli parlavano della grande macchina dello Stato su cui bisognava intervenire con cure dimagranti, sostenendo che non si sarebbe colpita la popolazione più fragile. Ora il Re è nudo e si vede l’esatto contrario. Sono significative le ultime reazioni dei Comuni. Prima erano silenti sugli sgravi in votazione, ora invece reclamano col Cantone sui servizi scaricati su di loro, come ad esempio i corsi di ginnastica o di musica alle scuole comunali. Forse bisognava esser sinceri prima sulle reali conseguenze di certe scelte.  

Pubblicato il 

03.12.24
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