Sorpresa: e chi poteva pensare che gli eredi di chi obbligava gli omosessuali a mettersi un triangolino rosa e a morire nei campi di sterminio, oggi si trova a difendere l’orgoglio di essere gay? Già, i neonazisti più duri e violenti nascondono dietro svastiche ed innumerevoli ed inelencabili motivi di odio, la tenerezza di un amore difficile da confessare anche ai genitori, senza pensare agli amici con la testa rasata, lo sguardo sprezzante, la voglia di far male dentro. Lo ha scoperto, o meglio lo ha voluto mettere bene in mostra nel documentario “Männer, Helden und schwule Nazis” (“Uomini, eroi e nazisti gay”) il regista tedesco Rosa von Praunheim, internazionalmente una delle figure più significative del cinema tout court, non solo del cinema dell’orgoglio omosessuale di cui da trentacinque anni è l’alfiere, e non solo per la sua prolificità che lo ha portato al Festival di Berlino nel febbraio scorso con tre film, compreso questo. Con cura storica encomiabile e con un intelligente spirito dissacratorio, Rosa von Praunheim (il cui nome di battesimo è Holger Mischwitzki) indaga sull’ omosessualità tra i nazisti tedeschi oggi, partendo da un’inchiesta del giornalista Rainer Fromm che rivelava che oltre il 10 per cento dei membri dirigenti del partito nazista oggi sono omosessuali. E prova, riuscendoci, ad aprire il sipario su un tema capace di inquietare l’estrema destra e l’estrema sinistra insieme. All’inizio del discorso c’è un’ affermazione del neonazista Michael Kuhnen, morto di Aids alla fine degli anni ’80: questi spiegava che gli omosessuali sono i migliori combattenti perchè non hanno famiglia, sono più indipendenti e coraggiosi. Gli incontri che si fanno nel documentario sono tutti straordinari nel mostrare un mondo dai doppi confini, conflittuali, quasi schizofrenici, eppure assurdamente pieni di un’umanità che fa a pugni col quotidiano di ognuno. C’è Bernd Ewald Althans che si fece una reputazione con il suo film “Beruf Neonazi” (“Professione neonazista”) che dopo aver pubblicamente rinnegato l’Olocausto, oggi è uno dei più vivaci organizzatori di feste gay a Berlino, con lui Jörg Fischer, già membro attivo nei partiti di estrema destra Npd e Dvu, oggi giornalista che racconta anche della sua storia d’amore con un compagno di partito durata quattro anni. Ma quello che più sorprende in questo “Männer, Helden und schwule Nazis” è la civile e dura conclusione che il regista affida alle amare parole del professor Rüdiger Lautmann: «Gli omosessuali sono sempre stati perseguitati, in tutti i partiti politici, in tutte le religioni, in tutte le società. È per questo che non c’è nessuna ragione che impedisca agli omosessuali di aderire ai gruppuscoli di destra, perchè l’angoscia di essere scoperti e puniti è dappertutto pressappoco la stessa». Peccato, come spiega Rosa von Praunheim, che «fin dall’inizio del movimento omosessuale, ci sono dei gay di destra che danno importanza alla virilità e al nazionalismo; loro stessi considerano come esseri inferiori le checche e le donne e propagandano l’antisemitismo». La destra etero o omosessuale alla fine non si smentisce nel suo non accettare un altro diverso, di più impaurisce il fantasma antisemita coltivato in un terzo millennio che si annuncia ancor più tragico di come si è chiuso il secondo millennio. E naturale, allora, è stato in quel di Berlino al termine della proiezione del film il dibattito che vedeva coinvolto insieme al regista rappresentanti dei gay di sinistra e gay neonazisti. È stato un dibattito acceso, ma privato fin dall’inizio di uno dei rappresentanti più importanti, un giornalista, rappresentante degli omosessuali berlinesi di sinistra, che ha abbandonato la sala urlando la sua immensa rabbia nello scoprire in sala una massiccia presenza di nazisti, gay o non gay: nazisti, e nello scoprire un pubblico capace di applaudirli, dimenticando, grave colpa, di applaudire con loro quelle svastiche sulla loro testa.

Pubblicato il 

15.04.05

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