Riconosco di aver dubitato a lungo prima di scegliere il tema di questo commento. Mi sono deciso a proporre alcune riflessioni prima che venga emesso il verdetto a carico di Franco Verda, ben sapendo che esse saranno lette quando il procedimento sarà già iniziato. Cosa c’è da dire dunque scegliendo tale data? Secondo me è opportuno riflettere prima e durante un giudizio pubblico sui fondamenti del nostro sistema giudiziario, fondamenti che risalgono ad opzioni morali ed a riflessioni etiche che già ci accompagnano da secoli anche se hanno faticato a farsi strada e continuano a costituire contoversia anche ai nostri giorni. Il primo assioma già è riconosciuto a parole ma difficilmente praticato: ogni imputato va considerato come innocente fino a prova del contrario. Devo riconoscere che la stampa nostrana ha in gran parte rispettato questa regola, in ogni caso meglio di quella confederata e della vicina Repubblica. È difficile rispettarla poiché i tempi della giustizia sono lunghi e l’attesa del giudizio deve essere terribile per l’imputato ma anche per chi professionalmente è chiamato ad informare l’opinione pubblica. Ciononostante l’unico luogo moralmente accettabile per giudicare un accusato è l’aula del tribunale e non la pagina di giornale o lo schermo televisivo. Il fatto che Franco Verda sia stato alla testa del potere giudiziario cantonale non costituisce una crisi del sistema in quanto tale. Il principio dell’uguaglianza di fronte alla legge deve pure avere la possibilità di essere applicato. Il caso è raro e ci si deve augurare che non si ripeta facilmente, ma almeno ci serve pedagogicamente ad applicare il principio suddetto. Lo abbiamo visto all’opera anche poco tempo in Francia con l’ex presidente del Consiglio costituzionale apparire in veste di imputato a palazzo di giustizia ed essere condannato. Vale infine anche per Franco Verda il principio della nulla pœna sine lege. Qualora fosse ritenuto innocente o colpevole ciò dovrà essere pronunciato sulla base di leggi in vigore e non di vaghi sentimenti moralistici. Anche questo principio che a prima vista sembra limitare la competenza dei giudici ha una sua precisa giustificazione etica e limita di fatto l’arbitrio. Il teologo che scrive queste righe non può esimersi infine di evocare una classica distinzione tra il foro esterno ed interno. La giustizia degli uomini si limita ad esaminare e giudicare ciò che è visibile e dimostrabile agli occhi di chi indaga, evitando l’ambito profondo della coscienza. Se ben ricordo l’avevo ricordato già durante gli anni ’70, nell’ambito di una tavola rotonda sul servizio civile, a Franco Verda, allora giudice militare. Ma erano altri tempi…
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