«L’obiettivo principale di questa mobilitazione è semplice: opporsi allo svolgimento di questo vertice durante il quale i dirigenti dei paesi più potenti pretendono ancora di imporre in modo totalmente illegittimo le loro politiche a tutti i popoli del pianeta». Così comincia la dichiarazione divulgata una decina di giorni fa dal Forum sociale lemanico (Fsl), il principale organo di coordinamento della mobilitazione anti-G8 su suolo svizzero. Impegnato da mesi in un estenuante e tortuoso negoziato con le autorità federali e cantonali, l’Fsl (composto di partiti di sinistra, sindacati e organizzazioni quali Attac, Révolutions, eccetera) ha reagito con veemenza al recente dietrofront del Consiglio federale sull’impiego – in un primo tempo escluso – di 750 poliziotti germanici durante il vertice del G8 che si terrà a Évian dal 1. al 3 giugno prossimi: «una misura che rischia di aumentare la psicosi», l’ha definita. E che perlomeno nella sua espressione numerica è di cattivo auspicio circa il rispetto di uno dei tre principi sulla quale si basa la “doctrine d’engagement” delle forze dell’ordine che saranno impegnate a Ginevra: quello della proporzionalità. Degli ultimi sviluppi del tormentato cammino di avvicinamento al vertice di Évian abbiamo parlato con Éric Decarro, presidente nazionale del Sindacato dei servizi pubblici Ssp/Vpod e membro del Forum sociale lemanico. Éric Decarro, nelle ultime settimane le previsioni sul numero di partecipanti al corteo di domenica 1. giugno sono state riviste verso il basso, eppure le richieste di nuovi poliziotti, anche stranieri, sono andate avanti. Si tratta di una contraddizione flagrante. Noi del Forum sociale lemanico ne siamo stupiti. Siamo sbalorditi di fronte al dispiegamento di questo enorme apparato militare e poliziesco. Ciò crea una tensione estremamente forte e aumenta i rischi di violenza. Ginevra sarà sotto assedio. Dal canto nostro continuiamo a negoziare con le autorità. Il clima è più disteso da qualche settimana ma noi restiamo diffidenti, soprattutto a causa dell’esito della manifestazione anti-Omc del 29 marzo a Ginevra contro l’Omc (in quell’occasione la polizia ginevrina caricò un gruppo di manifestanti ferendo fra l’altro al viso con un proiettile di piccolo calibro la segretaria centrale del sindacato Comedia Denise Chervet, cfr. area n.15-16, 11 aprile). Siamo perciò estremamente vigilanti e resteremo attenti al comportamento che la polizia avrà nei giorni del vertice. Fino a qualche settimana fa si parlava addirittura di 300mila manifestanti, ora le stime ufficiali dicono che saranno fra i 30 e i 90mila. Voi quanta gente aspettate alla grande manifestazione di domenica? Queste manifestazioni richiamano gente da tutto il mondo, ma i no global proverranno soprattutto dai paesi toccati direttamente dal vertice, Svizzera e Francia. Bisogna tener conto fra le altre cose che in Francia in questo momento c’è una forte mobilitazione contro la riforma delle pensioni e una grande manifestazione nazionale è prevista il 25 maggio a Parigi. Organizzare degli spostamenti verso Évian qualche giorno dopo sarà problematico. Detto questo, io credo che ci saranno pressappoco 50mila manifestanti ripartiti fra Ginevra e Annemasse. I negoziati con il Consiglio di stato ginevrino sono stati difficili e lenti. Quali conseguenze ha avuto l’accumularsi di ritardo per voi del Forum sociale lemanico e quali sono i punti ancora in sospeso? Il problema è che non solo i negoziati sono andati avanti lentamente, ma che ci sono stati anche cambiamenti di posizione che hanno rimesso in questione punti sui quali sembrava essere stato trovato un accordo. Il 27 marzo Pascal Couchepin ci aveva assicurato che la frontiera fra Annemasse e Ginevra sarebbe stata aperta domenica 1. giugno e che la libertà di manifestare sarebbe stata garantita. Qualche settimana dopo il governo ginevrino ci ha detto che non ci sarebbe stata nessuna manifestazione su suolo elvetico. Abbiamo dovuto aspettare il 30 aprile per avere luce verde... Tutte queste indecisioni hanno creato non pochi problemi e ritardi a noi del Forum sociale lemanico. Comunque, ora le cose vanno meglio e venerdì prossimo dovremmo riuscire a concludere i negoziati con le autorità, soprattutto per quanto riguarda il tracciato definitivo del corteo che, per quanto riguarda Ginevra, partirà dal Jardin Anglais. All’Fsl è stato rimproverato nelle ultime settimane di essere piuttosto ambiguo circa le forme accettabili di disubbidienza civile. Qual è la vostra posizione ora? La nostra posizione è chiara. Abbiamo formulato di recente una dichiarazione precisa nella quale diamo consegne inequivocabili: nessuna violenza né contro i beni né contro le persone. La manifestazione deve essere pacifica. I rimproveri non sono assolutamente fondati. Nella dichiarazione “Obiettivi e mezzi d’azioni della mobilitazione anti-G8” il Forum sociale lemanico accenna ad «azioni di bloccaggio non-violente delle strade di accesso al vertice». Cosa farete concretamente? Durante la giornata di domenica abbiamo previsto delle azioni di bloccaggio pacifiche (sit-in, girotondi, catene umane, eccetera) che avranno luogo al di fuori del centro di Ginevra in modo da evitare incidenti e da scongiurare il rischio di manipolazione. Ma i dettagli di queste azioni li dobbiamo ancora discutere. Quali misure state approntando per evitare derive violente da parte di esagitati e contro i manifestanti? Diverse centinaia di persone – svizzere e francesi – presteranno una sorta di servizio d’ordine con il compito di far passare il messaggio che si tratta di una manifestazione pacifica. Queste persone avranno pure il compito di sorvegliare l’operato della polizia e di proteggere i manifestanti e il loro diritto di manifestare. Mercoledì prossimo avremo una riunione per definire i dettagli di questo “servizio di sorveglianza”. D’altra parte siamo in contatto con gruppi e movimenti esteri che verranno a Ginevra e ad Annemasse in modo da trasmettere loro le nostre consegne per la manifestazione. Dopo il parziale fallimento della manifestazione contro l’ultimo World economic forum di Davos si ha l’impressione che i sindacati si siano defilati nell’organizzazione di questa nuova protesta no global. Qual è la sua impressione? Fatta eccezione per il Sindacato dei servizi pubblici e il Sindacato edilizia e industria che hanno lanciato un appello a partecipare alla manifestazione anti-G8, in generale ho l’impressione che il movimento sindacale sia timoroso e stia perdendo un’occasione. È sbagliato. I sindacati non considerano con sufficiente attenzione le decisioni che vengono prese nel quadro di questi vertici. Ne fanno un’analisi troppo superficiale evitando di assumere una posizione di contestazione aperta nei confronti del G8. Éric Decarro, le discussioni sulle misure di sicurezza hanno fatto passare in secondo piano i contenuti della protesta. Quali sono gli obiettivi della mobilitazione contro questo vertice G8? La protesta che andrà in scena dal 1. al 3 giugno sarà incentrata essenzialmente su cinque punti. Innanzitutto vogliamo denunciare lo strangolamento dei paesi del sud attraverso il debito estero, attraverso le politiche di aggiustamento strutturale imposte dal Fondo monteraio internazionale e attraverso lo scambio ineguale che soffoca i contadini dei paesi del sud, impossibilitati a competere con i prodotti agricoli fortemente sussidiati dai governi dei paesi industrializzati. Poi denunciamo l’attacco alle condizioni salariali di lavoratrici e lavoratori del mondo intero in nome del profitto. In terzo luogo ci opponiamo alla distruzione dell’ambiente. Denunceremo anche l’inquietante tendenza alla guerra alimentata in particolare dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna e infine l’attacco in piena regola ai diritti democratici, la crescente criminalizzazione dei movimenti sociali: il concetto di “guerra preventiva” mette in discussione l’intero modello democratico consolidatosi dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

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23.05.03

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