Dopo che il governo italiano aveva messo le mani nelle tasche di lavoratori e lavoratrici frontalieri con la manovra finanziaria dello scorso anno, il governo francese ha deciso di seguirne l’esempio. In Italia si è trattato della famigerata “tassa sulla salute”. Un’imposta che dovrebbe attestarsi fra il 3% e il 6% del reddito netto annuo, con importo minimo di 30 € mensili e importo massimo di 200 € mensili. Il governo italiano, nonostante le mobilitazioni, ha tirato dritto e incaricato le regioni di confine italiane di decidere i dettagli economici e operativi, ma a oggi manca una direttiva in merito. In Francia, invece, c’è stato il tentativo di colpire le indennità di disoccupazione per fare cassa. Il governo francese, ora caduto, spingeva per trovare soldi, circa 400 milioni di euro, rifacendosi proprio su chi lavora in Svizzera, Lussemburgo, Germania, ma vive in Francia. In base alle norme europee, i frontalieri pagano infatti i contributi nel Paese in cui lavorano, ma ricevono le prestazioni sociali laddove risiedono. La proposta sul tavolo era quella di allineare il sussidio di disoccupazione non tanto, come avviene per tutti, al salario percepito, di media più alto in Svizzera o in Lussemburgo, ma al tenore di vita francese. Questioni ancora aperte I sindacati francesi, sostenuti anche da diverse sigle sindacali svizzere, e le associazioni dei frontalieri si sono fatti subito sentire e hanno minacciato di ricorrere alle vie legali contro la norma. Il trattamento, infatti, risultava palesemente discriminatorio e abusivo dal punto di vista giuridico perché comportava, per lavoratori e lavoratrici attivi in Svizzera, una riduzione dell’indennità di disoccupazione del 45%. Su questo punto la Francia ha deciso di fare marcia indietro. Si tratta di una vittoria importante, che però non è completa. Altre misure peggiorative per i frontalieri non sono state cancellate, soprattutto quelle per i lavoratori più anziani. Si tratta della riduzione del periodo di indennizzo per gli over 53 e dell’obbligo per loro di accettare un lavoro in Francia non correlato alla retribuzione persa nel Paese estero in cui si lavorava. In un comunicato congiunto, sottoscritto anche da Unia, i sindacati dichiarano tutta la propria insoddisfazione per queste norme che, seppure non così gravi come la riduzione del sussidio, rischiano di mettere in difficoltà una parte della classe lavoratrice, quella più anziana, già sotto pressione: “Le nostre organizzazioni conoscono bene i lavoratori frontalieri: la maggior parte di loro attraversa il confine perché non ha molte altre prospettive di lavoro dignitose in Francia. Si tratta di metalmeccanici, impiegati nel settore dei servizi, negli alberghi, nei bar e ristoranti, addetti alla manutenzione e alle pulizie, all’assistenza e alla cura. Le nostre organizzazioni invitano quindi i lavoratori transfrontalieri a unirsi a noi per continuare le azioni di protesta”. Terreno di scontro non è soltanto questa norma abusiva, ma più in generale un accordo che chiarisca, ridefinisca meglio e ripartisca le responsabilità in materia di indennità di disoccupazione: “Ricordiamo che, ai sensi del Regolamento Europeo 883/2004, l’indennità di disoccupazione dei lavoratori frontalieri spetta al loro paese di residenza. Dal 2016, questo regolamento è stato oggetto di proposte di revisione che non sono ancora state discusse a fondo e accolte. Le misure di risparmio da parte francese derivano anche da questa situazione di stallo. Riteniamo che i lavoratori frontalieri non debbano essere vittime della lentezza dei negoziati tra gli Stati in una materia così importante”. |