Frontaliere spremuto 2

«E non finisce qui» Si chiudeva così l'articolo apparso tre anni fa sul nostro giornale (area, 16 dicembre 2005) che confermava gli introiti supplementari di 4 milioni franchi d'imposte alla fonte nelle sole casse cantonali in quell'anno. 4 milioni che corrispondevano però a 14 milioni in meno nelle buste paga dei frontalieri il cui coniuge lavora in Italia. Oggi, nel messaggio del preventivo 2009 e obiettivi di bilancio 2011, nel solco delle modifiche del 2005, si prospettano nei prossimi tre anni una diminuzione di 33,3 milioni di franchi al netto stipendi della stessa categoria . Nel 2005 un articolo di area confermava la previsione fatta sempre sul nostro giornale un anno prima (area 19 novembre 2004). Nell'articolo "Come ti spremo il frontaliere" era stata analizzata la misura del preventivo cantonale 2005 voluta «per rimediare ad una situazione di disparità fiscale». Nella previsione giornalistica, poi confermata, oltre ai 4 milioni di franchi d'entrate supplementari nelle casse cantonali, altri 3,3 milioni di franchi finivano ai comuni, 800mila alla Confederazione e altri 600mila sono stati versati alle aziende per i compiti amministrativi. Ma chi aveva pagato questa decina di milioni extra? Circa 5mila e duecento frontalieri con figli il cui coniuge lavora in Italia. Leggendo l'articolo si scopriva che questa categoria aveva pagato di più dei 9 milioni entrate nelle casse svizzere. Altri 5,5 milioni erano andati alle autorità fiscali italiane, grazie all'accordo dei ristorni d'imposte tra i due paesi riguardanti i frontalieri. In totale, dal 2005 dalle buste paga dei frontalieri con figli il cui coniuge è attivo in Italia sono spariti circa 14 milioni di franchi. Mediamente, circa 2'750 franchi annui da ogni singola busta paga. "Ma non finisce qui", si diceva allora. Infatti, con il nuovo preventivo 2009, si prospetta di togliere altri 33 milioni dalle tasche della specifica categoria di frontalieri nei prossimi tre anni per raggiungere gli obiet- tivi di bilancio 2011. Sono tre le modifiche alle imposte alla fonte che dovrebbero portare nelle casse cantonali nel 2009 un gettito superiore di 1,5 milioni di franchi, l'anno successivo di 3 milioni di franchi, per arrivare nel 2011 a 4,2 milioni di franchi. Sono il seguito di quelle introdotte nel 2005. Allora si era deciso di sanare una "disparità" di trattamento per i frontalieri con figli da cittadini contribuenti residenti in Svizzera. Se il coniuge del frontaliere lavorava in Italia, per la famiglia era possibile dedurre le spese di sostentamento dei figli sia nella dichiarazione d'imposte svizzera che italiana. In pratica, era possibile una doppia deduzione.Una disparità nei confronti dei cittadini residenti o di genitori frontalieri entrambi attivi professionalmente sul territorio cantonale. L'autorità fiscale ticinese aveva quindi deciso che nel 2005, il frontaliere con il coniuge attivo in Italia doveva scegliere se dedurre le spese di sostentamento dei figli in Svizzera o Italia. A tal proposito, doveva riempire un formulario apposito in cui dichiarava dove avrebbe effettuato la deduzione. Ma il sistema del 2005 si è rilevato inefficace. Nella nuova misura prevista, al contribuente verrà concessa in Svizzera una deduzione massima del 50 per cento per i figli. La seconda misura invece riguarda il cumulo dei redditi qualora il coniuge lavori all'estero. Attualmente i coniugi frontalieri che lavorano entrambi in Svizzera pagano le imposte secondo il cumulo dei redditi. A causa della progressione crescente dell'aliquota fiscale questa categoria di contribuente paga più imposte alla fonte per rapporto a chi ha il coniuge attivo in Italia. In questo caso il frontaliere è infatti assoggettato come reddito singolo e sfugge alla progressione crescente. La modifica però può essere applicata solo ai frontalieri Ue, cioè coloro che abitano oltre 20 chilometri dalla fascia di confine. Gli altri frontalieri, i "classici", sono invece esclusi dal provvedimento perché tutelati dall'accordo del 1974. Questa differenza ci è stata spiegata dalla Divisione delle Contribuzioni del Cantone da noi interpellata. Quest'ultima ha anche motivato l'origine della misura ad una pressione esercitata dall'Ue per abolire quelle "norme discriminatorie" tra cittadini europei. Al funzionario abbiamo chiesto se i frontalieri debbano attendersi altre novità in futuro. «La tendenza potrebbe essere di andare verso l'abolizione dell'imposta alla fonte in favore di una imposta ordinaria, quella in vigore per i contribuenti residenti per intendersi. D'altra parte c'è il Tribunale federale che invece in alcune sue sentenze dà prova di voler mantenere la procedura semplificata dell'imposta alla fonte. C'è una sorta di scontro ideologico in atto in questo senso». Nell'ottica di una vera parità, l'imposta ordinaria per tutti, dove anche il frontaliere possa fare le deduzioni, sarebbe la scelta migliore. «Sì, a patto che ci sia il personale sufficiente, considerando i 60mila "nuovi" contribuenti tra frontalieri e dimoranti» risponde la Divisione delle contribuzioni del Cantone. I contribuenti senza voce «Le misure che proponiamo, al di là dell'aspetto finanziario, hanno lo scopo di ripristinare una certa uguaglianza fra tutti i contribuenti». Uguaglianza. Pur ammettendo implicitamente che si tratta d'incassare più soldi, il governo cantonale giustifica le misure in base al principio dell'uguaglianza. Dal punto di vista fiscale ha in un certo senso ragione. Poter dedurre due volte le spese per il mantenimento dei figli, gli altri contribuenti non lo potevano fare. E questo è stato risolto nel 2005. Probabilmente però, la misura di lasciare la scelta ai coniugi contribuenti di decidere in quale Stato chiedere la deduzione, si è rilevata di difficile applicazione. Le autorità cantonali hanno quindi scelto di tagliare la testa al toro, ammettendo d'ufficio una deduzione massima del 50 per cento. La vera disparità però sta nell'avere due tipi di imposte. L'imposta alla fonte è ben diversa dall'imposta ordinaria. Per il contribuente "alla fonte" non è possibile dedurre dalle tasse tutte le spese sostenute per motivi professionali. Basti pensare al costo della trasferta, fatto di molti chilometri, non deducibile come invece nel caso del contribuente ordinario. Una deduzione che abbassa notevolmente il reddito imponibile finale, come ben sa qualsiasi lavoratore pendolare residente nel Cantone quando compila la sua dichiarazione. Lo stesso Consiglio di Stato, nel suo messaggio, ammette che l'imposizione alla fonte è «imprecisa proprio per la sua natura». Ma facendo astrazione della parità fiscale, occorre chiedersi se la categoria colpita goda della stessa parità degli altri lavoratori. Hanno una paga del 20 per cento minore a quella del dipendente residente (a sua volta già inferiore della stessa percentuale che nel resto del paese). Negli ultimi anni sono stati ulteriormente penalizzati dal cambio euro-franco, che ha notevolmente ridotto il loro potere di acquisto. Con l'introduzione degli accordi bilaterali, i frontalieri sono stati indicati come i "responsabili" del dumping salariale dalla destra populista e non, dimenticando volutamente la responsabilità di chi versa gli stipendi e trae profitto dal lavoro salariato. C'è stato anche chi, l'Udc, ha proposto d'introdurre una tassa d'entrata di 50 franchi mensile ai frontalieri. Una destra però, guarda caso, sempre contraria ad una maggiore tutela dei diritti e delle paghe dei lavoratori, ferocemente opposta a misure quali l'estensione dei diritti dei salariati tramite i contratti collettivi o l'introduzione di un salario minimo cantonale. Una destra ben disposta dunque a lasciar pagare stipendi indecenti "perché tanto vi lavorano i frontalieri" in certi settori dell'economia "a rimorchio" ticinese, nella definizione sempre attuale dall'economista Angelo Rossi. Insomma, paghiamo i frontalieri il meno possibile e tassiamoli ancor di più. Tanto non votano.

Pubblicato il

24.10.2008 03:00
Francesco Bonsaver