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Francesco, il pastore custode dell’umanità e dei diritti

È tra gli ultimi, i poveri, i diseredati, gli sfruttati del lavoro e tutte le vittime di ingiustizie che la morte di papa Bergoglio lascia il vuoto più grande. Un ritratto del pontefice che ha anche riaperto le porte di San Pietro al sindacato, dopo 73 anni dalla scomunica

Che cosa ci facevano cinquemila delegati e dirigenti della CGIL, guidati dal segretario Maurizio Landini, nella sala udienze del Vaticano? Nella sala Nervi erano ospiti del papa degli ultimi, il papa della pace e dei diritti umani, sociali, di cittadinanza. Papa Francesco. La pace, poche ore prima di morire, è stata il suo ultimo messaggio, e non una pace di maniera ma concretissima: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo”, un pugno nello stomaco a chi predica e pratica il riarmo, a quei farisei che ieri lo accusavano di peronismo, comunismo, populismo, e addirittura di antisemitismo e oggi versano lacrime di coccodrillo sulla sua bara. Oligarchi, miliardari, fascisti, razzisti che deportano i migranti come schiavi in Salvador o in Albania, tutti a fingere dolore. L’unico a non fingere, orgoglioso del suo odio contro i palestinesi e contro il papa, è Netanyahu che ha cancellato i messaggi di condoglianze dei suoi ambasciatori nel mondo. Non si compiange il nemico, lo si combatte anche da morto. Il papa dei carcerati e dei migranti è quello che ha aperto la porta santa nel carcere di Rebibbia, quello arrivato dalla fine del mondo che ha versato le sue lacrime vere a Lampedusa di fronte a un mare trasformato in cimitero di disperati alla ricerca sempre più vana di un porto sicuro, di una speranza; da qui l’incontro e l’empatia con i volontari, non importa se in odore di comunismo o d’acqua santa, che cercano di salvare le persone in mare e per questo sono accusati dalla politica dell’odio di essere trafficanti di esseri umani. Il papa dell’ambiente e della difesa della terra che dà la mano a Carlo Petrini di Slow Food e a Greta Thunberg. Il papa umile: “Chi sono io per giudicare” i gay?

 

D’accordo, si potrebbero scrivere molti libri e non un articolo su Bergoglio, morto il giorno dopo la Resurrezione. Altri lo faranno meglio di me, io vorrei tornare invece alla domanda iniziale: che ci facevano quei cinquemila sindacalisti rossi in casa di Francesco? Semplice, incontravano un amico, verrebbe da dire un compagno, ma che senso ha tirare per la giacca un pontefice che ospita in casa i nipoti di quelli che un altro papa, dopo la Seconda guerra mondiale, aveva scomunicato perché comunisti? Dice Landini: un sindacato o sta con i lavoratori, tra i lavoratori, oppure non è. Diceva Bergoglio parlando ai suoi ministri: un pastore deve avere “l’odore delle pecore”. Quell’incontro è stato scandaloso solo per chi non vuol capire, e non vuole cambiar musica. Perché Francesco non era comunista ma diceva: “No all’idolatria del denaro, non a un’economia di esclusione”. Lo gridava al mondo dei ricchi e dei potenti, lo urlava alla sua chiesa tentando di buttar fuori i mercanti dal tempio.

 

“Inaccettabile che esistano lavoratori poveri”

Di fronte a quegli ospiti “rossi” e a Landini che parlava del valore dell’uguaglianza, della solidarietà, della difesa dei diritti e delle differenze per pronunciare “un noi finalizzato alla costruzione della casa comune”, il papa non ha usato mezze parole, nessun giro di parole, come sempre durante il suo pontificato, come quando ha citato la strage sul lavoro denunciandone le cause: Il lavoro precario uccide. Uccide la dignità, uccide il futuro, uccide la speranza. È inaccettabile che esistano lavoratori poveri, persone che, pur lavorando, non riescono a vivere con dignità. Questo è sfruttamento, non è economia”. A tratti si stenta a indovinare chi stia parlando, se Landini o Bergoglio. E l’appello del papa ai suoi cinquemila invitati scioglie ogni residuo dubbio sul suo pensiero: “Fate rumore”. Richiama l’appello scandaloso di Landini alla “rivolta sociale”, a ridosso dei cinque referendum sul lavoro. Al governo fascista che usa ogni arma per depotenziare e nascondere la festa della Liberazione e usa persino il lutto per la morte del papa ordinando un 25 aprile “sobrio”, potrebbe rispondere Francesco in persona ripetendo proprio l’appello ai cinquemila della sala Nervi: “Fate rumore”. E rumore sarà, tra chi ha lacrime vere per Bergoglio, nelle piazze della Liberazione come nelle manifestazioni dei metalmeccanici per il contratto e la dignità.

 

È stato un incontro all’insegna dell’amicizia e dei valori condivisi, persino con una battuta fraterna del capo della chiesa cattolica rivolta ai presenti, dopo aver ascoltato le parole del capo della CGIL: “Bravo quel ragazzo”. L’incontro si era concluso con il classico giro in sedia a rotelle tra la “folla” di operai, delegati, dirigenti della CGIL, tante strette di mano e un’ultima considerazione: “Non c’è sindacato senza lavoratori, non ci sono lavoratori liberi senza sindacato”.

 

Né filorusso né antisemita, semplicemente contro la guerra e umano

Un papa scandaloso che invita un russo e un ucraino alla Via Crucis in piena guerra fa digrignare i denti a Zelensky ma anche a Putin, e fa storcere il naso all’intero Occidente quando osa dire che la Nato è andata ad “abbaiare alle porte di Mosca” e che “serve il coraggio della bandiera bianca, il negoziato non è mai una resa”. Filorusso? No, contro la guerra, una guerra mondiale già iniziata, per ora “a pezzi”. Hanno fatto scandalo le sue telefonate quotidiane, persino dal letto dell’ospedale Gemelli, ai fedeli della chiesa cattolica bombardata di Gaza City per stringersi a quel che resta di un popolo vittima di genocidio. Francesco pronuncia questa parola proibita, si chiede proprio se in Palestina non sia in atto un genocidio. Antisemita? No, umano. E non poteva non fare scandalo, incontrando la CGIL dentro una chiesa in cui, ancora oggi, i dipendenti non possono iscriversi alla CGIL, ma al massimo al sindacato cattolico, la CISL.

Papa Francesco lascia un’eredità enorme a una chiesa che ha resistito finché ha potuto alla sua rivoluzione, e più volte l’establishment clericale è riuscito nel suo intento, Bergoglio ha spesso mediato, qualche volta è arretrato, molto spesso è rimasto solo. Di comodi tabù, dentro e fuori le mura vaticane, ne restano molti; ma qualche seme lanciato dalla finestra di piazza San Pietro potrebbe anche germogliare. Forse. Francesco lascia soprattutto un grande vuoto tra gli ultimi, i poveri, i diseredati, gli sfruttati, le vittime di ingiustizie e ingordigie. E lascia un po’ più soli quei cinquemila ospiti strani della sala Nervi.

Pubblicato il

23.04.2025 14:28
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