Sfuma un sogno dei socialisti ticinesi: niente seggio nel Governo svizzero. Almeno per ora. In futuro, chissà. Questa settimana Patrizia Pesenti ha annunciato ufficialmente di ritirare la propria candidatura, dopo non esser stata inserita nella rosa dei papabili proposti dai socialisti dalla quale, salvo repentini colpi di scena, uscirà il nome del successore (probabilmente da declinare al femminile) di Ruth Dreifuss in Consiglio federale. Un tratto della corsa l’ha fatto anche la candidata ticinese. Il tempo necessario perché emergessero alcune incomprensioni tra il Partito socialista svizzero (Pss) e la sezione ticinese. Abbiamo tracciato un bilancio con Anna Biscossa, presidente della sezione socialista cantonale Signora Biscossa, all’inizio della settimana il Partito socialista ticinese, dopo l’annuncio di Patrizia Pesenti di ritirare la propria candidatura per il Consiglio federale, ha dichiarato di voler “sollecitare un chiarimento con la Direzione del partito (…) in particolare sulla scarsa attenzione e considerazione per le minoranze linguistiche e culturali in seno al Pss”. Come giudica in rapporti tra il Pss e la sezione ticinese? Sono rapporti simili a quelli intrattenuti da tutte quante le sezioni con la Direzione. Sono stati istituiti consessi quali l’assemblea dei delegati e la conferenza di coordinamento che avevano proprio lo scopo di ampliare la base socialista rispetto al vecchio comitato centrale. Teoricamente i contatti sono buoni. E concretamente? In definitiva il Partito socialista è un partito centralista, non è che ci siano dei rapporti particolarmente intensi con le sezioni. Perlomeno non con quelle periferiche. Assistiamo a una diminuzione della disponibilità ad avere traduzioni, materiale preparato per le votazioni federali. Naturalmente sono cose comprensibili per motivi di contenimento dei costi. La capacità di risposta della segreteria ci sembra un po’ peggiorata ultimamente. Inoltre più di un tempo abbiamo difficoltà ad avere esponenti nazionali del Pss a manifestazioni che organizziamo in Ticino. Penso ai convegni al Ceneri, ad esempio. Quando è l’ultima volta che la presidente del Pss, Christiane Brunner, è venuta in Ticino? Nel marzo del 2001, in occasione della trasferta delle camere federali a Lugano. Attualmente non ci sono rappresentanti ticinesi in seno alla Direzione del Pss: non ne auspichereste la presenza in futuro? L’unica ticinese è Gaby Andina ma vi siede in qualità di copresidente delle Donne svizzere socialiste. Non la sento la presenza di un ticinese nella Direzione come una necessità assoluta. Piuttosto vorrei che il mio partito tenesse conto delle peculiarità delle minoranze linguistiche e delle regioni periferiche. Su quest’ultime il mio partito è almeno politicamente attento. Non credo che il fatto in sé di avere un ticinese in Direzione migliori automaticamente i rapporti con la nostra sezione. Insomma è il Pss che deve sensibilizzarsi rispetto alle problematiche delle minoranze. Che influsso avrà tutta questa vicenda per il Ps ticinese alle prossime elezioni cantonali? Credo si tratti di trasformare questo momento di particolare visibilità in un messaggio politico. Se riusciamo in questo intento potremo contare su una maggiore attenzione da parte della popolazione. E siamo convinti che ciò si possa tradurre in un buon risultato elettorale. Non temete dei ritorni negativi dati dall’ambiguità di messaggi che sono trapelati nel motivare l’esclusione di Pesenti dal novero dei papabili? Questo è piuttosto un problema del Pss. Tutto sommato la coerenza della sezione ticinese è stata marcata, nonostante le diverse correnti che la caratterizzano. Il qui pro quo con il partito nazionale sarà da chiarire al più presto. Soprattutto in vista delle elezioni federali del 2004. Non è stato compromettente l’aver rimarcato con insistenza la provenienza regionale della propria candidata per imporla all’attenzione del Pss? Avevamo una candidatura comunque valida. Nessuno si immaginava di vincere in scioltezza. Valeva tuttavia la pena partecipare. C’erano tutte le componenti necessarie per poter inoltrare una nostra candidatura. Sulla questione dell’appartenenza di una candidata ad una regione periferica i socialisti non si sono mai evidenziati. È stata comunque l’occasione di portare alla ribalta anche questo discorso. Non si trattava di difendere la “ticinesità” ma i contenuti politici che il canton Ticino incarna. Si pensi ai problemi del traffico, degli accordi bilaterali, delle regie federali, di una povertà maggiore rispetto ad altri cantoni. Tutti temi politici che sono particolari di una regione periferica. Secondo lei è mancata la discussione politica, sia a livello federale che cantonale, sui candidati da presentare per l’elezione in Consiglio federale? Sicuramente a livello federale. Non si è discusso in seno al Comitato direttivo, ad esempio, del profilo politico del candidato, né del dipartimento a cui si ambiva e neppure di cosa si auspicava di fare in Governo. A livello cantonale non disponevamo di una nutrita rosa di candidati. Le uniche opzioni date erano: partecipiamo oppure no? E abbiamo ritenuto che valeva la pena partecipare. Patrizia Pesenti è stata apertamente appoggiata da Flavio Maspoli e sul Mattino della domenica: questo può aver nociuto alla sua causa? I leghisti quando si parla di Ticino si infervorano, si sa. La loro sì che è sempre e solo una difesa della bandiera. Forse la cosa ha contribuito a rendere la nostra candidata meno simpatica di altri. Non credo sia stato però l’elemento preponderante. Voltando le spalle al passato: quali sono i vostri auspici? Speriamo sinceramente che le candidate del Pss facciano una buona votazione e che, come si suol dire, vinca la migliore per la successione di Ruth Dreifuss in Consiglio federale. Il partito socialista ticinese avrà mai un consigliere federale? Sicuramente non a breve termine. La cosa non è impossibile ma difficile: per imporsi il candidato ticinese, rappresentando una minoranza in Svizzera, dovrà sempre essere un pochino più bravo di tutti gli altri. Werner Carobbio: “una sconfitta annunciata” Fine dell’avventura. Estromessa dal “ticket” ufficiale che il Partito socialista svizzero (Pss) presenterà al voto dell’assemblea federale, Patrizia Pesenti ritira la propria candidatura per la corsa a Berna. Quale lezione trarre da quelli che ormai sono casi passati? Secondo Werner Carobbio, granconsigliere socialista, è tempo di fare una valutazione politica di questa vicenda che tanto ha fatto discutere. Una riflessione politica perché non bisogna limitarsi a «reazioni puramente emotive di deplorazione dell’atteggiamento del Partito socialista svizzero». O a considerare soltanto «lo schiaffo al Ticino». Carobbio ritiene «assolutamente legittima la volontà di candidarsi di Patrizia Pesenti». Fatto salvo questo «il Partito socialista ticinese e la stessa Pesenti avrebbero dovuto fare qualche considerazione politica più approfondita». L’impressione è ci si sia concentrati soprattutto «sulla rivendicazione di una presenza svizzera italiana in Consiglio federale». L’attenzione andava appuntata su altri aspetti: «che tipo di linea politica sviluppare e che ruolo affidare alla seconda presenza socialista in Governo». Vista l’entità di tale manchevolezza Carobbio non si stupisce punto che l’operazione si sia risolta in un fallimento, «il risultato negativo era ampiamente scontato da tempo, è praticamente la cronaca di una sconfitta annunciata». A questo punto ci si chiede se l’aspetto politico sia stato relegato in secondo piano solo all’interno della sezione ticinese del Ps o se lo stesso errore sia stato fatto anche a livello nazionale… «L’ho già fatto questo discorso», ricorda Carobbio, «anche il Pss spesso capovolge il discorso: prima di discutere gli indirizzi che si vogliono sostenere in Consiglio federale si cominciano a fare considerazioni del tipo “dev’essere, a parità di competenze, una donna, una romanda”, e così via». Una condotta che Carobbio ha già criticato in diverse occasioni. Inoltre è ovvio che puntare tutto su «rivendicazioni di natura regionalistica era una strategia perdente: è chiaro che i rapporti di forza tra Svizzera romanda e Ticino giocano a sfavore di quest’ultimo». Ragion per cui «sarebbe stato meglio dare un altro contenuto politico alla candidatura Pesenti», commenta Carobbio. Da cosa si origina tale deragliamento sul piano delle strategie? «Nel Ps ticinese non si discute abbastanza". Politicamente "Pesenti rincorreva i voti al centro dichiarandosi moderata, senza rendersi conto che a livello svizzero sono in atto altre dinamiche in questo momento». Carobbio denuncia un altro errore tattico: «Patrizia Pesenti è stata appoggiata da Flavio Maspoli, il Ps ticinese avrebbe dovuto prender le distanze da un appoggio che probabilmente l’ha danneggiata». Come giudica Carobbio i rapporti tra il Pss e la sezione ticinese? «Siamo troppo poco presenti a livello svizzero ma è un problema di impegno e di scelte nostre». Un’ultima osservazione per quanto concerne le competenze: «cosa è stato fatto per preparare insieme i vari dossier?», chiede Carobbio. Una volta scelta la candidata poi «la campagna è stata davvero mal gestita».

Pubblicato il 

22.11.02

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato