Finanza sì, ma Officine no

Solo pochi giorni fa la Banca nazionale svizzera (Bns) e il ministro delle finanze hanno giurato e spergiurato che non accorreranno al capezzale di Ubs. In realtà lo hanno già fatto. Il 12 marzo scorso la Bns ha siglato un accordo chiamato eufemisticamente "misure concertate dalle banche centrali per rispondere alle pressioni accresciute sui mercati monetari". I governi dei 10 paesi più influenti al mondo si sono già mossi al servizio della finanza creativa per scongiurare l'espandersi di una crisi che ha già incancrenito i circuiti dell'economia mondiale. Hanno tolto il collare al cerbero impazzito che ora è libero di addentare l'economia fatta di carne e ossa.
Una manciata di giorni dopo gli annunci solenni di non volersi immischiare nell'economia privata, il più importante istituto bancario elvetico – ritenuto fra quelli più solidi al mondo – ha curiosamente annunciato ulteriori svalutazioni per 19 miliardi di franchi. Le famigerate ipoteche americane non sono state ancora spalmate a dovere. Il settimanale britannico Economist parla di perlomeno ulteriori 100 miliardi di dollari da far digerire al sistema economico. Sia il governo elvetico che la sua Banca centrale, checché ne dicano, hanno già concertato con gli istituti bancari eventuali ancore di salvataggio.  Perché la crisi è tutt'altro che scongiurata e vi saranno nuovi annunci di "ammortamenti speciali". L'economia e la finanza hanno evidentemente i canali giusti per far sentire la propria voce e lo Stato si presta alle loro priorità. Un governo che non è ostaggio, ma umile servo.
Su tutt'altro versante ci sono invece 400 persone con le loro famiglie che cercano da quattro settimane di avere udienza presso un Consigliere federale. Presso quello Stato che accorre al capezzale della finanza. Ma in questo caso il canale giusto non c'è stato e il governo giura e spergiura che non può – che un governo non deve, non dovrebbe – immischiarsi nelle faccende aziendali private. Anche se ne è proprietario. Così nomina un consiglio d'amministrazione, quello delle Ffs, in cui non c'è una sola persona competente in materia di trasporti. Si affida ad esperti esterni per farsi dire ciò che vuole sentire, nomina il direttore esecutivo di turno che ha la sola funzione di restare impassibile di fronte alla parola "licenziamento".
Il paradosso ancora una volta è stridente. L'economia, quella sana – quella ad esempio delle Officine di Bellinzona – non è più la causa, ma l'effetto di un mercato borsistico alla deriva. Un mercato che è diventato la nuova ragion d'essere. Il vero padrone di governi – questi sì canaglia – che non sono più cause, ma strumenti.

Pubblicato il

04.04.2008 00:30
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