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Ffs Cargo, parole e fatti
di
Stefano Guerra
«Un atto quasi dovuto». Le parole del presidente del Plrt Giovanni Merlini la dicono lunga sulla ritualità e il senso di impotenza con cui gran parte dei politici ticinesi si sono ormai abituati a vivere il loro impegno a difesa degli impieghi delle ex regie federali in Ticino, in costante calo da anni a questa parte. Lunedì – dopo anni di pressoché infruttuosi atti parlamentari, gruppi di lavoro, lettere, incontri ad alto livello tra ministri e dirigenti di Posta, Swisscom e Ffs, ecc. – i deputati hanno trovato sui loro banchi un progetto di risoluzione contro le “ristrutturazioni assurde” operate da Ffs Cargo e sui tagli occupazionali che esse comporteranno in particolare per le officine di Bellinzona. Ne hanno dibattuto per un’ora e mezza (l’occasione era la discussione generale su un’interpellanza del socialista Dario Ghisletta), poi l’hanno approvata quasi all’unanimità: sinistra, centro, destra, tutti assieme. Qualcuno, come il socialista Saverio Lurati e il leghista Norman Gobbi, hanno anche suggerito al governo di intraprendere finalmente passi concreti – come ad esempio una partecipazione (non si sa quanto fattibile) agli investimenti per il rinnovo dei vetusti macchinari alle officine di Bellinzona. Proprio per evitare l’ennesimo atto declamatorio «che tutti sappiamo quale peso ha una volta superato il Gottardo», ha detto Gobbi. «Non possiamo accontentarci di vaghe promesse e di assicurazioni di non licenziamenti. Dobbiamo avere il coraggio di esigere impegni precisi di salvaguardia dell’attività e quindi di tutti i posti di lavoro e, se del caso, investire anche come Cantone mezzi finanziari per il rinnovamento dei macchinari vincolando così l’azienda al rispetto degli impegni assunti», ha affermato Saverio Lurati. In questi tempi grami per le finanze cantonali pochi però vogliono sentir parlare di investimenti pubblici nelle ex regie federali. Meno dispendioso è votare una risoluzione che «chiede» alla direzione di Ffs Cargo di «voler riesaminare il progetto di ristrutturazione» e di prendere «misure adeguate» per garantire il futuro delle Officine Ffs di Bellinzona, rinunciando alla soppressione già annunciata di 9 posti di lavoro e al progetto di “riposizionamento” della manutenzione del materiale rotabile che sarà reso noto la prossima primavera. I deputati «chiedono» da un lato al Consiglio federale di intervenire presso le Ffs per far rispettare la politica di trasferimento su rotaia del traffico merci, dall’altro al governo ticinese di attivarsi a Berna per far valere le preoccupazioni del Cantone. Nella risoluzione si «domanda» infine al governo federale di fare il necessario affinché, come avviene nella Posta, un/a ticinese sia presente nei consigli d’amministrazione delle altre ex regie federali. Appelli dalla dubbia utilità, di fronte a un’azienda che ormai «vuole avere le mani libere per portare all’estero la manutenzione di carri e/o per operare con una gestione in leasing che la libera da ogni impegno di manutenzione sul territorio svizzero», ha denunciato Saverio Lurati. «Se questo parlamento – ha ammonito il deputato socialista – ritiene l’avvenire di questa struttura [le officine di Bellinzona, ndr] importante per la regione e per il cantone e vuole quindi dargli un futuro non può limitarsi a criticare la politica di Ffs Cargo ma deve assumere impegni precisi e contrattare con Ffs Cargo i passi da intraprendere». Una prima occasione per andare oltre le facili parole e gli atti parlamentari declamatori i politici che hanno votato la risoluzione l’avranno a giorni con la manifestazione del 10 dicembre a Bellinzona. Lunedì in Gran Consiglio Abbondio Adobati del Plrt ha caldamente invitato i colleghi a parteciparvi. Vedremo chi si farà vedere...
Pubblicato il
02.12.05
Edizione cartacea
Anno VIII numero 48
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