Fermare la destra

Le tematiche del Congresso del Partito di Rifondazione comunista – che si è concluso lo scorso 7 aprile – emergono anche nell’intervista che l’onorevole Bertinotti ci ha rilasciato qualche giorno prima. «Ci abbiamo preso» ha detto Bertinotti nella relazione d’apertura, «lo conferma la validità delle categorie delle nostre analisi più generali sulla natura della globalizzazione capitalistica e sulle nuove contraddizioni». E ha preso tutti noi l’onorevole Bertinotti, con il suo discorso di chiusura, nelle questioni fondamentali che faranno certamente la storia di questo congresso: una presa di distanza da quello che siamo abituati a chiamare stalinismo, conferma l’emancipazione del Prc dai legami storici con il vecchio Pci, per affermarsi come qualcosa di nuovo nella scena politica della sinistra europea, per uscire dal cono d’ombra di quell’antico fenomeno politico, da quella forma di autoritarismo, che é sempre servito come cavallo di battaglia per le destre conservatrici o eversive. Per poi individuare nel “movimento dei movimenti”, quello dei No Globall, i nuovi partigiani del pianeta. Oggi la democrazia ha bisogno di continue radicali verifiche e non può basarsi su una concezione superata dei partiti o su un’immagine confusa del consenso popolare; la capacità di sopravvivenza dei partiti della sinistra dipende dalla loro capacità di trasformarsi in centri di opinione, volti a creare movimenti di massa provvisori, quando lo richieda l’esigenza di lottare contro rinascenti istanze totalitarie. Bertinotti ha tuonato – lo abbiamo visto sugli schermi delle TV – contro tutte le forme di razzismo che oggi sono più diffuse, che non sono tanto quelle del razzismo arcaico delle differenze etniche, ma soprattutto quelle di un razzismo di censo e di classe. «Siamo tutti gay, siamo tutti lesbiche, siamo tutti islamici, siamo tutti ebrei, siamo con tutti i popoli a cui vengono negati i diritti», ha concluso. Onorevole Bertinotti, la sua proposta di apertura al dialogo con il centrosinistra, pubblicata sull’Unità, sta raccogliendo ampio consenso ma soprattutto sta aprendo un dibattito costruttivo a sinistra. Ci può, spiegare cosa dovrebbe diventare questa piattaforma delle opposizioni? Il punto mi sembra il seguente. Il governo delle destre, assieme alla Confindustria, ha deciso di praticare uno sfondamento. Come avvenne con la Tatcher contro i minatori o con Reagan contro i controllori di volo, siamo di fronte a un attacco che ha un valore simbolico che va oltre gli effetti pratici, comunque gravissimi, che le modifiche che si vogliono imporre all’articolo 18 (quello che stabilisce l’illegittimità del licenziamento senza giusta causa) determinerebbero. Il progetto è un vero e proprio sfondamento sociale: dopo l’articolo 18, c’è l’abolizione del contratto nazionale di lavoro, ovvero la cancellazione di qualsiasi unitarietà delle garanzie sulle condizioni di lavoro e, quindi, delle relative relazioni sindacali. Contro questo sfondamento occorre unire le forze. Se, infatti, passasse la modifica all’articolo 18, ciò determinerebbe una modificazione complessiva dei rapporti di classe per un’intera stagione politica, proprio come avvenne con la Tatchter e con Reagan. In queste ultime settimane, la situazione si è fatta ancora più difficile. Come in altri momenti cruciali della vita politica e sociale dell’Italia, ritorna a colpire il terrorismo. Abbiamo cercato, anche in questa fase così drammatica, di mantenere salda un’impostazione di civiltà democratica. Abbiamo detto in Parlamento: per quanto sia aspro lo scontro politico e sociale, nessuno utilizzi il terrorismo per delegittimare l’altro. Noi non diremo che il governo, colpendo i diritti dei lavoratori, favorisce il terrorismo, voi non dite che le lotte sociali aiutano i terroristi. Il governo non ha ascoltato questo appello e, con i suoi ministri e le parole dello stesso capo dell’esecutivo, tenta una operazione di sciacallaggio, utilizzando il terrorismo per colpire la protesta democratica di milioni di lavoratori che sono in piazza per difendere i diritti e, assieme, la democrazia. La migliore risposta è non lasciarsi intimidire e rilanciare la battaglia dell’opposizione sociale e politica nel Paese e nel Parlamento. La proposta di una convergenza tra le opposizioni (la nostra e quella del centrosinistra) parte da questa considerazione e dalla necessità di fermare questo tentativo di sfondamento sociale. La proposta che abbiamo avanzato parte da due semplicissimi obiettivi: il primo è quello dell’ostruzionismo parlamentare contro le modifiche all’articolo 18 dello statuto dei diritti dei lavoratori, l’altra consiste in una battaglia comune per estendere la garanzia dell’illegittimità del licenziamento senza giusta causa a tutti (anche alle aziende sotto i 15 dipendenti che oggi ne sono escluse). Il senso di questa proposta è la seguente: non basta resistere all’attacco delle destre, anche se ciò è assolutamente necessario (per questo proponiamo di utilizzare tutti gli strumenti democratici, fino all’ostruzionismo parlamentare), occorre passare all’offensiva con una proposta che si proponga di estendere garanzie e tutele a coloro che oggi ne sono esclusi, che diventano sempre di più a causa delle modificazioni del mercato del lavoro e della ristrutturazione del sistema produttivo. Quali sono, se ci sono, i punti chiave della piattaforma che possono scongiurare quello che avvenne quando Rifondazione aprì la crisi del governo Prodi? Non bisogna dare alcuna lettura politicista di questa nostra proposta di oggi. Noi partiamo da alcuni contenuti di merito precisi (la battaglia contro le modifiche all’articolo 18, la proposta della sua estensione), non dalla proposizione di un’alleanza politica con il centro sinistra. Berlusconi, a proposito dello sciopero sull’articolo 18, ha detto: «È uno sciopero dei padri contro i figli». Si tratta di un’espressione simile a quella che usò D’Alema, allora capo del governo di centro sinistra. E, poi, non dice nulla il patto sulla generalizzazione della flessibilità (ovvero la precarietà) del lavoro tra Blair e Berlusconi? Il problema è che dal punto di vista delle politiche economiche e sociali, il centro sinistra (non solo in Italia) non ha una proposta alternativa alla destra. Ha pensato di poter governare la modernizzazione neoliberista umanizzandola, in realtà è stato subalterno a quell’impostazione politica. Per fare un solo esempio, non è possibile sulla scuola una mobilitazione contro la riforma del ministro dell’istruzione Moratti, che vuole favorirne la privatizzazione, in nome di quella del precedente ministro del governo di centro sinistra Berlinguer, in quanto tutte e due si sono mossi nella medesima direzione di privatizzazione . Occorre sfidare le destre in nome di un’altra politica, prospettando un’alternativa alle politiche neoliberiste. Furono in molti ad accusare Rifondazione e ad attribuire addirittura a lei On. Bertinotti la vittoria di Berlusconi. Di recente illustri personaggi hanno ripreso questo teorema. La piattaforma saprà tenere conto delle voci di quelle migliaia e migliaia di compagni che votarono Rifondazione anche perché schierati contro la guerra? Sarà chiaro, fin d’ora, che su temi come quelli della guerra non si tratta? Non rompemmo con il governo Prodi su una posizione massimalista (noi volevamo 100 e loro ci davano 10) ma sulla direzione di marcia: se andare verso una alternativa alle politiche neoliberiste o governarle e basta. Allora noi parlammo di «svolta o rottura», intendendo un bivio che imponeva una scelta. Esemplificammo questa scelta con alcuni semplici temi, riguardanti questioni di fondo della vita di milioni di lavoratori e pensionati: la proposta della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, l’introduzione di un salario sociale per i disoccupati e i giovani in cerca di prima occupazione, l’aumento delle pensioni minime. In pratica, proponemmo, dopo la fase del risanamento per entrare nel sistema della moneta unica, l’avvio di una nuova politica di riforme economiche e sociali. Il centro sinistra, chiuso dentro la gabbia delle compatibilità dettate dal pensiero unico della globalizzazione neoliberista, ci disse di no e su questo maturò la rottura. Una chiusura talmente ottusa quella del centro sinistra che arrivò a rifiutare, nell’ultima fase della precedente legislatura, la proposta che avanzammo per un aumento di 200 mila lire di tutte le pensioni minime e i trattamenti ad esse parificate. Bel capolavoro! Hanno permesso, così, a Berlusconi, un anno dopo, di intervenire (anche se non per tutta la platea dei pensionati e all’interno di una manovra economica di tagli) con un intervento a favore dei pensionati minimi. Il governo delle destre vuole lo sfondamento sociale e ha dentro di sé una pulsione al regime. Ma, attenti, non è il vecchio fascismo bensì il nuovo capitalismo, legato a questa fase dura della globalizzazione. Questo governo, pur nel suo estremismo, sta dentro un asse borghese neoliberista. Una riscossa democratica contro questo governo è possibile solo se incontra la questione sociale, cioè se si incarna in un movimento di trasformazione sociale, se incontra cioè la prospettiva dell’alternativa. Per questo, ritorna il tema della piattaforma sociale dell’opposizione e, assieme a questa, il tema dell’alternativa. Noi siamo parte del movimento contro la globalizzazione neoliberista e questo movimento ha posto due discriminanti: la prima contro la guerra e il terrorismo, la seconda contro le politiche neoliberiste. Questo movimento non è stato annichilito dalla coppia guerra/terrorismo né dalla repressione perché ha colto il carattere strutturale, legato a questa fase dura della globalizzazione, della guerra. Su queste due discriminanti, il no alla guerra e il no al neoliberismo, intendiamo costruire una sinistra dell’alternativa, fatta di relazioni stabili tra tutti i soggetti politici, associativi, di movimento che si schierano dall’altra parte e assieme ragionano per un’alternativa sia alla guerra che al neoliberismo. È, quindi, del tutto evidente che su quelle due discriminanti non può esservi nessuna mediazione o trattativa perché rappresentano la carta d’identità, il Dna della sinistra dell’alternativa in cui noi ci riconosciamo. Oggi vi è un grande movimento, quello dei No Global, composto da una moltitudine resistente, che si oppone al pensiero unico di un unico impero. Come far sì, On. Bertinotti, che queste importanti spinte che vengono dal basso, possano trovare una collocazione nella piattaforma da lei ipotizzata? Quando alcuni mesi fa, noi parlavamo di un «disgelo» dei movimenti di lotta, alcuni, anche a sinistra, chiusi nella loro torre d’avorio, ironizzavano, quasi noi volessimo dipingere una realtà diversa dal vero per giustificare l’esistenza di una sinistra radicale. Sembrava che l’unico orizzonte possibile fosse quello della globalizzazione neoliberista, indicato, anche a sinistra, come l’unico mondo possibile. I fatti hanno dato ragione a quanti, come noi, hanno mantenuto una punto di vista critico e tenuta aperta la prospettiva dell’alternativa. Oggi, vogliamo proporci un obiettivo più ambizioso: quello della costruzione di una più vasta e articolata sinistra dell’alternativa. Proponiamo, cioè, a tutte le realtà politiche, sociali, sindacali, culturali che si ritrovano sulle due discriminanti del no alla guerra e alle politiche neoliberiste, di trovare percorsi unitari e relazioni stabili, ognuno mantenendo la propria autonomia e la propria identità. Anche qui, il movimento sta insegnando una nuova modalità di relazione in cui nessuno rinuncia al proprio percorso, al proprio linguaggio e alla propria identità, nessuno intende imporre la propria egemonia sugli altri ma, allo stesso tempo, si stabiliscono relazioni, si sperimentano percorsi unitari, ci si trova insieme a costruire un nuovo mondo possibile. Pensiamo che qui ci sia un grande spazio per una nuovo soggetto della sinistra radicale in Italia e in Europa. È questo anche il contenuto del V congresso nazionale di Rifondazione Comunista. Ci proponiamo un salto di qualità, una discontinuità con l’obiettivo di proporre alla nuova generazione scesa in campo con il movimento contro la globalizzazione neoliberista una nuova idea e pratica del comunismo.

Pubblicato il

12.04.2002 01:30
Fosco Valentini