Manca poco più di una settimana all’importante votazione del 25 settembre sulla controversa riforma AVS 21, il terzo tentativo in meno di 20 anni di convincere il popolo a innalzare da 64 a 65 anni l’età pensionabile delle donne. In attesa del verdetto popolare e dopo una campagna referendaria intensa, area ha intervistato la presidente di Unia Vania Alleva.
Vania Alleva, dall’osservatorio di presidente di un sindacato che è in prima linea contro AVS 21, che sensazioni hai in questo finale di campagna referendaria? E quali sono le tue previsioni sulla votazione? Dai riscontri che riceviamo sul terreno, le persone condividono la nostra opinione che oggi le pensioni sono troppo basse. Da parte nostra, dobbiamo continuare a far capire che questo progetto di smantellamento indebolisce l’Avs. Un progetto che spalanca le porte ad un pensionamento generalizzato a 67 anni e ben oltre. Fare previsioni sul risultato finale è difficile. Ciò che è chiaro è che la votazione sarà combattuta e che ogni voto conta! Dobbiamo dunque batterci fino all’ultimo giorno. Secondo i sondaggi la percentuale di contrari sarebbe in crescita rispetto a inizio agosto. Come leggi questa tendenza? Effetto della campagna? Dei crescenti timori di fronte al rincaro, cui anche questa riforma contribuirebbe visto che prevede un aumento dell’Iva dello 0,4%? Più si parla con la gente più questa si rende conto che la cosiddetta riforma AVS 21 non affronta il vero problema, quello delle rendite troppo basse. Al contrario le taglia ulteriormente. Inoltre, sì, il previsto aumento dell’Iva per tutte le cittadine e tutti i cittadini, nel contesto attuale pesa, perché significa un’ulteriore riduzione del potere d’acquisto. Tanto più se, in fin dei conti, ci si chiede di pagare di più per ottenere di meno. Cosa diresti agli indecisi per convincerli ad andare alle urne e votare no? Per convincere bisogna avvicinarsi alla gente e parlarle. È una battaglia che condurremo fino all’ultimo giorno utile, perché concerne tutte e tutti. L’ultimo sondaggio di Tamedia mostra molte divisioni intorno ad AVS 21. Come ti spieghi in particolare che la riforma trovi consenso soprattutto tra gli uomini? Gli uomini pensano che questa riforma non li riguardi. Ma analizzando bene i sondaggi, vediamo che la questione divide soprattutto le classi sociali: le persone con reddito medio-basso capiscono che lo smantellamento dell’Avs sarà a loro carico. Solo l’8 per cento più ricco della popolazione può beneficiare di un’Avs debole trasferendo i contributi salariali al secondo o al terzo pilastro. Dobbiamo far capire agli uomini sposati che AVS 21 è un primo passo verso lo smantellamento del sistema, che costa anche 24.000 franchi all’anno per una coppia. E gli altri uomini devono capire che si tratta di fermare un processo pianificato di smantellamento dell’Avs che in un secondo tempo andrà anche a toccare le loro pensioni. Il rapporto pubblicato lo scorso 7 settembre dal Consiglio federale sulla differenza complessiva dei redditi da lavoro tra donne e uomini mostra che le prime continuano a guadagnare meno degli uomini, sia sul lavoro che in pensione. In che misura la riforma dell’AVS 21 rafforzerebbe ulteriormente questa tendenza? Esiste già una discriminazione salariale e pensionistica, con le donne che ricevono un terzo in meno degli uomini. La riforma AVS 21 vuole ora risparmiare altri 26.000 franchi sulle spalle di ogni donna che va in pensione! Questo non fa che aggravare l’ingiustizia. Il legislatore dovrebbe invece correggere finalmente la discriminatoria differenza salariale. Ciò aumenterebbe anche la massa salariale e quindi i contributi pagati all’Avs, che contribuirebbero a rafforzarne la solidità a lungo termine. I fautori della riforma AVS 21 continuano a ripetere che i problemi all’origine delle discriminazioni subite dalle pensionate, con rendite del 34% inferiori a quelle degli uomini, non risiedono nell’Avs ma nel secondo pilastro. Promettono dunque miglioramenti nel quadro della riforma Legge sulla previdenza professionale (Lpp) in corso in Parlamento, ma proprio alla vigilia della votazione su AVS 21 la maggioranza borghese della competente commissione del Consiglio degli Stati ha deciso di prendere tempo e di non formulare alcuna proposta prima del 25 settembre. Come interpreti questo modo di fare? Per decenni ci è stato detto che dobbiamo considerare la previdenza vecchiaia nel suo insieme. Perché improvvisamente non dovrebbe più essere così? Determinante è quanto la gente riceve alla fine del mese. Sì, è vero, le donne perdono nel secondo pilastro. Ricevono solo circa la metà della pensione degli uomini. Nelle professioni tipicamente femminili rendite di cassa pensione da 500 a 800 franchi al mese sono all’ordine del giorno. Un terzo delle donne non riceve nulla. E ora dovrebbero essere punite anche sul fronte dell’Avs? Non ha senso. L’Avs offre alle donne la massima sicurezza, per molte addirittura l’unica. Ecco perché dobbiamo rafforzare l’Avs invece di ridurne le prestazioni. D’altro canto, la riforma della Lpp in corso in Parlamento finora è disastrosa. E quanto detto nella campagna da parte dei partiti borghesi si rivela una vana promessa. Non si sa se e quando arriverà una riforma e con quale contenuto. Gli elettori dovrebbero comprare a scatola chiusa. Questa tattica del Consiglio degli Stati di gettare fumo negli occhi è inaccettabile. Nei giorni scorsi è giunta un’altra brutta notizia per i pensionati: il Consiglio federale si oppone a un adeguamento straordinario delle rendite Avs alla luce del rincaro in atto e della stangata sui premi di cassa malati in arrivo. Abbiamo un governo non in sintonia con la realtà del paese? Sono molto preoccupata nel vedere il Consiglio federale chiudere gli occhi sulle reali difficoltà della popolazione. L’aumento dell’età pensionabile e l’eliminazione delle specificità di genere nella determinazione della stessa sono una tendenza in atto in tutta Europa. In Svizzera il Governo e la maggioranza borghese ci stanno provando da oltre vent’anni ma senza successo. Credi che la Svizzera possa continuare a non seguire questo trend ancora per anni? Come uno dei paesi più ricchi del mondo, la Svizzera può permettersi un sistema pensionistico dignitoso. Oggi le pensioni sono troppo basse. Una tredicesima rendita Avs e un finanziamento dell’Avs con gli utili della Banca nazionale, come richiesto da due nostre iniziative popolari, rafforzerebbero questa importantissima assicurazione sociale a lungo termine. Inoltre, tutti gli scenari catastrofistici non si sono avverati. Il Consiglio federale ha sbagliato più volte le previsioni di diversi miliardi di franchi. L’Avs è stabile rispetto al secondo pilastro. La popolazione è orgogliosa dell’Avs. Garantisce giustizia e sicurezza sociale. Proviamo a gettare uno sguardo sul dopo 25 settembre. Se i due oggetti venissero accettati è abbastanza chiaro che assisteremmo nei prossimi anni a nuovi tentativi di innalzare l’età pensionabile per tutti. Se invece la riforma venisse respinta, il problema delle rendite insufficienti per vivere denunciato durante la campagna e quello (del finanziamento) che potrebbero venire, come andrebbero affrontati, al di là delle già citate iniziative in cantiere promosse dal movimento sindacale (per una 13esima Avs e per il finanziamento tramite gli utili della Bns)? In ogni caso il tema delle pensioni continuerà a occuparci intensamente nei prossimi due anni. Se vinciamo il 25 settembre con due no (alla riforma e all’aumento dell’Iva, ndr), avremmo il vento in poppa per impedire l’aumento dell’età pensionabile per tutti, per ostacolare una riforma della Lpp secondo i gusti dei lobbisti delle assicurazioni private e per rafforzare l’Avs con le nostre iniziative. Inoltre, potremmo riprendere la riforma Lpp su nuove basi, più giuste e solidali. Se invece dovesse passare AVS 21 dovremmo fare le stesse cose, ma con il vento contro. Pensi che un eventuale terzo no popolare in meno di vent’anni a questo tipo di riforme indurrebbe il governo a un cambio di strategia? Concretamente che tipo di proposte dovrebbe formulare? Dubito che il Consiglio federale imboccherebbe altre strade, visto che dopo la bocciatura della riforma previdenziale PV 2020 nel 2017 e dopo lo sciopero delle donne del 2019, ha dimostrato di non aver capito nulla. Ma proprio per questo è importante che gli elettori diano un segnale chiaro il 25 settembre e successivamente si affronti la questione a partire dalle nostre due iniziative popolari tese a rafforzare l’Avs, il primo pilastro del nostro sistema di assicurazione per la vecchiaia, il più giusto, il più solidale e il più stabile. La campagna condotta dai sindacati sta infastidendo non poco la destra parlamentare (Udc e Plr) e il padronato, che nei giorni scorsi in una lettera aperta hanno parlato di una campagna infarcita di «argomenti falsi» e «cifre inventate» che ingannerebbero i cittadini. Come replichi? L’agitazione della controparte dimostra che con i nostri argomenti abbiamo saputo toccare il nocciolo del problema. Affermare che questa riforma spalancherebbe le porte a un aumento generalizzato dell’età pensionabile non è un «inganno» ma la verità. Per rendersene conto basta andare a rileggersi i dibattiti parlamentari e andare a vedere le proposte in discussione (si pensi all’iniziativa dei giovani liberali-radicali, che punta a un adattamento dell’età pensionabile all’evoluzione della speranza di vita). O ascoltare i dibattiti su questa riforma: in tutti quelli ai quali partecipo la controparte ripete in continuazione che l’allungamento della vita lavorativa deve essere un obiettivo.
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