Faccia da straniero

«Il razzista è uno che con il pretesto che non ha lo stesso colore di pelle, né la stessa lingua, né lo stesso modo di fare festa, crede di essere migliore, diciamo superiore rispetto a chi è indifferente da lui. Dice a se stesso "la mia razza è bella e nobile; le altre sono brutte e bestiali"». Dice Tahar Ben Jelloun a sua figlia nel suo libro Il razzismo spiegato a mia figlia. Segnali preoccupanti ricordano che i germi di questa malattia culturale stanno diventando particolarmente aggressivi negli ultimi tempi. Una malattia dalla quale siamo sempre più contagiati, di cui emergono forti sintomi ma che nessuno riconosce di avere. Alla vicenda dell’algerino maltrattato in un centro della Croce rossa, a Lugano, dalle forze dell’ordine alla vicenda riportata nelle pagine del nostro giornale. Svizzero ma con la faccia da straniero: sì il ragazzo che denuncia il pestaggio è difficile da difendere. Ha dei precedenti penali, ma questo non giustifica gli insulti razzisti con cui è stato ricoperto e la violenza. Altro caso: l’accusa di una donna straniera oggetto di pesanti «avances» da parte di un agente della Polcomunale di Locarno. Accusa – fatto sconcertante – insabbiata dal comandante e taciuta in sede Municipale dal sindaco della città. In questo caso si dirà che il fatto che la donna sia straniera è probabilmente una coincidenza. Ma le coincidenze smettono di essere tali quando cominciano a moltiplicarsi. E diventano segnali. Che non vanno ignorati ma presi sul serio. Anche Amnesty International nel suo rapporto annuale parla di una recrudescenza, anche in Svizzera, dei maltrattamenti della polizia nei confronti degli stranieri. Certo, la pressione è forte e i problemi con cui le forze dell’ordine si trovano confrontati sono sempre più complessi. Ma è proprio a questo punto che le istituzioni dovrebbero vigilare, per far sì che il potere non diventi abuso. Per far sì che le paure personali e i pregiudizi culturali non prendano il sopravvento o contaminino l’azione di chi in nome della legge reca ingiustizia. Dice la Torah: «…se uno straniero viene a stare con te, non recargli molestia, sarà per te come uno dei tuoi compatrioti…».

Pubblicato il

15.02.2002 00:30
Maria Pirisi