Non so voi, ma io provo un sottile senso di colpa quando cedo alla tentazione e al supermercato compro erbette imbustate. Con erbette intendo basilico, coriandolo, aneto, erba cipollina e affini. Magiche, le erbette, per un’insalata sfiziosa e per dare un tocco di personalità a pietanze semplici come le patate lesse. Per alcune ricette, sono d’altronde indispensabili. Tuttavia mi sento in colpa quando le compro, e qualcuno penserà che la Tinari stia definitivamente perdendo il senno. 

 

È che mi sembra insensato il concetto. Si tratta di piante davvero facili da coltivare sul davanzale o in balcone e poi resta la domanda, ma davvero c’è assoluto bisogno di basilico a Berna in pieno inverno? E l’adorata Nonna Carmela si rivolta nella tomba, se preparo l’impasto per le polpette senza prezzemolo? Per tacere, anzi no parliamone, di quanto in Svizzera ci facciano pagare quei tre rametti di rosmarino soffocati dalla plastica. Sono cifre incongruenti. E poi, tutta quella plastica. Fatto sta che mi barcameno, mi ripeto tipo mantra “io resisto a tutte le tentazioni”, e tiro dritto. E ogni tanto
faccio scivolare nel carrello la peccaminosa e carissima bustina. Giunta al momento di utilizzarla, confesso che no, non lavo le erbette. Primo, perché è una rottura di scatole senza fine, riuscire ad asciugarle per bene. E poi credo che dentro di me qualcosa gridi vendetta. Mi avete spennato ma ecco, almeno le taglio come sono, amen all’igienismo: se il senso è il lusso, sarò pigra. 

 

Saldo ancora una volta mi becca in castagna. L’ultimo numero contiene una ficcante ricerca con test sulle erbette del peccato. Cominciamo dal prezzo: ebbene sì, paghiamo fino a 14 franchi all’etto (140 al chilo, per chiamare le cose con il loro nome) per questo tipo di prodotti. In primavera e inverno, le erbette perlopiù arrivano dall’Europa meridionale o dall’Africa e mi direte non è uno scoop, ma io mi dicevo saranno di serra e quando si commette peccato, si tende a non inforcare gli occhiali. Di fatto le nostre erbette viaggiano a lungo e con i più disparati mezzi di trasporto. E poi la bastonata dal test, affidato a un istituto di analisi microbiologica in Germania. Su 30 campioni, 11 ne escono con il marchio “accettabile”. Tutti gli altri? Per dirla alla zucchina: “Unappetitlich”. Ovvero: poco appetitoso, sgradevole, disgustoso. Batteri, funghi e un giudizio igienico complessivamente insufficiente. Si sono salvati il basilico di Spar da Israele, quello di Aldi dal Kenya e uno svizzero di Coop; il prezzemolo italiano della Spar e l’erba cipollina di Lidl che arriva dal Marocco. Tutti gli altri campioni ne escono con le ossa rotte. Alcuni in maniera clamorosa, come il timo biologico di Migros. 

 

Ma vogliamo davvero sentirci ora turbati d’indignato stupore? Avete mai provato a trasportare un rametto di erba fresca per alcune ore, anche in una borsa-frigo? È difficile arrivare a meta con qualcosa che si possa definire fresco. E quindi tocca concludere che la risposta sia la solita: vero, è una linea di prodotti che costa troppo e che sfrutta senza pudore la nostra contemporanea pigrizia. Vero anche: pretendiamo che l’erbetta viaggi dal Kenya o dal Marocco fino a Lugano e Berna, e arrivi alle nostre case fresca come fosse stata appena raccolta? Non ci resta che il davanzale. 

Pubblicato il 

14.05.25

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