Giù le mani dagli ospedali! Pur avendo bocciato di misura l’iniziativa che portava questo titolo, nella votazione cantonale del 5 giugno scorso il popolo ticinese, dando una lezione all’intera Svizzera, ha espresso indicazioni chiare sul tipo di sanità che vuole: di qualità, di prossimità e soprattutto sotto stretto controllo pubblico. Con l’affossamento della Legge sull’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) voluta da Governo e Parlamento, il popolo ha detto no a un’impostazione privatistica del sistema sanitario e riaffermato il primato degli interessi dei pazienti su quelli di un manipolo di azionisti di grandi gruppi privati, con i quali i vertici dell’Eoc e il ministro cantonale della sanità Paolo Beltraminelli volevano invece entrare in affari costituendo insieme delle società anonime.
Preso atto di questa storica decisione, da leggere come un forte atto di resistenza alle spinte privatistiche che minacciano ed erodono i servizi ai cittadini, ne andrebbero ora tratte le debite conseguenze. Innanzitutto sul piano politico, a incominciare dalle dimissioni del direttore dell’Eoc Giorgio Pellanda e del presidente del consiglio di amministrazione Paolo Sanvido, i due dirigenti che hanno tentato di svendere la sanità pubblica al privato conducendo in prima persona una feroce campagna referendaria – contraddistinta oltretutto da indebite pressioni su medici, personale infermieristico e persino pazienti, nonché da affermazioni menzognere all’indirizzo dei cittadini – e che evidentemente non sono più al posto giusto. E anche il consigliere di Stato Paolo Beltraminelli dovrebbe perlomeno porsi la questione, senza nascondersi dietro il fatto che in un sistema politico con forti elementi di democrazia diretta come il nostro, la sconfitta alle urne rientra nella normalità per un membro di governo. Questo è sicuramente vero, ma andrebbe anche valutato se le sue simpatie (chiamiamole così) privatistiche sono ancora compatibili con il ruolo di consigliere di Stato chiamato a dar seguito alla volontà popolare che va nella direzione diametralmente opposta. Francamente abbiamo qualche dubbio, tenuto conto anche dall’arroganza da lui dimostrata all’indomani del voto. “Non ho nessuna intenzione di dare le dimissioni”, ha fatto sapere aggiungendo che “per le riforme sanitarie ci vuole tempo, pazienza e perseveranza” e di fatto preannunciando che intende riprovarci: “Se la legge non è passata al primo colpo è perché non siamo riusciti a convincere, ma io confido sempre che quando si presenterà la necessità il popolo ci sarà”, ha infatti dichiarato Beltraminelli ribadendo la sua profonda convinzione che se non si privatizza si indebolisce la sanità ticinese. Alla faccia della decisione dei cittadini, che invece non ne vogliono sapere di affidare la loro salute alle scelte di società private il cui obiettivo primario è il profitto. Sono già fin troppi gli interessi privatistici che pervadono il nostro sistema sanitario: si pensi alla forte presenza di istituti sanitari privati (particolarmente in Ticino, dove sono stati lasciati crescere a dismisura ormai già decenni or sono) foraggiati dai Cantoni, ma anche al potere esercitato direttamente o indirettamente dall’industria del farmaco e dai grandi gruppi assicurativi. Non è insomma proprio il caso di cedere al privato anche i nostri ospedali pubblici riuniti in un ente che dalla sua fondazione nel 1982 a oggi ha portato la nostra sanità da uno stato medievale a un livello di eccellenza. Beltraminelli se ne faccia una ragione, altrimenti faccia le valigie. E i signori Pellanda e Sanvido che dirigono l’Ente, dopo aver tentato di smantellarlo e di regalarlo a Genolier e compagnia, vadano a lavorare direttamente per Genolier e compagnia.
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