Elisabeth Kopp, l'onere perduto

L'ex consigliera federale Plr Elisabeth Kopp è tornata sulla scena mediatica svizzera. La prima donna ad essere entrata in governo vuole riconquistare l'onore perduto. E vuole cancellare la macchia di una dimissione forzata in seguito alla sua telefonata al marito Hans con la quale lo esortava a dimettersi dal consiglio d'amministrazione di una società finita sotto inchiesta per riciclaggio di denaro sporco. Lasciata la scena politica il 12 gennaio 1989 uscendo dal retro di palazzo federale, Elisabeth Kopp si era da allora ritirata a vita privata, abbandonata da gran parte degli amici di un tempo. Sul conto suo e di quello del marito, in passato avvocato molto influente sulla piazza finanziaria zurighese, si sono lette negli ultimi anni soltanto alcune notizie sulla stampa popolare – che riferiva delle crescenti difficoltà economiche della coppia – ma nulla più. Fino a quando Kopp ha deciso di passare all'offensiva. E lo ha fatto con un documentario, "Elisabeth Kopp. Eine Winterreise" ("Elisabeth Kopp. Un viaggio in inverno"), realizzato da Andres Brütsch, presentato alle recenti Giornate del cinema svizzero di Soletta e ora in distribuzione nelle sale della Svizzera tedesca.

Elisabeth Kopp ha raggiunto un obiettivo: essere tornata al centro dell'attenzione, determinando lei stessa le modalità del suo riproporsi al pubblico. La settimana appena trascorsa è stata all'insegna delle anteprime del film in diverse città della Svizzera tedesca, e l'ex consigliera federale si è sottoposta ad un tour de force per essere presente ovunque. Già a Soletta la proiezione del documentario è stata un evento.
In realtà però tanta attesa va delusa. "Elisabeth Kopp. Eine Winterreise" non dice nulla di veramente nuovo o di altamente profilato su una vicenda politica ed umana fra la più chiacchierate della recente storia svizzera. Il film è completamente lasciato nelle mani di Kopp, che col regista ha potuto fare quel che ha voluto. Domande scomode non ce ne sono, né è dato alcuno spazio a tesi diverse da quelle dell'ex consigliera federale. È l'ex capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (Dfgp) che decide cosa si dice e cosa si tace, in un ferreo patto con il regista che lascia più di un dubbio su tutta l'operazione. Tanto più che, rivolgendosi alla protagonista, Brütsch le da del tu e non del lei: è stato necessario per entrare in confidenza con Kopp, dice il regista, e quindi per permetterle di esporsi il più possibile, ma è molto fastidioso perché indica la mancanza di distacco oltre ad una chiara scelta di campo. E tanto peggio per il pubblico.
La tesi del film, e dunque di Elisaberh Kopp, è che sia stato possibile farla fuori politicamente perché è una donna. E per avvalorarla Brütsch non esita a dipingere l'ex municipale di Zumikon come un'ardente e scomoda combattente per la causa femminile. Certamente Kopp in Consiglio federale assurse a simbolo e modello per molte donne: peccato però che tutta la sua carriera politica precedente l'entrata in governo sia trattata in un amen o poco più – tanto che chi vede soltanto questo film non può non chiedersi sulla base di quali meriti ed esperienze politiche e professionali sia finita in governo, se non un viscerale anticomunismo e un convinto militarismo, nella più pura tradizione della destra svizzera.
Secondo la tesi del film Kopp proprio perché donna sarebbe stato l'elemento più facilmente attaccabile (attraverso il marito) nello schieramento liberale che da Zurigo tirava le fila del potere economico e politico degli anni '80. Vero è che proprio le sue dimissioni rappresentarono l'inizio della fine per il Plr zurighese. E vero è anche che in questi anni nella destra zurighese s'è imposta una nuova élite politico-affaristica che s'è coagulata attorno all'oggi consigliere federale Udc Christoph Blocher – che non a caso, in uno spezzone d'archivio ripreso nel film di Brütsch, alla vigilia dell'elezione di Kopp in governo dichiara che lui, allora consigliere nazionale, non l'avrebbe votata.
In "Elisabeth Kopp. Eine Winterreise" a far la parte del cattivo è Moritz Leuenberger, oggi consigliere federale e nell'89 presidente della commissione parlamentare d'inchiesta chiamata a chiarire quanto accaduto nel Dfgp. L'inchiesta sarebbe servita a Leuenberger per profilarsi e spianarsi la strada verso il governo. Assente dal film è invece il marito, Hans. Lei dice che è malato. Ma quanto è stato ingombrante in passato con le storie molto dubbie nelle quali l'ex brigadiere finiva sistematicamente (dai reati fiscali alle sculacciate alle segretarie), tanto è significativa oggi la sua assenza: quasi che la moglie abbia finalmente voluto riscrivere la sua vita di proprio pugno e non più sotto la dettatura del marito o di chi lo criticava.
Il film di Brütsch non ha grandi qualità dal punto di vista cinematografico. Usa bene i paesaggi invernali per proiettarvi lo stato d'animo della protagonista, che vaga nella neve o spunta dalla nebbia, e ricorre a lunghi viaggi in automobile per creare un ambiente intimo dove indurla a confessarsi (sull'esempio dei film di Abbas Kiarostami). E, come sempre in questi casi, incuriosisce e diverte quando mostra filmati dell'epoca, che paiono oggi davvero sbucati da un altro mondo (politico e mediatico) benché vecchi di appena vent'anni o poco più. Quanto al giudizio su Elisabeth Kopp ognuno se l'è già fatto da tempo e non sarà questo film a cambiarglielo. Si potrà semmai provare umana compassione per una donna destinata ad uscire di scena sconfitta e molto sola.

Pubblicato il

09.02.2007 03:30
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