Esteri

Elezioni che decidono il mondo e non solo l’America

Le scelte degli Stati Uniti influenzano l’equilibrio economico e finanziario di tutto il pianeta: la scelta fra Trump e Harris riguarda anche noi

Sapere chi occuperà il prossimo gennaio lo studio ovale della Casa Bianca e quali saranno gli equilibri alla Camera dei rappresentanti e al Senato non riguarda solo gli Americani. Il dominio dell’economia statunitense è tale che le decisioni prese in quel Paese influenzeranno l’economia, la crescita, l’occupazione e il benessere di tutti gli altri Paesi. Nessuno sfugge ai quattro motori principali del dominio americano: le sue imprese, il dollaro, le tecnologie, l’esercito.

 

Le imprese americane dominano ampiamente il pianeta produttivo. Il complesso dei loro investimenti all’estero rappresenta il 22 per cento del totale mondiale. D’accordo, le multinazionali europee assieme rappresentano un terzo del totale; emanano però da 27 paesi diversi e ognuno di essi con un ruolo debole (la Germania in testa, con il 5 per cento). La forza d’urto delle imprese americane si avverte nella loro capacità a sviluppare cifre d’affari e profitti assai elevati. Realizzano infatti da sole il 40 per cento della cifra d’affari delle cento più importanti grandi imprese del mondo. Sulle dieci più importanti, sei sono americane. Esse concentrano il 60 per cento della capitalizzazione borsistica delle cento maggiori grandi imprese mondiali. Con in testa le multinazionali tecnologiche: Apple, Microsoft, Nvidia, Amazon, Alphabet (Google). Con questo peso economico e finanziario, le multinazionali americane hanno la capacità d’influenzare le regole del gioco economico mondiale. Tanto nel campo monetario quanto in quello tecnologico. Più in particolare, nel settore della farmaceutica (anche su quella svizzera, di cui hanno ancora acquisito alcune industrie di punta), dell’informatica, del divertimento, imponendo una rete di protezione mondiale dei brevetti di lunga durata. Sono poi anche abili nel cosiddetto “capitalismo d’alleanza” tra imprese concorrenti. Starbucks, ad esempio, si è alleata a Nestlé per poter diffondere i suoi prodotti in tutto il mondo. McDonald’s si è agganciata a Beyond Meat per offrire i prodotti vegani (un fallimento negli Stati Uniti, un successo in Europa). Su tutte le reti dell’IA (Intelligenza artificiale) le ditte americane dominano, tanto che Google e Microsoft sono ormai un duopolio mondiale.

 

Tutta l’economia, come anche la politica che ne fa uno strumento di pressione, beneficiano del dollaro, prima moneta mondiale. Che si parli di fatturazione degli scambi mondiali (pensiamo solo al settore energetico, con l’enorme vantaggio tratto anche dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia), di indebitamento internazionale, di pagamenti tra banche, di predominio sul mercato del cambio o delle riserve delle banche centrali (Banca nazionale), il dollaro è stato e rimane il campione monetario mondiale. L’euro è al secondo posto, ma assai dietro, e la moneta cinese rimane ancora un nano internazionale. È con questa potenza monetaria e finanziaria che gli Stati Uniti continuano ad attirare capitali dal mondo intero. Ciò che permette loro di indebitarsi oltre ogni limite (secondo uno studio recente il Tesoro americano si permette un debito del 22 per cento superiore a ciò che sarebbe ancora ammissibile se non avesse il privilegio del dollaro e quindi degli altri Paesi che gli finanziano il debito!).

 

Dovremmo concludere, noi europei e svizzeri, che avremmo più di una ragione per non affidare le leve di comando di tutto questo a non importa chi. Ma in che modo? È la domanda che ci lasceranno le elezioni americane, comunque vada a finire.

Pubblicato il

18.10.2024 15:48
Silvano Toppi
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