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Efficienza e solidarietà
di
Martino Rossi
Tutti si dicono favorevoli a un’economia efficiente e a una società solidale. In realtà, c’è chi mira solo all’efficienza, altri solo alla solidarietà. Ma è possibile, per la scienza economica, conciliare efficienza e solidarietà? Diciamolo subito: l’economia è una “scienza confusa” (non bianco e nero, ma grigio) e le sue risposte non sono mai nette… Efficienza. Un’economia è efficiente quando il lavoro e il capitale sono assegnati alle diverse attività in modo tale da ottenere il massimo prodotto possibile, con la tecnica disponibile (si parla di “efficienza allocativa”). Ad esempio: appare poco efficiente destinare lavoro e capitale a produrre pomodori in Vallese, anziché orologi di lusso a Ginevra. Oppure, produrre gli Swatch nel Giura utilizzando molti operai specializzati anziché robot sofisticati. Come si riconoscono le scelte alternative più efficienti, in un mercato concorrenziale? Dai rendimenti: salari più elevati e margini di profitto più importanti. Insomma, è più efficiente spendere 1 franco (in salari o capitale) dove il prodotto di quel franco è più elevato. Solidarietà. Una società è solidale quando la distribuzione finale del valore prodotto si muove dal principio “a ciascuno secondo il suo lavoro” (o il suo capitale) al principio “a ciascuno secondo i suoi bisogni”. I trasferimenti di reddito agli invalidi, ai disoccupati, ai pensionati (che non lavorano) o gli assegni per i figli, che trasferiscono reddito ai lavoratori con maggiori bisogni, sono esempi di solidarietà compatibile con l’efficienza: non intaccano le differenze dei salari e dei redditi da capitale, che sono i segnali decisivi per l’allocazione efficiente dei fattori di produzione. È più problematica – perché collide con l’efficienza – la solidarietà che impone una “ripartizione primaria” (salari e profitti prima dei prelievi fiscali e sociali) non corrispondente al diverso apporto produttivo (e disincentiva quindi la mobilità verso le attività più produttive), o che immobilizza lavoro e capitale nelle aziende, settori, regioni dove il loro rendimento è inferiore. Esempi: retribuire in ugual modo il raccoglitore di pomodori vallesano (grazie ai sussidi) e l’artigiano orologiero ginevrino; investire nella Swiss (che perde), anziché nella Easy Jet (che guadagna); immobilizzare risorse in 18 centri di smistamento delle lettere ammesso (ma non concesso) che in 3 soli centri si ottenga il medesimo servizio con un dispendio di risorse inferiore. Intendiamoci però: è legittimo perseguire la solidarietà anche a scapito dell’efficienza. Ma è una contraddizione da non negare, bensì da assumere, con un limite: non superare il punto critico oltre il quale l’inefficienza pregiudica la solidarietà.
Pubblicato il
24.01.03
Edizione cartacea
Anno VI numero 4
Rubrica
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