Edim, è esplosa la bolla imprenditoriale

Nessun miracolo salverà la Edim Suisse, impresa di costruzioni del luganese, dal fallimento. La morte dell'impresa è stata decretata dal Pretore Patrizia Zarro lo scorso lunedì in un'auletta straripante di avvocati rappresentanti i numerosi creditori. Solo per i salari dei dipendenti e oneri sociali, anticipati dalla cittadinanza attraverso la procedura d'insolvenza, si calcola che ammontino a 4 milioni di franchi i debiti da recuperare.

Senza contare gli importi dei vari creditori, tra cui titolari di piccole imprese che hanno lavorato nei cantieri della Edim e ora resteranno a bocca asciutta. Con gravi rischi di sopravvivenza per la loro ditta. Un funerale a cui i vertici aziendali non si sono presentati, preferendo delegare agli avvocati il triste epilogo. Fine di una bolla imprenditoriale a spese della comunità. Secondo i vertici aziendali, la bolla è scoppiata a causa del rifiuto della Mobili Pfister di pagare 4 milioni franchi su 14 milioni complessivi pretesi dalla Edim per la realizzazione di uno stabile commerciale a Contone, affittato all'Interio del gruppo Migros.
La Mobili Pfister avrebbe smesso di pagare perché le opere non erano state completate come previsto. Toccherebbe alla Edim però, spiega il legale della Mobili Pfister, rivendicare i quattro milioni di franchi. Finora però dalla Edim nessuno si è fatto avanti. Anzi, è stata la stessa Mobili Pfister ad avanzare pretese di risarcimento per quattro milioni di franchi, giudicando insoddisfacente la qualità dell'opera. Insomma, la faccenda è complessa e gli attori in gioco non la raccontano tutta.
A pagare, oltre i cittadini e i creditori, gli ex dipendenti dell'impresa di costruzioni. Dall'inizio delle difficoltà economiche a fine anno, una settantina di operai ha lasciato la ditta, trovando fortunatamente lavoro in altre imprese. La trentina di dipendenti sopravvissuti tra amministrativo e maestranze è ora alla ricerca di un nuovo lavoro, con tutte le difficoltà del caso. Mentre per i vertici aziendali è più facile cadere in piedi. Si son già trovati altri incarichi discretamente retribuiti o hanno creato nuove imprese di costruzioni. Ci si augura con maggior fortuna dell'impresa appena defunta.
La storia della Edim è piuttosto esemplare della cultura del "fare impresa" degli ultimi cinque anni nel cantone. Una crescita folgorante, partita da una ventina di operai per arrivare al massimo splendore con 130 dipendenti. Tutto si inizia nel 2006 con il cambio di proprietà della Pavindus, allora una modesta impresa di pavimentazioni industriali, di cui alcuni azionisti italiani assumono il controllo, modificando il nome in Edim Suisse. L'aggettivo elvetico ha una sua spiegazione. Buona parte dei capitali iniettati nella nuova ditta provengono dall'omonima impresa italiana, la Edim Spa.
Edilizia milanese Spa (il suo nome per intero), porterà i nuovi capitali necessari per far crescere la neonata Edim Svizzera, facendo lievitare il capitale sociale da 50.000 franchi a mezzo milione, fino a raggiungere i 2 milioni nel marzo del 2010. Non è chiaro da dove arrivino i soldi per i successivi aumenti di capitale sociale, poiché agli atti ufficiali la gran parte è intestata a titolo fiduciario dall'avvocato e consigliere comunale luganese Davide Enderlin Junior, ancora oggi in carica quale presidente della Edim Suisse.
Come detto, in una prima fase i capitali arrivarono dalla Edim italiana, nella persona dell'avvocato milanese Alberto Lodigiani, amministratore delegato dell'impresa italiana ed ex direttore amministrativo per oltre venti anni della Torno Spa, un colosso dell'ingegneria civile a livello mondiale, oggi fallita.  
Lodigiani resterà per poco tempo all'interno della Edim Suisse, sostituito dall'entrata in scena dell'ingegnere varesotto Michele Molina, immobiliarista e consulente particolarmente attivo nella costruzione di centri commerciali in Lombardia.
Nel frattempo Edim Suisse inizia a crescere, diventando in poco tempo una delle imprese più grandi del Luganese con oltre cento operai. La sua crescita va di pari passo con l'espansione di un'immobiliare di Lugano, la Chiancianesi e Longoni, diventata in tempi brevi fra i più importanti attori sul mercato locale nella vendita degli appartamenti di lusso. La Edim costruirà molte delle residenze prestigiose concepite dallo studio immobiliare luganese. Col passare del tempo però, Edim riuscirà ad ampliare il suo parco clienti, realizzando diverse opere per svariati committenti.
Le imprese di costruzione concorrenti non hanno mai visto di buon occhio la rapida ascesa della neonata impresa edile. A microfoni spenti, alcuni costruttori ticinesi affermano che Edim fosse una di quelle imprese che "ammazzano il mercato", accaparrandosi appalti con offerte molto basse. Una strategia aziendale forse finalizzata ad imporsi nel mercato lavorando sottocosto in una prima fase. Una strategia che però deve essere supportata da ingenti capitali, in grado di coprire le inevitabili perdite iniziali. Visto l'epilogo fallimentare, si può dedurre che i capitali iniziali non fossero così ingenti da sopportare il sottocosto o furono sopravvalutati.
L'alternativa è agire sui costi. E poiché il costo del materiale è generalmente uguale per tutte le imprese ticinesi, non rimane altro che abbassare il costo del lavoro. Anche qui vi sono più alternative. Una è agire sui tempi di consegna, spremendo gli operai con giornate lavorative interminabili, ben oltre l'orario consentito. Una seconda possibilità è l'uso della catena del subappalto. Un sistema che si è imposto in Ticino negli ultimi anni, rischiando di trascinare nella spirale negativa l'intero settore. Gli effetti negativi sono noti, sfociati nei vari procedimenti penali su segnalazione di Unia al cantiere Palace di Lugano. Cantiere sul quale era attiva, in una prima fase, la Edim Suisse poiché vincitrice dell'appalto pubblico da 140 milioni di franchi, consorziata con la spagnola Comsa. Va precisato che nelle vicende penali specifiche del Palace, la Edim Suisse è risultata estranea. In un caso invece di subappalto speculativo sulle maestranze è rimasta coinvolta l'impresa luganese. Riguarda un cantiere a Gandria, la cui Edim ha subappaltato alla Fp general Bauunternehmung, che a sua volta lo ha sub-subappaltato alla Pmg di Brescia. La quale pagava 9 euro all'ora per un manovale, 11 euro all'ora per un muratore semiqualificato e 14 euro all'ora per un capo muratore. Ma una rondine non fa primavera.
Fonti sindacali e aziendali parlano di pressioni nell'ambito dei tempi di consegna o sulle qualifiche operaie al ribasso da parte di Edim per abbassare i costi del lavoro, piuttosto che delle scatole cinesi dei subappalti. In qualsiasi caso, la scelta non è stata pagante per i destini dell'azienda.


A volte ritornano

La nascita della Edim coincide con la chiusura di un'altra grande impresa di costruzioni in Ticino, la Torno. Coincide perché una parte dei vertici della Torno Sa si ritrova alla Edim Suisse.

Dopo una lenta agonia durata un anno e mezzo, nel 2007 la Torno chiude in Svizzera licenziando gli ultimi venti operai. Nei momenti di massimo splendore contava 130 dipendenti. Fonti sindacali parlano di una trattativa piuttosto singolare con gli amministratori dell'impresa. Si chiedeva cento quale piano sociale per gli operai, e i titolari dell'azienda ne offrivano duecento. A memoria sindacale, non era mai successo che una ditta in difficoltà economiche fosse così generosa con le istanze operaie. Perlomeno curioso.
Curioso anche il fatto che la Torno in Svizzera non fallì, ma liquidò i creditori e cambiò nome societario. Le difficoltà economiche dell'impresa erano legate doppio filo a quelle della casa madre, la Torno Spa di Milano. Su questo fallimento, i pubblici ministeri Stefano Civardi e Luigi Orsi della Procura di Milano stanno indagando per ipotesi di bancarotta fraudolenta. Lo scorso dicembre hanno sequestrato 90 milioni di euro in titoli obbligazionari, sospettati di essere parte del capitale nascosto durante il fallimento pilotato della Torno.
Ma torniamo in Svizzera. Mentre la Torno elvetica incomincia il suo declino, nel 2006, l'ex direttore amministrativo della casa madre italiana in carica fino al 2000, l'avvocato milanese Alberto Lodigiani, apporta buona parte dei capitali per rilevare la Pavindus, trasformata successivamente in Edim Suisse. Lo fa per conto di Edim Italia. Oltre a Lodigiani, la restante parte del capitale arriva da P.M., cittadino italiano residente a Lugano e a titolo fiduciario dallo svizzero Davide Junior Enderlin.
Anche P.M. ha lavorato in passato per la Torno in Italia e figurava nel consiglio di amministrazione della ticinese Torno. Anche Enderlin Junior figurava nel cda della Torno in Svizzera. Lo stesso dicasi per alcuni dirigenti che in passato avevano svolto mansioni di rilievo alla Torno, sia in Svizzera che in Italia. L'aver condiviso in passato esperienze professionali può aver favorito la scelta di tentare una nuova esperienza imprenditoriale. Anche nell'importante appalto del Nuovo centro culturale di Lugano (Nccl), quello al centro di procedimenti penali per reati classificabili come caporalato, ritroviamo persone con esperienze professionali comuni, sempre legate alla Torno. Ricordiamo che l'appalto da 140 milioni di franchi fu vinto dal consorzio tra la spagnola Comsa e Edim Suisse. Francesco Ricci, ex direttore di Comsa Suisse e attuale project manager del Nccl, è stato nel passato alle dipendenze della Torno italiana. Gli stessi Enderlin, padre e figlio, entrambi ex membri di cda della Torno elvetica, sedevano nei cda della Comsa Suisse (senior) e Edim Suisse (junior). Concludendo, alcuni protagonisti della Torno sono anche stati protagonisti nella breve storia della Edim. Forse una casualità, forse no.

Pubblicato il

30.03.2012 03:30
Francesco Bonsaver