Se non ora, quando? Se lo chiedono i lavoratori edili e le organizzazioni sindacali Unia e Ocst che li rappresentano. La richiesta è un aumento sostanziale della loro busta paga per il 2007. "Ora", perché l'edilizia sta vivendo negli ultimi anni un buon periodo di crescita. I sindacati avevano avanzato la richiesta di un aumento di 220 franchi per il 2007. La Società svizzera impresari costruttori (Ssic) ha risposto di essere disposta a concedere esclusivamente il rincaro, cioè 50 franchi. I sindacati hanno definito ridicola la proposta padronale, se non offensiva nei confronti dei lavoratori e del loro impegno profuso sui cantieri. Il 16 settembre le trattative tra i sindacati e la Ssic si sono dunque interrotte. Successivamente, i sindacati hanno indetto una giornata di sensibilizzazione sui cantieri svizzeri che si è tenuta martedì 24 ottobre. Assi portanti dell'azione sindacale: l'aumento salariale 2006 e la difesa del potere d'acquisto. In Ticino l'azione si è svolta su una settantina di cantieri, dove i lavoratori sono stati informati sull'andamento della trattativa salariale e sull'importanza di sostenere l'approvazione della nuova legge sugli assegni familiari in votazione il 26 novembre prossimo. Abbiamo seguito un funzionario di Unia sui cantieri e raccolto le opinioni dei diretti interessati.

Per capire se l'edilizia stia attraversando un buon momento è sufficiente guardarsi attorno e contare il numero di gru e di cantieri che si vedono. Al di là della semplice constatazione visiva e soggettiva, anche i dati oggettivi confermano il buon andamento. Nel 2005 gli investimenti nell'edilizia sono cresciuti del 5 per cento. La produttività sui cantieri è notevolmente aumentata negli ultimi 3 anni, così come la cifra d'affari complessiva del settore. Tra il 2004 e il 2005, la sola produttività è aumentata del 7 per cento. Produttività e cifra d'affari che per i muratori significano un ulteriore aumento, per quanto ancora possibile, del ritmo di lavoro. Una pressione sui ritmi che si traduce in una pressione a lavorare in condizioni atmosferiche difficili, peraltro proibite contrattualmente. «Negli ultimi tempi, le pressioni per farci lavorare sotto l'acqua sono aumentate. La scusa è sempre la stessa, che dobbiamo finire in fretta. Finire per poi andare ad aprire un altro cantiere. E lì ricominciano a metterci fretta. A volte sembra che un cantiere deve essere già finito prima ancora di cominciare», dice un muratore incontrato in un cantiere di Manno. «È con la fretta che poi finiamo per farci male», aggiunge un secondo muratore, «sì, perché ovviamente quando uno è sotto stress finisce per non avere la dovuta attenzione. Se poi lavoriamo sotto l'acqua e ci ammaliamo, ci dicono che non è vero, che uno si ammala troppo facilmente».
Storie di produttività vissute sulla propria pelle. Ma tutta questa produttività, dicono i sindacati, deve almeno tradursi in un aumento del salario reale. Eppure, mentre aumenta la produttività del lavoro, ossia il fatturato reale pro salariato, i salari reali nell'edilizia sono diminuiti.
Per il sindacato Unia «ciò significa che è in atto una ridistribuzione che va dai salari verso i profitti e non viceversa. Questo trend degli ultimi anni deve essere finalmente interrotto. I salari reali devono aumentare».
Questo anche in ragione del fatto che diventa sempre più difficile arrivare a fine mese. Unia rileva che «nel mese di giugno 2006 l'indice nazionale dei prezzi al consumo dell'Ufficio federale di statistica evidenzia un aumento del rincaro dell'1,6 per cento. L'accelerazione del rincaro annuo è dovuta a due fattori: i prezzi dei carburanti (più 15,7 per cento) e gli affitti».
Già, gli affitti: «Sono sposato, ho un figlio e a marzo dovrebbe nascere il secondo. Lavoro solo io. Viviamo in un due locali e mezzo e pago 900 franchi d'affitto, posteggio compreso. Per non parlare della cassa malattia. Credi che mi resti molto alla fine del mese?» domanda un altro muratore in un cantiere del bellinzonese. Il discorso dei figli introduce l'argomento della votazione del 26 novembre sulla nuova Legge sugli assegni familiari. Una nuova legge che prevede di uniformare a livello nazionale l'importo di 200 franchi per figlio, contro i 183 attualmente in vigore nel Cantone Ticino e, novità, d'introdurre un assegno familiare per la formazione di 250 franchi per ogni figlio che studia dai 16 ai 25 anni. «Questa cosa mi piacerebbe molto»,  continua il muratore a Bellinzona,  «non vorrei che i miei figli facessero la vita che faccio io. Mi piacerebbe che potessero continuare a studiare, ma con quel che costa non sono sicuro di poterlo offrire. Bisogna fare molti sacrifici e ancora non so se basta. Questi 250 franchi sarebbero sicuramente un aiuto». I sindacati sostengono apertamente l'approvazione della nuova legge sugli assegni familiari in votazione a fine novembre. Durante questa giornata di mobilitazione sui cantieri ticinesi, nella quale abbiamo seguito dei funzionari sindacali che informavano i lavoratori sullo stato delle trattative salariali, è stato posto l'accento anche sulla votazione, da come si deduce dal volantino distribuito nei cantieri: «L'aumento degli assegni è un importante contributo alla difesa del potere d'acquisto dei salariati».
Nei cantieri si respira un'aria determinata nell'ottenere qualcosa di sostanzioso. «Noi ci spacchiamo la schiena e loro fanno più soldi», dice un ferraiolo. La parola sciopero è poi riecheggiata più volte nella decina di cantieri visitati nel nostro giro. E tutte le volte erano gli operai ad invocarlo. Dario Cadenazzi, funzionario sindacale di Unia: «Non lo si esclude. Ma al momento stiamo facendo un'azione di sensibilizzazione. Se il padronato continua con le sue proposte offensive nei confronti dei lavoratori, quest'ultimi ci chiederanno di intraprendere azioni più importanti per ottenere quanto dovuto». Ed è arrivato un primo segnale. Venerdì 27 ottobre torneranno al tavolo delle trattative la Ssic e i sindacati. Sul fronte ticinese, Matteo Pronzini, responsabile del settore edile di Unia Ticino e Moesa, dichiara: «Con il padronato ticinese abbiamo già avuto delle discussioni, nelle quali gli impresari ticinesi si sono mostrati più consapevoli e ragionevoli sulla validità delle proposte sindacali di aumento. Con loro abbiamo stabilito una sorta di tregua armata. Ma è chiaro che se a livello nazionale le trattative non dovessero sbloccarsi in modo serio, dovremmo attivarci affinché venga concesso il dovuto. E l'aumento non può essere che un numero di tre cifre».

Pubblicato il 

27.10.06

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato