Il primo maggio, giorno di lotta dei lavoratori, dovrebbe entrare in vigore il nuovo contratto nazionale mantello per l'edilizia. La data simbolica segnerebbe la fine di un conflitto sociale durato oltre 11 mesi in un settore economico che impiega circa 100mila persone. Il condizionale è d'obbligo poiché l'accordo firmato lunedì, dopo il secondo intervento del mediatore Jean-Luc Nordmann, dovrà essere ratificato dalle assemblee sindacali del 26 aprile e padronale del 29 aprile. E se le assemblee operaie non dovrebbero porre dei problemi, rimane sempre l'incognita dei delegati impresari costruttori. Si ricorderà infatti che a fine gennaio proprio l'assemblea padronale aveva bocciato a larga maggioranza l'accordo sottoscritto dal suo presidente Werner Messmer.
Quell'accordo era frutto della prima mediazione di Nordmann, l'uomo incaricato dal Consiglio federale di trovare una soluzione al conflitto edile. Sebbene i protagonisti dall'inizio del conflitto con la disdetta contrattuale datata maggio 2007 – e del proseguio della vertenza con il rifiuto dell'accordo nel gennaio 2008 – siano ancora gli stessi (ossia Messmer e la sua dirigenza Ssic) il mediatore Nordmann sembra essere molto fiducioso: «vi sono buone probabilità che il risultato negoziale venga approvato». L'accordo trovato ricalca quello raggiunto a dicembre e poi rifiutato dai delegati impresari. Sostanzialmente sono due le modifiche apportate. Meglio subito precisare che per i muratori ticinesi le due novità non hanno nessun impatto, poiché in Ticino tutto rimane come concordato a livello cantonale. Sul piano nazionale invece, di diverso vi è una semplificazione burocratica per le imprese che rende più facile il ricorso alle ore flessibili. Se le ore totali nell'arco di un anno restano invariate a 2'112, per le ditte sarà possibile – in caso di cattivo tempo, problemi tecnici e assenza di lavoro – recuperare in un altro periodo un massimo di dieci ore perse in un mese. Nell'accordo precedente invece, ogni modifica alle ore imponeva alla ditta di aggiornare il calendario annuale di pianificazione oraria da consegnare al dipendente. Proprio questa vertenza sull'utilizzo delle ore perse era stata dibattuta su richiesta padronale da un tribunale arbitrale nel 2007. Quest'ultimo aveva dato ragione alle organizzazioni dei lavoratori. Il padronato, insoddisfatto, aveva allora disdetto il contratto nazionale mantello dell'edilizia nel maggio 2008. Ora sembra essere stato trovato un'accordo soddisfacente. Al termine del negoziato di lunedì scorso, le parti hanno deciso di istituire una speciale commissione paritetica incaricata di vegliare proprio sull'applicazione delle ore perse. Un secondo punto, ora risolto, per il quale il padronato aveva motivato la disdetta del Cnm era la gestione del fondo paritetico di formazione (Parifonds). Gli impresari lo ritenevano un finanziamento illecito ai sindacati, chiedendone l'abolizione. Durante il periodo di vuoto contrattuale il padronato aveva finanziato un fondo direttamente da loro gestito. Nel nuovo accordo è stato deciso che il Parifonds originario ritornerà in vigore il primo luglio, mentre il fondo padronale rimarrà in forma transitoria al massimo fino al 31 marzo 2010. Per il resto, l'accordo ricalca quanto già deciso nella prima mediazione. Sono stati dunque confermati l'aumento generale di 100 franchi più uno 0,5 per cento al merito per il 2008, l'aumento dei salari minimi del 3 per cento nel 2008 e di un ulteriore aumento del 2,5 per cento nel 2009, e la compensazione integrale del carovita. Tutti gli altri aspetti contenuti nel nuovo contratto riprendono le medesime disposizioni del Cnm 2006. Si vedrà se le modifiche al precedente accordo saranno sufficienti affinché gli impresari non le affossino nuovamente. Il loro presidente Messmer ha dichiarato. «sono ottimista e mi impegnerò personalmente affinché il nuovo Ccl sia accettato dai delegati». Parole simili le aveva espresse anche dopo il primo accordo, salvo poi invece lavorare contro invitando i delegati impresari a rifiutarlo nell'assemblea di gennaio. Di nuovo però vi è anche il disagio provocato nelle file padronali dopo quel rifiuto. Le grandi imprese attive nel settore, come Implenia, avevano duramente criticato la bocciatura dell'accordo minacciando contromisure nei confronti della Società svizzera degli impresari costruttori. Poi vi è stata tutta una serie di accordi regionali fondati sullo stesso rifiutato dai delegati impresari. Primo fra tutti a raggiungere fra partner sociali un contratto locale è stato il Ticino, seguito dai cantoni della Svizzera romanda. Ora sembrerebbe che anche le resistenze degli impresari svizzero tedeschi siano state superate, permettendo la conclusione di un accordo nazionale. Rimane il condizionale, visti i repentini cambi di umore dei delegati impresari, spesso dettati anche da motivazioni politiche estranee agli interessi della classe impresaria. Le recenti vittorie dell'Udc nella svizzera centrale non sono bene auguranti in questo senso, ma forse la logica degli interessi economici di una pace sociale nel settore, in questo caso sarà prevalente. |