Occorre tentare di dissipare il fumo che si sta creando attorno al conflitto nell'edilizia, ora nella fase cruciale della mediazione diretta da Jean Luc Nordmann, incaricato dal Consiglio federale. La lotta a suon di comunicati di questi giorni, francamente, confonde più che aiutare il cittadino a comprendere il contesto. Vista da fuori, si ha l'impressione di assistere ad una disputa tra bimbi: tu fai questo e io, per ripicca, faccio quest'altro. In realtà il confronto è aspro perché il tema è delicato. In gioco c'è il contratto che regola i rapporti di lavoro nell'edilizia nazionale, un settore centrale dell'economia, non fosse altro che per l'indotto che genera. Oltre 80 mila lavoratori sono direttamente coinvolti, molti altri lo sono indirettamente. Gli impresari costruttori lo attaccano perché è il miglior contratto in Svizzera. Se non riusciranno ad eliminarlo, vorranno almeno indebolirlo.
Un conflitto importante dunque, di cui il paventato sciopero di Sedrun, poi rientrato, è solo l'ultima fiammata (cfr. pag. 5). Il sindacato Unia insiste che la questione di Sedrun è aperta da tempo e va sanata perché gli operai sono stufi. La Società svizzera impresari costruttori (Ssic) considera invece le azioni sindacali di Sedrun una violazione dell'accordo sulla mediazione aperta per risolvere la vertenza contrattuale. È pur vero che non si può fare astrazione di quanto avviene a Sedrun dal conflitto nazionale sul contratto, ma non si può nemmeno ignorare la disparità di trattamento che vivono i minatori nel cantiere grigionese rispetto ai colleghi degli altri cantieri Alptransit sparsi in Svizzera.
Chiarito questo punto, vi è un altro elemento che nel conflitto nazionale gioca un ruolo importante: i tempi, brevi o lunghi, della sua risoluzione. Il vuoto contrattuale è stato imposto dal padronato. Esso ha tutto l'interesse a farlo durare il più a lungo possibile. Questo almeno finché l'assenza di norme abbia un effetto, deregolamentando nella pratica i rapporti di lavoro e livellando verso il basso sia i salari che le condizioni d'impiego. Lo scorrere del tempo potrebbe dunque costringere i sindacati a firmare un contratto al ribasso. Tuttavia, l'assenza di contratto dà mano libera ai sindacati per organizzare scioperi e altre azioni di lotta. Ma l'imminente pausa di fine anno e poi la ripresa del lavoro solo a singhiozzo (per ragioni meteorologiche) non facilitano il ricorso allo sciopero.
Resta da chiedersi quali settori chiave non solo del padronato edile, ma dell'intera economia elvetica abbiano interesse a chiudere la partita in tempi brevi, anche considerata la minaccia di un referendum dei sindacati sugli accordi bilaterali. Che peso eserciterà sugli impresari costruttori, ad esempio, l'industria d'esportazione, che dei bilaterali ha un bisogno vitale? Dalla trattativa di oggi, forse, si avrà già una risposta. 

Pubblicato il 

07.12.07

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