Grandi cambiamenti ai vertici de La Posta. Dopo soli 9 mesi, il "vulcanico" Claude Béglé è costretto a lasciare il posto di presidente. Ora è il turno dell'ex capo dei padroni, Peter Hasler. Ma è un problema di personalità  o di strategie? Sullo sfondo, la lotta politica: vincerà la privatizzazione dell'ex regia federale o il potenziamento del servizio pubblico attraverso la concessione della licenza bancaria a Postfinance?
Gli analisti sembrano essere concordi: il problema della Posta svizzera non sono le personalità al suo comando ma l'assenza di strategie chiare. Durante la direzione di Ulrich Gygi (2000-2009) il mandato politico era ben definito: trasformare il servizio pubblico in una "normale" azienda con l'obiettivo principale del profitto economico. In seguito si sarebbe potuto procedere alla privatizzazione sullo stile di Swisscom. Da buon esecutore, Gygi trasforma notevolmente la Posta. L'ex regia postale viene smembrata in diverse società anonime, gli uffici postali vengono progressivamente ridotti da 3500 a 2500, i centri di distribuzione passano da 18 a 3 (progetto Rema), mentre il progetto Ymago lanciato nel 2005 mira a ridurre ulteriormente i servizi degli uffici postali periferici. Sotto Gygi, oltre 9 mila posti di lavoro sono stati soppressi alla casa madre della Posta.
Va dato atto a Gygi di aver ottenuto dei risultati economici. Dalla sua nomina di direttore, il fatturato della Posta è aumentato da cinque a otto miliardi di franchi, mentre l'utile netto è passato da 100 a 800-900 milioni di franchi l'anno.
Ma il processo di riduzione del personale e dei servizi all'utenza dell'era Gygi sembra essere ormai arrivato alla soglia massima, confrontato con il crescente malcontento popolare di fronte allo smantellamento di un'azienda pubblica tanto cara ai cittadini elvetici.
Gygi, trasferitosi alle Ferrovie, lascia ad un suo fedele collaboratore il compito di proseguire la strategia fin lì adottata. Appena nominato direttore, Michel Kunz dichiara di essere «allo stesso tempo per la continuità e per il progresso». Ma non è il solo cambiamento all'interno dei vertici postali.
Nell'aprile dello scorso anno, Claude Béglé è nominato presidente del Consiglio di amministrazione (Cda). E iniziano le frizioni. Béglé e Kunz hanno due visioni strategiche diverse per la Posta. Il primo mira a proseguire la strategia della riduzione dei costi e dei servizi, mentre Béglé annuncia a mezzo stampa l'idea di cercare nuovi introiti per l'ex regia federale, in particolare nel mercato all'estero.
A fine dicembre, Kunz, sconfitto, lascia la Posta. Ma la vittoria di Béglé dura poco. Qualche giorno dopo, altri due membri del Cda, Rudolf Hug e Wolfgang Werlé, lasciano la Posta a causa dei difficili rapporti con Béglé, la cui personalità è giudicata "esuberante". Nei giorni successivi, una serie di rivelazioni della stampa domenicale, sospettata di essere stata usata da gruppi d'interesse, costringe Béglé a lasciare la presidenza del Cda. Il tempo di una notte e il consigliere federale Moritz Leuenberger nomina Peter Hasler nuovo presidente del Cda della Posta.
Ex presidente dell'associazione padronale svizzera, Hasler non vuole esprimersi sulla sua strategia aziendale. Considerate le sue posizioni anti-servizio pubblico nel passato (si veda l'articolo a lato), alcune perplessità sulla sua nomina vengono sollevate da sinistra e sindacati. Incalzato dalla stampa, Hasler spiega che quanto detto in qualità di presidente del padronato non sempre coincideva con la sua opinione personale. Si riserva però di esprimersi tra qualche mese sugli orientamenti strategici de La Posta. Fa però sapere che la priorità dovrà essere data al mercato interno, contrariamente a quanto auspicato da Béglé.
Non è un segreto per nessuno che il costante calo del volume di lettere distribuite impone a La Posta di trovare nuove entrate. Il vero nodo politico della questione è Postfinance, ossia il segmento "bancario" del Posta. Per dare un'idea di quanto sia importante, basti sapere che dei 530 milioni di utile conseguiti da La Posta nel 2009, oltre 350 arrivano da PostFinance, la quale gestisce i conti di 2,5 milioni di cittadini per un totale di 71 miliardi di patrimoni. Con queste cifre, Postfinance è il quinto istituto finanziario del paese. Ovviamente, le banche si oppongono all'entrata di un nuovo concorrente, e di tale importanza, sul loro mercato. Banche che non hanno avuto difficoltà a trovare sostegno tra i politici nel respingere l'idea di concedere la licenza bancaria a Postfinance. Un'idea dapprima bocciata dal Consiglio federale, seguito recentemente da 24 senatori contro 9 nel dibattito al Consiglio degli Stati. Potrebbe però essere il popolo a dire l'ultima parola sulla licenza bancaria, nel caso dovesse riuscire la raccolta firme dell'iniziativa lanciata dal sindacato della Comunicazione "Per una Posta forte". Ma prima che si voterà sull'iniziativa, passeranno anni. E il  trascorrere del tempo non è detto sia una buona cosa per La Posta, intesa come ente di servizio pubblico.

Hasler alla prova dei fatti

Peter Hasler è un personaggio singolare. Cresciuto professionalmente all'interno delle associazioni padronali di categoria, nel 1993 diventa il "padrone dei padroni", occupando la carica di presidente dell'Unione svizzera degli imprenditori. In quella veste, nel 1996, propose una "moratoria" dello Stato sociale, chiedendo l'abbandono dell'introduzione dell'assicurazione maternità, l'innalzamento dell'età pensionabile e la riduzione delle rendite del secondo pilastro. Con l'incrinarsi della pace sociale e l'aumento degli scioperi dell'inizio secolo (la Boillat fu il più importante), Hasler chiese l'intervento della polizia e il licenziamento degli scioperanti. Ma cosa pensa Hasler dello Stato e delle aziende pubbliche? Intervistato da L'Illustré nel 2006, Hasler auspica «la privatizzazione delle Ffs e de La Posta nel caso queste dovessero andare bene finanziariamente», basandosi sul ragionamento che «lo Stato non potrà mai raggiungere la produttività del privato». Ma questo era ieri, quando era il capo dei padroni. Oggi spiega che alcune sue affermazioni del passato erano dovute al ruolo occupato nell'organizzazione padronale, non corrispondevano alle sue opinioni personali. Dopo aver lasciato l'associazione padronale nel 2006, è entrato nel Consiglio di fondazione del Wwf, ed è presidente del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale universitario di Zurigo e della Reka.
Vasco Pedrina, ex presidente di Unia, ha sostenuto diverse trattative con Hasler quale controparte. Lo ritiene «senza dubbio» un rappresentante del padronato «capace però di cercare delle soluzioni praticabili con la controparte». Di parte certamente, ma anche un pragmatico sostenitore del partenariato sociale. Coi sindacati avrebbe negoziato in particolare la prima riforma dell'assicurazione disoccupazione e le misure di accompagnamento previste dagli accordi bilaterali. «Ora il banco di prova che lo aspetta quale presidente del consiglio di amministrazione de La Posta – aggiunge Pedrina – sarà la sua posizione sull'iniziativa "Per una posta forte" e in particolare sulla richiesta di licenza bancaria di PostFinance». Per sinistra e sindacati quindi, prima di giudicarlo nel suo nuovo ruolo, lo si aspetta alla prova dei fatti.

Pubblicato il 

29.01.10

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