Ecco il manifesto dello sciopero

Elaborato il documento con le rivendicazioni per la grande mobilitazione per chiedere (finalmente!) la parità e la fine di un un sistema patriarcale di gratuità del lavoro femminile

Le donne sono pronte. Non sarà un esercizio di stile, non un palco dove gorgheggiare slogan, ma la presa delle piazze svizzere per rivendicare la restituzione di ciò che appartiene loro e che da sempre gli viene rubato: il tempo, l’organizzazione della propria vita senza dover pensare a soddisfare prima i bisogni altrui, il denaro, frutto del lavoro. Si parte verso lo sciopero del 14 giugno 2023 con il manifesto di rivendicazioni puntuali, votato sabato 4 marzo a Friborgo nel corso delle assise femministe nazionali.

«Siamo donne, lesbiche, intersessuali, trans o non binarie, con o senza partner, con o senza figli; siamo sane o malate, viviamo con o senza disabilità fisiche e mentali, siamo giovani, adulte, anziane; siamo nate e cresciute in Svizzera o in un altro paese, apparteniamo a culture diverse e abbiamo origini diverse; siamo studentesse, impiegate, lavoratrici autonome, pensionate o disoccupate, lavoratrici del sesso, migranti e rifugiate. E chiediamo a tutte di partecipare allo sciopero femminista del 14 giugno 2023!».


Inizia così il documento con la chiamata all’adunata che, votato sabato scorso a Friborgo, farà da struttura alla prossima, imminente e grande mobilitazione sociale. Un manifesto concreto che, per dirla con Chiara Landi, del sindacato Unia, permetterà di monitorare l’evoluzione delle conquiste.
Lo sciopero femminista – si legge nel manifesto – sostiene un femminismo intersezionale, inclusivo e di lotta di classe. In tutto il mondo, si ricorda che sono le donne, le persone trans e non binarie «le prime vittime di regimi autoritari, guerre e distruzione ambientale. Siamo solidali con tutte queste lotte e condividiamo l’urgenza di porre fine al patriarcato oppressivo in tutte le sue forme. Jin, Jiyan, Azadì. Donna. Vita. Libertà». Il movimento femminista nazionale avanza attraverso il manifesto  richieste specifiche, urgenti e necessarie per «promuovere il cambiamento del sistema patriarcale e capitalista».


Un cambiamento necessario. «Sono passati quattro anni dallo storico sciopero delle donne del 2019, ma se ci guardiamo indietro e osserviamo la strada che abbiamo percorso, i progressi che chiedevamo non sono arrivati. Anzi! Per alcuni aspetti siamo regrediti». Così Chiara Landi, responsabile del settore terziario di Unia Ticino e Moesa, sottolinea come lo sciopero sia più che mai necessario. «La cocente sconfitta sul tema dell’età di pensionamento delle donne, con la votazione sulla riforma AVS 21 persa per pochissimi voti, rappresenta un arretramento imperdonabile, di cui pagheranno amarissime conseguenze le donne di questo paese. Certamente non le donne borghesi che, disponendo di grandi mezzi finanziari hanno sostenuto la riforma, a dispetto della maggioranza della popolazione femminile che già oggi ha una condizione di reddito da lavoro e da pensione fortemente penalizzata» continua la sindacalista.

Una manovra che sarà pagata  dalle donne, alle quali sono sistematicamente negati i diritti: «Dopo la pandemia avevamo la speranza di un cambiamento e abbiamo chiesto a gran voce che si uscisse definitivamente dal solco di un sistema ingiusto e iniquo. Invece, e purtroppo, non è cambiato niente o è cambiato poco. Le donne continuano a essere impiegate in settori a basso salario, in condizioni di lavoro precarie, e a svolgere gratuitamente prestazioni di cura e domestiche di cui beneficia l’intera società» analizza Landi.

 

Nello specifico nel 2023 si chiede la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro retribuito senza perdita di salario o intensificazione dei compiti, compreso un salario minimo, aumenti di stipendio e migliori condizioni di lavoro nei settori che impiegano una maggioranza di donne. Stesso lavoro di pari valore, stessa retribuzione! La legge sulla parità non può essere tale solo sulla carta, per questo vanno intensificati i controlli, introducendo l’analisi salariale obbligatoria e sanzioni in caso di non conformità.

 

Questione pensione. «Ci opponiamo alla riforma della Lpp21, che fortifica il 2° pilastro, e chiediamo invece il rafforzamento dell’Avs, a partire dall’adozione della tredicesima pensione. A lungo termine, chiediamo l’abolizione del sistema pensionistico a pilastri a favore di un unico pilastro pensionistico pubblico e solidale». Perché dopo una vita di sacrifici, l’Avs deve garantire «un tenore di vita confortevole, nonché un aumento delle pensioni e un abbassamento generale dell’età pensionabile per tutti». E nell’ambito del lavoro di cura e di accudimento svolto gratuitamente dalle donne, occorre il riconoscimento e la retribuzione dell’impegno.

 

Cassa malati unica. Abolizione del sistema di assicurazione sanitaria privata e della copertura della salute riproduttiva e sessuale e creazione di un’aunica cassa malati pubblica finanziata in base al principio della distribuzione della ricchezza, che garantisca a tutti l’accesso libero e incondizionato a cure di qualità.

 

Violenza di genere. Dopo secoli di soprusi di genere, è ora di considerare le violenze fisiche e sessuali come un serio problema di società e introdurre misure sistematiche per combatterle. Obiettivi da perseguire attraverso la prevenzione, un osservatorio della violenza e una linea telefonica attiva 24 ore su 24, centri di accoglienza e di emergenza con un numero sufficiente di professionisti formati e un accompagnamento terapeutico adattato per una migliore assistenza alle donne, alle persone trans, intersessuali e non binarie vittime di violenza e ai loro figli.

 

Un congedo parentale di almeno un anno per ogni persona responsabile dell’educazione dei figli e indennizzato al 100% dall’Apg senza compromettere l’attuale diritto al congedo di maternità. I genitori single possono combinare questo diritto o condividerlo con una persona di loro scelta.

 

Rivendicato il diritto all’aborto libero e gratuito in un momento storico, dove anche questo viene messo in discussione.

 

Si reclama un piano nazionale per combattere la discriminazione razzista (islamofobica, anti-nera, antisemita, asiofobica, anti-zingara), xenofoba, queerfobica, il riconoscimento giuridico di tutte le identità di genere e la partecipazione politica dei migranti. Maggiore attenzione della condizione vissuta dalle persone con disabilità attraverso l’accesso allo sport, al tempo libero, all’assistenza sanitaria e all’occupazione.

 

Misure per il clima che includano il riconoscimento immediato dell’emergenza, del degrado ambientale e del crollo della biodiversità e il finanziamento di strategie globali per la giustizia climatica con il rafforzamento di un sistema di produzione e distribuzione alimentare solidale, più locale ed ecologico al fine di «una vera sovranità alimentare e contro il monopolio delle lobby agro-economiche».

 

E poi, e poi, non abbiamo più righe a disposizione, ma la lista delle ingiustizie sollevate nel manifesto non ci sta tutta. L’unica è metterci in marcia anche noi. E alla fine sarà il 14 giugno e ci troveremo tutte in piazza.

 

Pubblicato il

10.03.2023 15:13
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