Eccezionale, non casuale

Lo sciopero alle Officine Ffs di Bellinzona e il movimento che vi è cresciuto attorno non sono nati per caso. Anche se sotto molti aspetti si tratta di fatti eccezionali, essi sono il frutto di una storia le cui radici risalgono ad almeno dieci anni fa. Certo, si tratta di fortunate coincidenze, ma fortemente volute e provocate da attori consapevoli. L'aggregazione di lavoratori determinati nella difesa dei loro diritti, riuniti nella Commissione del personale delle Officine di Bellinzona (la sezione Rm del sindacato Sev) è stata una delle scintille iniziali di questo movimento. L'aver trovato una sponda in Unia, l'organizzazione dei lavoratori più combattiva sul piano nazionale e cantonale, ha permesso alla "piantina della resistenza" di poter continuare a crescere.
Dalla nascita del comitato "Giù le mani dall'Officina" nel 2001 è quindi andata maturando un'ampia e profonda intesa collettiva su scelte di politica sindacale fortemente condivise che ha portato al 7 marzo 2008, data in cui è stato decretato lo sciopero. Quel giorno, la novità: "la moltitudine che si fa unità" come Christian Marazzi la scorsa settimana ha ben descritto l'evento nella serata di Chiasso dedicata al tema. 430 individui diversi, ognuno con il proprio vissuto, che diventano un soggetto unico. Quadri, artigiani specializzati e non, operai ed ingegneri, interinali, leghisti, liberali, pipidini, socialisti e schifati dalla politica, tutti uniti nella difesa del loro posto di lavoro. Non solo: anche determinati nell'esprimere un netto rifiuto delle logiche del profitto che ignorano l'uomo, quelle logiche personificate ad arte da cinici manager strapagati. Una collettiva resistenza a filosofie imprenditoriali presentate dalla dirigenza aziendale, dal mondo politico e da buona parte dei media come inevitabili poiché iscritte nelle leggi del mercato, se non addirittura "naturali" in quanto insite nel comportamento dell'uomo.
Lo sciopero di Bellinzona è dunque diventato un esempio di lotta per la dignità e la centralità dell'essere umano in opposizione a queste ingannevoli filosofie, una lotta in cui si sono identificati non solo la città e la regione, ma un intero cantone e che si è espressa attraverso una solidarietà fatta di mille gesti e di imponenti manifestazioni di strada diventate ormai rare nel nostro paese. E infine una vittoria, seppur ancora solo nel primo tempo, conquistata anche perché, non lo si dimentichi, le Ffs sono interamente di proprietà pubblica e dunque la politica non poteva chiamarsi fuori: una vittoria, nel contesto odierno, eccezionale, che tuttavia rende possibile immaginare di poter resistere a quello che ci viene presentato come inevitabile. Ora, oltre a dover vincere anche il secondo tempo, bisogna difendere questa prima importante conquista, ancorandola nel tempo come punto di svolta dal quale non si può tornare indietro.

Pubblicato il

11.04.2008 00:30
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