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EFAS, un modo per dissanguare assicurati e malati

Potremmo copiare e incollare quanto scritto un anno fa (o quello prima o quello prima ancora) per commentare l’ennesima stangata sui premi dell’assicurazione malattie, più che raddoppiati negli ultimi 20 anni e che anche nel 2025 cresceranno ulteriormente del 6% a livello svizzero e addirittura del 10,5% in Ticino. Il che corrisponde ad un aumento cumulato tra il 2022 e il 2025 del 20 rispettivamente del 30 per cento. Una situazione semplicemente insostenibile per fette sempre più larghe della popolazione, che oltretutto devono fare i conti con salari e pensioni fermi al palo, ma che la politica nemmeno si sogna di affrontare.

 

Una politica che invece di intervenire alle radici del problema andando a correggere il sistema di finanziamento antisociale dell’assicurazione malattie in cui il miliardario paga quanto l’operaio, adotta misure che penalizzano gli assicurati e gli ammalati, chiamandoli sempre di più alla cassa.

 

Una logica che è anche alla base della revisione della LAMal per un finanziamento uniforme delle cure (più conosciuta con l’acronimo tedesco EFAS), su cui saremo chiamati a votare il 24 novembre prossimo. La materia è complessa, ma si possono facilmente capire le conseguenze nefaste di una riforma di questo tipo, con cui si accresce ulteriormente il potere delle casse malati e si consegna la sanità nelle mani del privato che come obiettivo ha il profitto. Ciò a scapito degli assicurati per cui si prospettano nuovi massicci aumenti dei premi, del personale curante su cui crescerà la pressione e che vedrà le proprie condizioni di lavoro peggiorare ulteriormente e di conseguenza, alla fine, dei pazienti, che oltre a dover pagare di più, subiranno il peggioramento della qualità delle cure, soprattutto quelle cosiddette di lunga durata, a domicilio o nelle case anziani. Conseguenze che spieghiamo in maniera sintetica in un VIDEO.

 

La votazione su EFAS è dunque un appuntamento fondamentale per impedire che il fardello dell’invecchiamento della popolazione (e dei costi che questo comporta) vada a pesare esclusivamente sui pagatori dei premi, già provati da quasi trent’anni di continui aumenti. Ma il 24 novembre deve essere anche un’occasione per lanciare un segnale forte alla politica che prende decisioni incompatibili con la realtà e con gli effettivi bisogni della popolazione, di cui EFAS è solo un esempio.

 

Sono in atto infatti altri tentativi per continuare a trasferire sempre più costi sulle spalle degli assicurati e dei pazienti, come dimostra per esempio la recente approvazione da parte del Consiglio degli Stati di una mozione per l’aumento della franchigia minima, misura che andrebbe a colpire soprattutto i malati cronici e le fasce più povere della popolazione. Per non parlare poi dell’adozione da parte della stessa Camera di un’altra mozione (inoltrata da un noto lobbista delle casse malati) che mira a limitare la libera scelta del medico da parte dei pazienti e a conferire agli assicuratori il potere di decidere a quali medici e a quali ospedali rimborsare le prestazioni. Uno scenario che spalancherebbe definitivamente le strade ad una medicina a due velocità e che va assolutamente scongiurato.

 

Anche perché la medicina a due velocità la si vede già, come dimostrano alcuni dati inquietanti sulle persone che, di fronte a problemi di salute, rinunciano per motivi economici ad andare dal medico o a farsi curare (erano il 18,8% nel 2023 contro il 5% del 2010) e mettendosi così spesso in pericolo. È da queste situazioni che si deve partire per risolvere i problemi: altro che colpevolizzare la “gente che va troppo dal medico”, come si sente sempre dire dopo ogni annuncio di aumento dei premi. Anche perché, come è noto, nella sanità è l’offerta a determinare la domanda e non il contrario.

Con una bocciatura di EFAS (secondo i sondaggi l’esito della votazione è a oggi apertissimo: 38% favorevole, 38% contrario e 24% indeciso) non si risolverebbe il problema della crescita dei costi sanitari e dunque dei premi, ma si potrebbe perlomeno evitare di alimentare ulteriormente questa spirale e di aggravare le ingiustizie insite in un sistema di finanziamento (pressoché unico al mondo) che non tiene conto delle condizioni economiche delle persone.

FOTO: AdobeStock

Pubblicato il

10.10.2024 14:32
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