Cultura

La filarmonica sta tirando a lucido gli ottoni, le mamme stanno pensando alle acconciature per le fanciulle che canteranno di fronte al pubblico e una flotta di barchette è pronta per salpare dalle rive in faccia all’imponente costruzione. No, non è una festa campestre, come la definisce l’artista Al Fadhil, ma l’inaugurazione del Lac, il nuovo centro culturale della città di Lugano.

Leggiamo la presentazione per l’inaugurazione del Lac che non si risparmia considerazioni in grande. Si parla di un «vero e proprio quartiere per la cultura, dinamico e sempre vivo, aperto a ogni tipo di pubblico e capace di coinvolgere gli artisti ticinesi e svizzeri». E naturalmente, si tratterà di un «polo culturale di livello internazionale». Ve lo auguriamo e ce lo auguriamo, vista la montagna di soldi investiti, ma le perplessità nella comunità degli artisti restano per quel contenitore enorme dove il contenuto è sempre parso l’ultimo dei pensieri.


D’accordo, lasciamolo anche partire il Lac, ma è lì da vedere il connubio con il potere e la politica. Accanto al Lac, il contenitore, manca per ora una vera Kunsthaus tenuta in vita da fervore, vivacità e visioni per contribuire a stimolare una riflessione critica all’interno della società. Nel 2011 Al Fadhil, l’artista svizzero di origine irachena, aveva chiesto al Municipio di Lugano edifici e spazi a prezzi stracciati, se non gratis, da destinare agli artisti. L’allora sindaco Giorgio Giudici aveva riconosciuto l’esigenza con la speranza di poterla soddisfare in tempi brevi. Si è mosso qualcosa? «Ma figuriamoci! La colpa è anche degli artisti: ognuno ripiegato su se stesso, senza il coraggio di portare avanti rivendicazioni comuni, combattono per la pagnotta e il potere ne approfitta» commenta Al Fadhil. Giovanna Masoni Brenni non dà buone notizie al riguardo: «La questione è ancora attuale, ma per ora non vi è una soluzione (o mancanza di volontà politica, ndr). L’ex masseria di Cornaredo, l’ex macello, la casa rossa a Pregassona, sarebbero spazi adatti. Ma vi sono diverse possibili destinazioni e richieste e il Municipio non ha ancora preso decisioni».


Certo, una cittadella dell’arte underground, emergente, parallela ai poteri forti, dialogante con il territorio arricchirebbe l’offerta, dando un senso alla parola cultura. «Gli artisti tacciono e Visarte, l’associazione culturale che ha come scopo la divulgazione, la promozione e lo sviluppo delle arti visive nel cantone Ticino, in Svizzera e all’estero, non dimostra alcuna strategia. E allora tenetevi il Lac e inchinatevi al potere dolce e gentile per sperare di esporre magari in un angolo una vostra opera. Il Lac è un’impresa culturale e dove c’è impresa viene prima di tutto il denaro. Del resto, chi ha in mano il potere in Ticino? I massoni, i ciellini e i liberali. È privilegiata solo una generazione di artisti over 70, allineati con il potere, che hanno fatto terra bruciata attorno a loro. E gli altri artisti che cosa fanno? Non creano dibattito, ma si limitano a farsi vedere ai vernissage. Sinceramente, sono disgustato» continua Al Fadhil. L’artista pensa alla sua città artistica ideale. «Diventare una città culturale e artistica? Bene, allora perché non hanno messo a disposizione degli artisti la parte che è stata venduta ai Mantegazza per farne degli appartamenti di lusso?» conclude Al Fadhil. No, prima lancia un’ultima frecciata: «Il 12 settembre non sarà nulla di più che una grande festa campestre: ma se mancano i concetti, non ci si può aspettare un’inaugurazione diversa...

Pubblicato il 

10.09.15

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