E tutti furono assolti

Tutti assolti. Così ha deciso il giudice del Tribunale penale di Liestal, nel Cantone di Basilea Campagna, che mercoledì della scorsa settimana ha dovuto giudicare Hansueli Scheidegger e altri sette collaboratori del Sei di Basilea. Essi erano accusati in particolare di coazione nei confronti degli automobilisti coinvolti e di perturbamento della circolazione pubblica per un’azione di protesta svolta su un cantiere autostradale nell’ottobre del 1999 nei pressi della galleria di Schweizerhalle, sulla A2. In quell’occasione era stato appeso uno striscione ed erano stati distribuiti dei volantini per sensibilizzare gli automobilisti sulle precarie condizioni di sicurezza sui cantieri autostradali svizzeri. Nel giro di un paio di mesi erano infatti morti su analoghi cantieri tre operai. L’accusa al processo aveva chiesto una condanna a dieci giorni di arresti sospesi condizionalmente per Scheidegger (allora segretario al Sei di Basilea) e a cinque giorni, sempre con la condizionale, per gli altri sette coimputati. Sull’autostrada, dalle parti di Schweizerhalle, non c’è stata dunque né coazione (ossia il costringere dei terzi, in questo caso degli automobilisti, a tollerare degli atti intralciando la loro libertà personale), né perturbamento della circolazione pubblica. Anche se, a detta del giudice, l’azione degli otto militanti del Sei non è stata innocua. Ma, in ogni caso, non era punibile. Perché c’erano motivi seri e degni di considerazione a giustificare l’azione, in particolare il bisogno dei lavoratori di attirare l’attenzione sui tre incidenti mortali avvenuti a pochissima distanza l’uno dall’altro sui cantieri autostradali. Per il giudice la distribuzione di volantini sull’autostrada è stato un mezzo adeguato e proporzionato al fine di sensibilizzazione perseguito. L’unico fatto che sarebbe stato punibile era l’invasione dell’autostrada in quanto tale, ma il relativo reato era già prescritto. Assoluzione quindi su tutta la linea. Certo, il giudice ha ammonito gli autori a non più ripetere un’azione simile sull’autostrada, ma non ha potuto far altro che assolvere tutti. Dettaglio curioso: il giudice era dell’Udc, la procuratrice pubblica del Ps. Motivo della protesta oggetto del processo di Liestal furono i numerosi incidenti nei pressi di cantieri autostradali (con tre operai investiti mortalmente nei soli mesi di settembre e ottobre 1999) e in generale la sicurezza molto carente per i lavoratori impiegati su quei cantieri. Il Sei condusse azioni coordinate in tutta la Svizzera per sensibilizzare gli automobilisti e per invitarli a viaggiare più lentamente e con maggior prudenza nei pressi dei cantieri. Nel contempo si voleva invitare i Dipartimenti cantonali delle costruzioni e le imprese edili a prestare maggior attenzione al tema della sicurezza sul posto di lavoro. L’azione di Schweizerhalle s’era svolta in maniera del tutto pacifica. La polizia, intervenuta quasi subito sul luogo, non la interruppe ma, discutendo con i sindacalisti presenti, trovò con essi un accordo nel senso che la protesta si sarebbe dovuta concludere dopo un’ora e mezza. E così avvenne, senza incidenti. «Eravamo sicuri che il processo si sarebbe concluso con un’assoluzione, anche se un’eventuale condanna non sarebbe stata del tutto sorprendente» spiega ad area Jost Arnet, oggi segretario del Sei a Basilea, che prosegue: «Per noi questa sentenza ha una grossa importanza, in quanto ci dà maggior sicurezza e ci conferma che, in certi casi e a determinate condizioni, i sindacati possono e devono prendersi delle libertà straordinarie per far valere i diritti dei lavoratori, quando questi sono strapazzati o messi in pericolo oltre misura. Ciò non significa che ripeteremo subito la stessa azione, in quanto non saremmo più sorprendenti, ma noiosi. Però, quand’è necessario, la legge può giustificare azioni altrimenti punibili, e di questo dobbiamo essere coscienti», conclude Arnet. Ma poco è cambiato L’incidente che nell’autunno di tre anni fa più impressionò l’opinione pubblica nazionale avvenne in Ticino. Il 18 ottobre 1999 perse la vita il capocantiere Giuseppe Pugliese, schiacciato da un camion di cantiere in manovra. Le proteste e le azioni di sensibilizzazione si estesero a tutta la Svizzera. Si voleva far capire quanto sia difficile lavorare su un cantiere autostradale: si perde la percezione dello spazio e del tempo, auto e camion sfrecciano accanto, i macchinari fanno un rumore assordante, la polvere e i fumi sono densi, spesso la visibilità è ridotta dal buio o dalla pioggia. Ma le proteste dell’autunno di tre anni fa sono servite? «Sicuramente si è cominciato a prendere atto del problema», dice Saverio Lurati, segretario regionale del Sei Ticino e Moesa. Ma non basta: «l’Ufficio cantonale delle strade nazionali tende ancora a privilegiare la fluidità del traffico rispetto alla sicurezza dei lavoratori. È vero che un traffico fluido garantisce maggior sicurezza agli automobilisti», prosegue Lurati, «però si può e si deve fare qualcosa di più anche per quella degli operai. In questo senso di concreto è stato fatto troppo poco. In questi giorni ad esempio vogliamo verificare se sul cantiere del Ceneri ci sia un numero sufficiente di tende per proteggere i lavoratori dalla pioggia, dall’acqua sollevata dai veicoli, dai detriti ecc.».

Pubblicato il

06.09.2002 02:30
Gianfranco Helbling