È fumo. Negli occhi

Ticino alle prese col pericolo verde. La coltivazione, vendita e consumo di canapa dilagano. Canapa intesa come sostanza stupefacente, è innegabile. Nonostante continui a essere un reato. Autorità e politici vedono il problema ma per ora stiamo ancora aspettando delle soluzioni credibili che ci facciano uscire da questo strano, o financo ipocrita, limbo. Il redditizio business ha attecchito in Ticino, cresce e s’incrementa. I nostri politici infine sono insorti: occorre regolamentare la faccenda con una legge cantonale. Se ne parla dal 1992 con l’iniziativa Pezzati che proponeva una Legge sulla vendita al dettaglio della canapa e dei suoi derivati. A questa prima iniziativa ne sono seguite altre (quella di Luciano Canal e quella di Riccardo Calastri nel 2002). Ma la legge non c’è ancora e nella seduta in Gran consiglio della prossima settimana se ne riparlerà. Addirittura vengono proposte delle modifiche a una legge non ancora in vigore. Noi ne abbiamo discusso con due granconsiglieri socialisti, Manuele Bertoli e Eva Feistmann la cui opinione in merito non sempre concorda. Fondamentalmente, secondo Bertoli, membro della Commissione della legislazione nonché relatore di minoranza sul Rapporto del Governo sulle iniziative Canal e Calastri, è inutile affannarsi a emanare leggi cantonali quando a livello federale è attesa una riforma che dovrebbe portare alla depenalizzazione della vendita e consumo di marijuana. Per contro Feistmann, riconoscendo la situazione particolarmente grave del Ticino, vedrebbe di buon occhio dei provvedimenti presi a livello cantonale. Lei è favorevole alla depenalizzazione della vendita e consumo della canapa come stupefacente? Bertoli: La proposta di depenalizzare il consumo di canapa è stata fatta a livello federale ed è indirizzata a persone adulte e consenzienti. Una proposta che implica pure la regolamentazione del commercio. Con un occhio di riguardo ai minorenni che non devono poter accedere all’acquisto di marijuana. L’effetto positivo della depenalizzazione è sicuramente quello di separare il mercato delle droghe leggere da quelle pesanti non costringendo chi cerca la canapa a rifornirsi da chi vende anche l’eroina o la cocaina. Bisognerà puntare molto anche sulla prevenzione. L’abuso di questa sostanza certamente nuoce alla salute, ma questo vale anche per numerose altre sostanze legali. Feistmann: Non mi oppongo alla depenalizzazione. Mi preoccupa però che questo possa rendere impossibile controllare che il consumo avvenga solo tra persone maggiorenni che ne sappiano valutare le conseguenze. Il consumo della canapa non è innocuo, soprattutto per i giovani. Fumare canapa è una moda molto più diffusa che bere alcool tra i giovanissimi. Mi rendo conto che non è il proibizionismo più ferreo a risolvere il problema. Sicuramente i giovani vanno istruiti circa i danni che arreca il consumo di droghe. Hanno il diritto di rimanere sani e di non gettarsi in un’avventura che causa solo ingenti oneri per la collettività. Cosa ne pensa dell’iniziativa generica di Riccardo Calastri per “limitare e arginare la coltivazione della canapa in Ticino”? Bertoli: Non mi pare che la cosa sia fattibile. Ci sono dei problemi giuridici che i promotori di tali iniziative fingono di non vedere. Non possiamo legiferare laddove non abbiamo la competenza per farlo. Le decisioni vanno prese a livello federale mentre le proposte cantonali sono solo fumo negli occhi della gente per illuderla che si sta facendo qualcosa. La legge proibizionista per sua stessa natura deve determinare cosa è proibito. Secondo quella federale attualmente in vigore sono proibiti la coltivazione, la vendita e il consumo della canapa per uso stupefacente. Se la canapa è usata come stupefacente si infrange già oggi la legge. Se no, non ci sono limitazioni di principio possibili, a meno di una riforma della legge federale stessa. Feistmann: Devo averla addirittura firmata quell’iniziativa. Secondo me dobbiamo difendere risolutamente i rimanenti terreni agricoli che non ci sono già stati sottratti dalla cementificazione. Dal punto di vista agricolo il Ticino rischia di indirizzarsi verso la monocoltura di canapa a causa dell’eccezionale rendita di tale coltura. Come affrontare il problema? Bertoli: Io sono favorevole a una restrizione complessiva della coltivazione della canapa. Ma dev’essere stabilito a Berna nel quadro della riforma che le camere voteranno. Insomma, non sono d’accordo che in Ticino un domani si coltivi solo canapa. Ma non mi pare che la soluzione siano delle leggi cantonali. Feistmann: La coltivazione della canapa dovrebbe essere consentita solo su aree limitate, per esempio sui terreni industriali. Diventerebbe meno interessante dal profilo economico. Sappiamo che la canapa è molto redditizia. Non intendo però incolpare i contadini che affittano i propri terreni ai commercianti di marijuana perché negli ultimi tempi hanno subito una consistente erosione di reddito. Il guaio è che rischiamo di diventare il paradiso dei trafficanti di droga verso paesi dove il consumo non è lecito. È un ruolo che non auguro al canton Ticino. E rifiuto la filosofia del “pecunia non olet”. E la proposta di Luciano Canal? Cosa si risolve decretando una distanza minima tra i campi coltivati a canapa e le abitazioni? Bertoli: È una questione che ricalca quella di un tempo dei porcili in paese. Per risolverla non è stata fatta una legge specifica. È un problema già regolato dalla legge nell’ambito dei diritti di vicinato o delle immissioni moleste. Feistmann: Semplicemente rispondeva ad un problema preciso visto che ci sono stati dei reclami. Un dato innegabile: il mercato della canapa è assai fiorente in Ticino, la situazione è esplosa, per non dire degenerata. Sarebbe ancora praticabile la via della repressione? Bertoli: Potrebbe essere praticabile nell’ambito della coltivazione. Cioè se magistratura e polizia decidessero di falciare le coltivazioni. In realtà il fenomeno è fuori controllo da tempo, perché la canapa viene coltivata ovunque, anche in privato. Feistmann: A parer mio bisogna reprimere la coltivazione sui terreni agricoli. I nostri legislatori, federali e cantonali, devono trovare la ricetta idonea. Anche nel Rapporto di maggioranza si è sottolineato che il problema travalica le competenze di un singolo dipartimento per cui una stretta collaborazione interdipartimentale diventa indispensabile. Questa collaborazione finora non c’è stata e lo trovo un fatto assai deplorevole. È un problema per il futuro dei giovani e per la reputazione del Ticino che vuole essere un cantone a vocazione turistica. E che, soprattutto, ambisce ad attirare un turismo di qualità. La riforma in discussione a livello federale deve tener conto di come ci si muoverà nei paesi confinanti? Bertoli: Se nei paesi confinanti non si andrà verso la depenalizzazione la Svizzera dovrà regolamentare la questione in maniera restrittiva. Certo che finché non arriverà la nuova riforma rimarremo un po’ nel limbo. D’altra parte ricordo che nel 1999, quando ci fu la consultazione sul progetto di nuova legge federale, il Consiglio federale chiese esplicitamente se dovesse emanare un’ordinanza sulla coltivazione della canapa in attesa della legge. Tutti i cantoni, Ticino compreso, rifiutarono perché il problema non era ancora esploso. Opporsi ora alla riforma federale significa mantenere lo statu quo con lo scenario piuttosto sconfortante che ciò comporta. Il fenomeno ormai c’è e sarebbe meglio affrontarlo in maniera lucida e pragmatica. Feistmann: Se il consumo e la vendita della canapa vengono depenalizzati solo in Svizzera non si tagliano le gambe al commercio illegale che attualmente assorbe la massima parte della produzione ticinese. La questione andrebbe pensata in un contesto almeno europeo. A mio parere, dato il rapido deterioramento della situazione e l’estensione a macchia d’olio della coltivazione, dobbiamo almeno tentare di bloccare l’avanzata del fenomeno legiferando a livello cantonale. Perché la legge federale ci metterà molto ad arrivare. Come si suol dire, i buoi sono già scappati dalla stalla. Ritengo sia poco dignitoso diventare produttori di canapa per esportarla in altri paesi dove il consumo è ancora illegale. L’economia ticinese non deve dipendere da questo tipo di espedienti.

Pubblicato il

24.01.2003 03:00
Sabina Zanini