È finita la stagione dei ghiacciai

I ghiacciai si ritirano? Vuol dire che hanno perso. In guerra succede che qualcuno perda e debba ritirarsi. Possiamo anche non dolercene troppo visto che – presumibilmente – hanno perso contro l'uomo e contro le leggi superiori dell'economia.
Quella lagna a proposito dei ghiacciai è indissolubilmente correlata al lamento più generico sui cambiamenti climatici. Ma che problema c'è se il clima cambia? Noi che abitiamo le fasce a clima continentale siamo da sempre abituati ai cambi di stagione. Abbiamo gli armadi già predisposti, tutto sotto controllo dunque. Ai tropici impareranno, non ci vogliono dei corsi per mettersi sciarpa e guanti. E poi vorrei far notare che solo i pianeti cretini non cambiano mai clima. Prendiamo ad esempio Marte: non possiamo certo affermare che questo pianeta da operetta si stia imponendo nel sistema solare per i suoi slanci innovativi. Su Marte il clima non cambia però non c'è industria, il settore finanziario langue, niente agricoltura né pastorizia. Pochissime anche le infrastrutture turistiche se pensiamo che l'unica risorsa sfruttabile sono chilometri e chilometri di spiagge rosse deserte. Ma poiché non si affacciano su nessun mare è buono solo per il trekking che alla lunga stanca. Perciò non dovrebbe stupire il fatto che il Pil marziano non è mai cresciuto dai tempi del big bang. Tutto questo per chiarire che l'inamovibilità climatica non è indice di un'economia sana.
E allora cerchiamo di cogliere nei cambiamenti climatici nuove opportunità di sviluppo. In fondo i ghiacciai non servono a nulla. Pure facendo gli ecologisti convinti bisogna ammettere che non ospita né pesci né fiori quell'ammasso triste e ripugnante di ghiaccio sporco. Non si può neppure farlo a cubetti per metterlo nelle bibite. Come ghiacciaia non funzionano perché vanno sempre a ficcarsi in zone impervie. Lasciamo i ghiacciai ai poli e non se ne parli più.
E si smetta di parlare, per piacere, anche di disgelo del permafrost. Si sgretolano le montagne? Ma meglio, dico io. Spendiamo milioni per traforarle, chilometri di gallerie scavate e alla fine ti domandi: ma non sarebbe meglio buttar giù tutta la montagna? Ed ecco che la natura per nulla matrigna ti viene incontro.
Non diamo più ascolto alle voci dolenti di ecologisti fondamentalmente a caccia di voti. Basta con lo spauracchio di immani catastrofi ecologiche. Se li lasciamo dire liberamente attribuiranno alle attività industriali umane anche la responsabilità di terremoti e cadute di meteore (quando sappiamo benissimo che è colpa dei comunisti). Anche qualche uragano in più siamo sicuramente in grado di sopportarlo. E poi gli uragani sono come il fisco: colpiscono secondo il censo. Soprattutto teniamo presente che ciò che viene distrutto poi bisogna ricostruirlo. E l'opera di ripristino fa marciare l'economia. E quel che giova all'economia fa bene a noi.
Un assunto che aveva perfettamente intuito Penelope.

Pubblicato il

01.09.2006 13:00
Flavia Parodi