Dumping, c’è chi non lo vede

Dumping accertato in Ticino nella vendita al dettaglio, tra gli impiegati d'ufficio e nell'industria. Eppure nel rapporto pubblicato pochi giorni or sono dal Segretariato di Stato dell'economia (Seco) sui 10 anni di accordi bilaterali si legge: «Le ripercussioni negative sui lavoratori locali sono state limitate» e i salari bassi «non hanno subito riduzioni significative».

«Me spiego: da li conti che se fanno. secondo le statistiche d'adesso, risurta che te tocca un pollo all'anno: e, se nun entra ne le spese tue, t'entra ne la statistica lo stesso perché c'è un antro che ne magna due». Il finale della celebre poesia di Trilussa sulla media del pollo a testa (quando in realtà il ricco ne mangia due mentre il povero neanche uno) pare calzante per l'ultimo rapporto del Segretariato di Stato dell'economia (Seco) sugli effetti dei bilaterali nel mercato del lavoro. Vale la pena ricordare che la media è solo un indice numerico, il cui significato può variare secondo i fattori di "dispersione" dei dati e secondo i criteri di analisi adottati in ciascun caso.
Nello specifico, proprio la dispersione geografica è un fattore centrale. Le ripercussioni dei bilaterali nei cantoni di frontiera (Ticino e Romandia in particolare) si annacquano nella media nazionale analizzata dal Seco, tanto da poter dire che la pressione sui salari è quasi insignificante. Se l'affermazione è vera a livello nazionale, lo è meno per il Ticino.
Dalle analisi sui salari condotte dall'Ispettorato dal lavoro e dall'Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro in vari settori professionali cantonali emergono casi di gravi abusi salariali, ossia di dumping. Nella vendita al dettaglio, limitata ai negozi con meno di dieci dipendenti, "esiste una problematica di dumping salariale" si legge nella conclusione del rapporto presentato nel marzo. Stando alla definizione legale, si è in presenza di dumping quando oltre il 10 per cento dei dipendenti percepisce il 10 per cento in meno del salario minimo in uso nel settore. Nel caso della vendita al dettaglio nei negozi con meno di dieci dipendenti, «il salario medio dei casi di gravi abusi è di 2.843 franchi». Medio, appunto. Significa che c'è di peggio. E si noti che tre dipendenti su quattro sottopagati sono svizzeri o residenti e quindi con quel salario devono riuscire a vivere in Ticino.
Alla prossima riunione del 15 giugno, la Tripartita dovrà decidere se chiedere l'introduzione di un contratto collettivo di lavoro nel quale siano definiti dei salari minimi obbligatori per i negozi con meno di dieci dipendenti, come previsto dalla legge in caso di dumping accertato.
Abusi gravi nei salari sono stati accertati anche per gli impiegati d'ufficio. O meglio detto, è in fase di accertamento. Come spiega Lorenza Rossetti, capo dell'Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro: «Considerata la vastità delle figure professionali nel ramo amministrativo (banche, uffici, assicurazioni ecc.) ci si è concentrati sui salari delle nuove assunzioni di personale frontaliero, paragonandoli agli stipendi già esistenti in ditta». Poiché lo studio si è iniziato solo in gennaio, spiega ancora Rossetti, «i dati non sono ancora sufficienti per dare cifre sul fenomeno. Possiamo però già tranquillamente affermare che la pressione sui salari verso il basso nell'amministrativo esiste. Constatiamo tanti stipendi d'entrata inferiori al salario di riferimento di 3.160 franchi». Vale a dire l'importo "consigliato" (non obbligatorio) dalla Società degli impiegati di commercio quale salario minimo. E non solo: vengono assunti frontalieri a paghe decisamente inferiori a quelle in vigore negli anni passati, ma altamente qualificati. Ancora Rossetti: «Dall'inchiesta emerge che molti dei nuovi assunti hanno alti profili. Sono persone laureate che non trovando lavoro a condizioni decenti in Italia, sono disposte a lavorare in ufficio pur avendo competenze superiori».
Un fenomeno che preoccupa, perché se nell'industria ticinese sono storicamente impiegati lavoratori frontalieri a bassi salari, i lavori d'ufficio erano generalmente appannaggio dei residenti locali.
In numerosi comparti dell'industria ticinese è stata accertata l'esistenza del dumping. Ne avevamo scritto nello scorso numero. Ci limitiamo a un solo dato eloquente: nell'industria delle apparecchiature elettroniche gli uffici cantonali hanno riscontrato che gli abusi gravi nei salari toccano un dipendente su tre, e addirittura uno su due tra gli operai senza qualifica. Di questi dati ha riferito recentemente anche il Quotidiano della Tsi. Insomma, in Ticino il problema è noto e le cifre ora lo documentano. Far finta che non esista alimenta solo la guerra tra poveri e favorisce chi guadagna voti indicando nei frontalieri i capi espiatori, tacendo invece sul padronato locale che lucra con le paghe da fame.

Pubblicato il

08.06.2012 03:00
Francesco Bonsaver