Due condanne a morte

Non so nemmeno se il luogo dove abita si possa definire villaggio ma di certo il paesaggio gli si addice. È in perfetta sintonia con la sua personalità, dominata da una solitudine di fondo che qui ben si concilia con la sua arte e con il modo di concepire le cose. È a Mar del Sur, sperduta località dalle parti del Mar del Plata, in Argentina, che vive e lavora Enrique Breccia, celebre disegnatore di fumetti ma anche apprezzato pittore e illustratore. Nato a Buenos Aires nel 1945, è figlio di quell’Alberto Breccia che ha rappresentato uno dei punti più alti nella storia del disegno mondiale. Un’eredità, questa, che ben lungi dall’appiattirlo nell’imitazione, lo ha spinto invece a cercare nuovi modi d’intendere il fumetto, dedicandosi in pari tempo alla pittura. I fumetti, in Argentina, sono chiamati comunemente “historietas” e il termine, non necessariamente riduttivo, sta per “piccole storie” o “storie minori”. Enrique Breccia ha saputo rendere grandi e importanti queste storie, dando loro un vigore e una forza espressiva che ha saputo far tremare l’apparato governativo in auge nel Paese nel periodo in cui fu al potere la giunta militare. Su testi di H.G.Oesterheld egli disegnò, con l’aiuto del padre, la vita di Ernesto Che Guevara, intitolando l’opera “Vida del Che”. Il suo bianco-nero rabbioso e provocatorio gli valse il sequestro del fumetto nonché una condanna a morte che lo costrinse a vivere alla macchia per 5 anni. Le historietas, assai lette e molto popolari fra la gente comune, rappresentarono in quegli anni una delle poche voci dissidenti che riuscirono a tener viva la speranza della libertà, sia con pubblicazioni coraggiose alla luce del sole, sia attraverso distribuzioni clandestine. Ma la rigida censura della dittatura si scagliò con ferocia contro quella forma di dissenso, colpendo con maglio di ferro, tanto che Héctor German Oesterheld, il più grande sceneggiatore argentino di fumetti conosciuto in tutto il mondo, fu prelevato da casa insieme a tutta la sua famiglia e di lui non si seppe più nulla. È difficile per chi non ha vissuto la realtà di quel periodo oscuro della storia argentina comprendere appieno la tragedia di un popolo sottomesso dal tallone di ferro di un regime che portò, attraverso torture e repressioni indicibili, all’atto finale della scomparsa di migliaia di persone, i così detti “desaparecidos”. Enrique Breccia, nonostante la condanna, tenne duro e continuò a produrre le sue storie, ricorrendo a numerosi pseudonimi. Lui, che odiava sopra ogni cosa le guerre e ogni forma di avidità umana, disegnò opere indimenticabili su questi temi, con stili e forme talmente dissimili fra loro da risultare difficilmente riconducibili ad un’unica mano. Appaiono in tal modo estremamente interessanti i suoi lavori sulle guerre pubblicate recentemente dall’editrice argentina Doedytores. Sotto il titolo di “Historias Cortas” sono raccolte “El Regreso” (guerra del deserto nella Patagonia), “El Amigo” (la rivoluzione messicana), “La Espera” (guerra di sterminio contro gli indios). Pagine epiche raccontate con un segno crudo e stilizzato in un drammatico bianco-nero. Il gioco del destino riservò poi a Enrique Breccia un altro amaro capitolo di vita che coincise con il suo dissociarsi dai “Montoneros”, formazioni guerrigliere che combatterono a lungo il regime dei militari e per i quali egli simpatizzò all’inizio. Quando la guerriglia assunse forme di ferocia pari a quelle esibite dagli oppressori, egli non volle avere più nulla a che fare con loro. Un voltafaccia (così fu giudicato il suo comportamento) che gli valse un’altra condanna a morte, questa volta da parte dei “Montoneros”. Ancora oggi, ricorda Breccia, quella risultò essere una situazione davvero assurda e paradossale (condanna a morte da entrambe le parti in lotta), la cui tragicità non gli impedì però di restare fedele ai propri principi. Fortunatamente le cose si sbloccarono dopo la caduta del regime e i suoi lavori poterono finalmente apparire liberamente dapprima in Argentina, con la casa editrice Colomba, e subito dopo in Inghilterra con la Fleetway. Il grande successo arrivò poi con la creazione di Alvar Mayor (testi di Carlos Trillo), personaggio che vive le sue avventure nel Perù del XVI secolo e che appare come una chiara metafora contro la crudeltà dei conquistadores di ogni tempo e luogo e una coraggiosa denuncia nei confronti dell’avidità d’oro e potere da parte di tutti gli eserciti. La saga di Alvar Mayor è stata pubblicata in lingua italiana dalla Eura Editoriale e altri suoi lavori sono apparsi in Italia su Linus, Skorpio, L’Eternauta, mentre è di questi giorni il suo ultimo libro dal titolo “L’isola senza nome” (edito da Lanciocomix). Anche il mercato americano gli ha aperto le porte e notevole è risultato il suo albo di Batman “Gotham Knights” (DC Comics), nonché l’antologia tratta dai racconti di H.P. Lovecraft (testi di Keith Giffen) da cui il regista John Carpenter trarrà un film.

Pubblicato il

27.06.2003 04:30
Antonio Carboni