Dove si cucina la politica federale

Visita guidata nei luoghi della capitale elvetica dove operano i potenti lobbisti attivi in Parlamento: industria dell’alcol, contadini, Migros e molti altri

Un’avventura partita dieci anni fa, quando i giornalisti del settimanale Der Beobachter Thomas Angeli e Otto Hostettler si chiesero: ma chi sono tutte queste persone che entrano ed escono da Palazzo? All’epoca i “legami di interesse” erano già oggetto di un articolo della Costituzione federale. Eppure c’era solo un registro cartaceo che si poteva su appuntamento consultare. Interessa la trasparenza? Àrmati di carta e penna, trascrivi pure. Da allora molto è cambiato: dal 2011 il sito del Parlamento mette a disposizione le dichiarazioni di attività accessorie in cui la Berna politica sia affaccendata. Aziende, certo, ma anche organizzazioni non governative e sindacati, perché ogni affiliazione si può trasformare in pregiudizio e dice la scienza che ogni tentativo di tenerlo sotto controllo è destinato a fallire. Li chiamano “tunnel cognitivi”: se sono convinto della bontà di un’organizzazione, farò fatica a pensarne male. La faccenda si fa seria se quel soggetto mi fa un favore. È il meccanismo alla base dell’umana consuetudine di scambiare regalie: qualcosa ci spingerà a voler rendere la cortesia.


Non è allora un dettaglio, se un parlamentare siede in un consiglio di amministrazione, se riceve denaro o altri benefici (oltre ai soldi, contano anche la reputazione, e gli onori). La prima volta di Angeli e Hostettler fu fare le pulci ai legami di interesse che affliggono i membri della Commissione sanità del Nazionale. Il risultato fu talmente straniante, che i due decisero di fondare lobbywatch.ch, una Ong della quale sono tuttora co-presidenti. Oggi nel sito sono schedate ottomila organizzazioni. E grazie al lavoro, per lo più gratuito, degli informatici ognuna è cliccabile; il sito c’è in tedesco e in francese, e vale davvero la pena esplorarlo.
Dal virtuale al reale, è ormai tradizione due volte l’anno la “passeggiata di lobbywatch”: a spasso con i due co-presidenti alla scoperta degli angoli in cui si cucina la politica federale dell’interesse particolare.


Stavolta oltre alla giornalista di area c’erano una coppia di pensionati, due giovanissimi, un papà con bimba assonnata appesa al collo e tre curiosi di mezza età. L’atmosfera è giocosa, e i nostri anfitrioni alternano battute fulminanti ad impietose relazioni, dati e documenti alla mano, che ci fanno passare senza soluzione di continuità dall’ilarità a una sottile depressione. La passeggiata della vergogna comincia da un anonimo portone a due passi da Palazzo, dove diverse organizzazioni legate all’industria dell’alcol hanno piantato le tende. La parola d’ordine? Una politica moderata in materia. Non fraintendete: non sono certo per un consumo moderato, piuttosto perché non si finisca per esagerare con la prevenzione.


A un tiro di schioppo il cinque stelle Bellevue, nel cui lussuoso bar si incontrano quelli che contano, e a due passi il “Cercle de la grande société de Berne”, ritrovo per aristocratici fondato nel 1767. Nelle sue sale si parla solo francese e, ça va sans dire, si entra solo su invito. Attraversata Kornhausplatz c’è il ristorante Schmiedstube. Spiegano Angeli e Hostettler, slide con le prove sull’iPad, che qui si incontra ad ogni inizio sessione la lobby dei contadini. In queste settimane il tema caldo sono gli accordi sui dazi di importazione sull’olio di palma con Malesia e Indonesia: le lobby dell’agricoltura svizzera vogliono alzare la posta, per fare spazio agli indigeni oli di semi e colza. A due passi il ristorante Zum Äusseren Stand: in questi giorni è prevista una serata elegante organizzata da governo e parlamento bernesi, perché nella capitale federale anche comuni e cantoni fanno lobby. Giusto a fianco, in un anonimo Passage, un’insegna recita “direzione Migros per la politica economica”. Hostettler racconta che tradotto in “parla come mangi” significa: ufficio del capo-lobbista della cooperativa. Un signore gentile che tutti conoscono a Palazzo, dice, «ma è problematico ammantarsi di nomi tanto ambigui, quasi incomprensibili. È chiaro che il titolo di lobbista susciti sospetto – e una ragione ci sarà pure, no? A Lobbywatch pensiamo sia importante chiamare le cose con il loro nome e invitiamo i nostri colleghi giornalisti ad essere i primi a farlo». Ad Elvezia si preferisce infatti “public affairs”, o al massimo pubbliche relazioni.

 

La passeggiata continua allora con le due aziende famose per il lobbismo di professione. Scuole diverse: Farner punta sulla discrezione, e sappiamo si sono aggiudicati la partita degli aerei da combattimento. Di fronte al loro ufficio Rafale / Dassault – il colosso trova tanto interessante la partita che si gioca a Berna, da avere aperto qui un ufficio. Giusto a fianco l’Ong sugli aerei civili e a due passi l’altro nome del lobbismo di professione, FurrerHugi che, scusate il bisticcio, punta sulla trasparenza: di solito si sa chi sono i suoi clienti. Una cosa è certa: entrambe le ditte negli ultimi anni hanno visto gli affari andare a gonfie vele, se Farner vanta + 48%, e FurrerHugi + 123% dipendenti. Vanno alla grande, e sono costantemente corteggiati, ex dipendenti dell’amministrazione federale e i giornalisti che siano stati corrispondenti da Palazzo federale. Non poteva mancare all’appello il lussuoso Hotel Schweizerhof, e qui ci raccontano i co-presidenti di lobbywatch colpisce siano previste serate piacevoli organizzate dai gruppi parlamentari. «Un fenomeno nuovo», conclude Angeli, «che persino loro si comportino da lobbisti. Ci chiediamo chi paghi i loro sollazzi in un posto tanto costoso, visto che i gruppi parlamentari non hanno un budget».


Lobbywatch.ch vive di lavoro volontario, una campagna ha consentito di ripensare il sito. Ma il mondo delle lobby è sempre in movimento, il lavoro di inchiesta è continuo. Chiedo: usate solo informazioni di pubblico dominio? Otto Hostettler sorride e rivela: «Abbiamo anche alcune fonti anonime, ci inviano copia di inviti ad eventi organizzati dai lobbisti». La passeggiata si chiude con un appello: «Sostenete lobbywatch.ch, iscriversi costa 50 franchi. E soprattutto: parlatene in famiglia e con gli amici – perché quanto accade nel mondo delle lobby ci riguarda».

Pubblicato il

27.09.2018 15:56
Serena Tinari