Dossier centri commerciali: Eravamo una bella squadra

È mercoledì sera e mi ritrovo con le mie ex compagne di lavoro a casa mia, per una cena tra donne che hanno condiviso fatiche, speranze, gioie professionali e della vita ma anche delusioni amare e che hanno lasciato il segno.
Eravamo una bella squadra, noi: sempre presenti, oneste, diligenti, instancabili e gestivamo in principio tre negozi che poi, mano a mano, sono aumentati, fino ad arrivare a sette, nella completa collaborazione, complicità e rispetto dell'altro. Si facevano grandi incassi.
Le nostre erano regole non scritte, come si fa tra persone che capiscono le esigenze di ognuno sia sul posto di lavoro sia nella vita privata, con momenti di intesa totale uniti a momenti di disaccordo, risolti con confronti diretti: senza sotterfugi, duri ma che aiutavano a trovare una soluzione di interesse comune.
Tutto questo per undici anni, quasi dodici.
Fino al giorno in cui cambia la dirigenza e da principio, io, che ero "la responsabile": «non ero più in linea con le direttive aziendali». Alle 17.30 ricevo la lettera, alle 18.30 sono a casa... dopo undici anni, quasi dodici...
La grande strategia aziendale prevedeva e prevede, oltre alla nuova gestione commerciale, anche nuove forme restrittive per il personale: cartellini da timbrare, pause regolate per il bagno, lavoro part-time su chiamata... oltre ad una pressione psicologica indirizzata a rendere le persone "passive", a metterle l'una contro l'altra, a privarle di ogni iniziativa, a renderle degli automi.
Inutile dire che i negozi mano mano stanno chiudendo e le persone si sono ammalate di quella malattia che si chiama sfiducia, demotivazione, passività, inerzia!
Malattia che ti porti nell'anima: l'onestà, la professionalità, la serietà non sono state riconosciute, anzi, sono state denigrate e, ancor più grave, messe in dubbio.
Così ci ritroviamo, perchè la condivisione delle cose belle e di quelle drammatiche ci hanno fatto diventare un gruppo di amiche e anche perché, con un certo orgoglio possiamo affermare che noi "vecchie" abbiamo dato esempio di dignità come lavoratrici, come donne e come madri alle nostre compagne più giovani che puntualmente ci contattano per ritrovare la carica e per affrontare la vita, a detta loro, come «Donne vere».
È mercoledì sera e ci dobbiamo lasciare, abbiamo anche riso ricordando i tempi andati, un riso amaro in fondo, perchè non potremo più condividere le nostre giornate al lavoro. Non ci saranno più le nostre frasi: «Ci vediamo al lavoro», «Dobbiamo fare questo lavoro», «Domani lavoro io non preoccuparti», «Io ieri ho lavorato ed ho incassato più di te». «Ma cosa dici? Che quando lavoro io faccio incassi record...». Lavoro, lavoro, lavoro. Che nostalgia.

Oggi è lunedì e mi hanno appena annunciato che la mia cara R. è stata licenziata... e mi viene da piangere.

Pubblicato il

09.07.2010 13:30
Barbara Pacati Borghi
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