Il Consiglio federale vuole incentivare il lavoro degli anziani, cioè far sì che, invece di aspirare alla pensione anticipata o di ritirarsi all’età stabilita dalla legge, i lavoratori restino a sgobbare il più a lungo possibile. E questo viene definito un «miglioramento a livello di assicurazioni sociali» ed una «lotta ai pregiudizi». La notizia è della scorsa settimana; ma trattandosi dell’esternazione di un intento strategico, e non ancora di una decisione politica, ha rischiato di passare inosservata. Certe intenzioni, una volta messo radici, sono però altrettanto importanti delle decisioni definitive. Quasi a sottolineare il peso reale che il governo vuole dare alla sua strategia, sono stati due i ministri, Pascal Couchepin e Joseph Deiss, che ne hanno illustrato le proposte davanti ai giornalisti. Si tratta di un pacchetto di provvedimenti, al quale già da tempo stanno lavorando gli specialisti del Dipartimento dell’interno e del Dipartimento dell’economia. Il rapporto che li sintetizza parte dalla constatazione che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, a media scadenza anche in Svizzera la presenza dei lavoratori anziani sul mercato del lavoro diventerà sempre più importante. Il Consiglio federale vorrebbe quindi favorire la permanenza dei lavoratori anziani sul lavoro, con misure che perseguono tre obiettivi. Il primo obiettivo consiste in interventi a livello di assicurazioni sociali affinché i pensionati che decidono di lavorare non vengano eccessivamente penalizzati sulle rendite. Per evitare di scoraggiare i lavoratori dal proseguire l’attività oltre i 65 anni, si propone l’adozione di orari di lavoro flessibili, il pensionamento parziale, la possibilità di anticipare o differire la riscossione di una rendita, nonché la possibilità di continuare ad assicurare il vecchio salario in caso di passaggio a una remunerazione inferiore (cambio di funzione o riduzione del grado di occupazione). Altri provvedimenti in questo campo: rinuncia ai pensionamenti obbligati e accumulo di crediti di vecchiaia. Si tratta, in altri termini, di evitare che le persone attive fino all’età legale della pensione non vengano sfavorite: il passaggio a tempo parziale o un cambiamento di mansioni con riduzione del salario non dovrebbero ripercuotersi negativamente sulle rendite di vecchiaia. Vengono quindi ipotizzate due soluzioni alternative: o ci si orienta su una rendita Avs non più determinata sull’ultimo salario prima della pensione ma sull’insieme dei contributi versati nel corso della vita lavorativa; oppure, come sembra preferire il Dipartimento dell’interno, per compensare la riduzione di salario il datore di lavoro continua a versare contributi immutati alla cassa pensione, in modo che il secondo pilastro non venga pregiudicato. Il secondo obiettivo è fare in modo che ai lavoratori anziani vengano garantite condizioni di lavoro adeguate alla loro età e stato di salute. L’offerta di condizioni di lavoro che tengano in debita considerazione le capacità specifiche dei lavoratori anziani non sono ancora la regola. Nella prassi pregiudizi e discriminazione sono ancora molto diffusi. Per questo si pensa tra l’altro d’intervenire a livello di opinione pubblica e presso le aziende. Il consigliere federale Deiss promette «un ampio ventaglio di misure», sapendo che nessun lavoratore prossimo all’età del pensionamento deciderà di restare attivo se i datori di lavoro non cambieranno atteggiamento nei suoi confronti. Per adesso però, come conferma il Segretariato di stato dell’economia (Seco), non vi sono incentivi concreti al di fuori di una campagna di sensibilizzazione. Il terzo obiettivo prevede misure destinate a facilitare la reintegrazione dei disoccupati anziani nel mercato del lavoro. Se è vero che tra i lavoratori anziani il tasso di disoccupazione è ancora inferiore alla media delle altre fasce d’età, è altrettanto vero che per un lavoratore anziano è spesso difficile trovare un posto di lavoro. Attualmente, i meccanismi in vigore per il reintegro dei senzalavoro non sono adeguati ai lavoratori anziani, benché il loro numero sia destinato a crescere. Sarà quindi indispensabile adeguare all’invecchiamento della popolazione attiva la reintegrazione dei disoccupati. In ogni caso, sembra caduta la proposta formulata dal Pdc, secondo cui il premio del secondo pilastro versato dal datore di lavoro, che adesso aumenta progressivamente dal 3,5 al 9 per cento secondo l’età, sia fissato al 6,25 per cento indipendentemente dall’età del lavoratore. Secondo Couchepin, tale soluzione produrrebbe un buco di due miliardi di franchi all’anno. Tuttavia, senza incentivi finanziari sarà difficile che i datori di lavoro rinuncino a ricorrere a licenziamenti e pensionamenti anticipati. Ma al Seco sembrano fiduciosi: «Prima o poi non avranno più scelta, poiché in una quindicina d’anni i 55-65enni saranno la categoria più numerosa di persone attive».

Pubblicato il 

16.12.05

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