Ilaria Salis dovrà scontare la pena preventiva – che non è una condanna essendo in attesa di giudizio – nella capitale magiara, previo pagamento di una cauzione da 40mila euro, ma ora le autorità italiane potranno chiedere al ministero ungherese la documentazione per rivendicare l’applicazione in Italia della misura decisa a Budapest. Il trasferimento, previsto da una legge quadro del Consiglio europeo, non sarà automatico perché la legge che regola i rapporti tra gli stati membri dell’Ue in materia giudiziaria riguarda formalmente i cittadini già condannati, e questo non è il caso di Ilaria. Ma il governo Meloni, che ora con le parole dei ministri Tajani e Nordio si dice soddisfatto per la decisione della magistratura ungherese, si era impegnato a usare tutti gli strumenti della diplomazia e del diritto per riportare in Italia l’imputata rea di antifascismo, e la condizione necessaria sarebbe stata proprio la concessione dei domiciliari a Budapest. Condizione che finalmente si è verificata grazie alla irriducibile resistenza di Ilaria, allo straordinario impegno umano, politico e mediatico del padre Roberto e, last but not least, grazie alla decisione dell’Alleanza Verdi Sinistra (Avs) di candidare alle elezioni europee di giugno la cittadina italiana detenuta nella patria della “democrazia illiberale”. La mobilitazione a sostegno di Ilaria Salis ha potuto molto più dell’imbarazzo del governo italiano, legato da una troppo forte vicinanza politica a Orbán per decidere di alzare la voce in materia di diritti e infatti è rimasto muto, così come l’ambasciata a Budapest. “Ora riportiamola in Italia, poi a Strasburgo”, dicono Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Avs con la soddisfazione di chi ha acceso i riflettori sulla vicenda. Inizialmente, dagli ambienti vicini alla segretaria Elly Schlein era circolata l’ipotesi di una possibile candidatura di Ilaria nel Pd, subito contestata e affossata dal corpaccione conservatore e dai luogotenenti del partito. Tutti gli anni, nella settimana dell’11 febbraio, si svolgono in Ungheria cerimonie e manifestazioni che vanno sotto il nome di “giorno dell’onore”. E quale onore! Si commemorano i militari ungheresi – Budapest aveva combattuto nella Seconda Guerra mondiale al fianco di Hitler – e tedeschi morti negli scontri con l’Armata rossa durante l’assedio di Budapest tra l’ottobre del ’44 e il febbraio del ’45, terminato con la vittoria dell’Urss. Le sfilate dei neonazisti, xenofobi e antisemiti sono protette da una polizia che fa l’occhiolino ai nostalgici delle SS e dei loro alleati magiari ed è pronta a colpire qualsiasi contromanifestazione antifascista. In questo fetido contesto Ilaria Salis è stata arrestata nel febbraio del 2022 con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di due fascisti e aver provocato loro “lesioni pluriaggravate in un contesto di ambito associativo che avrebbero potuto essere mortali”. In realtà, i due neonazi sono stati dichiarati guaribili in 5 e 8 giorni dalle stesse autorità sanitarie di Budapest. Ilaria si è sempre dichiarata innocente ma rischia una condanna incredibile che prevede fino a 24 anni di carcere. La prossima udienza del processo è fissata il 24 maggio, la successiva per settembre ma qualora venisse eletta all’Europarlamento l’iter verrebbe sospeso fino al termine della legislatura. Dopo il pagamento della cauzione, dunque, Ilaria potrà uscire dal carcere per scontare i domiciliari a Budapest dove potrà finalmente riabbracciare la famiglia. Sarà tenuta sotto controllo dall’autorità giudiziaria ungherese attraverso il braccialetto elettronico: indubbiamente un passo avanti rispetto al trattamento subito dall’insegnante antifascista italiana, trascinata nell’aula giudiziaria con le manette ai polsi e i ceppi ai piedi e tenuta al guinzaglio neanche fosse un cane feroce. Scene che hanno prodotto sdegno in Italia e in tutta Europa e hanno contribuito ad alimentare un movimento di protesta che chiede la liberazione di Ilaria e critica l’immobilismo del governo Meloni. Va detto che se la palese violazione dei diritti umani in Ungheria muove critiche e proteste internazionali, non è che l’Italia brilli per prassi democratica: si moltiplicano i casi di violenze e torture nelle carceri e nel trattamento disumano dei migranti. E persino scioperare per i propri diritti o manifestare contro il genocidio dei palestinesi vengono trattati dal governo con precettazioni (dei lavoratori) e manganelli (sulla testa degli studenti liceali e universitari). La democrazia illiberale di Orbán è contagiosa. |