Donne in prima linea

Le attività non essenziali sono ferme. Chi invece deve lavorare più di prima è il personale sanitario e quello del commercio di beni di prima necessità. Due settori a rischio e a prevalenza femminile.

Secondo gli ultimi dati dell' Ufficio federale di statistica, l'82% del personale nel settore sanitario è femminile e oltre l'80% di coloro che sono a contatto con i pazienti, come ad esempio le aiuto medico, le assistenti di cura a domicilio, le levatrici o le farmaciste, è donna.

 

Nel commercio al dettaglio la percentuale è simile: 71% di una forza lavoro che conta all'incirca 190.000 persone. Difficile stabilire in che proporzione questo 71% di donne si occupi proprio della vendita di beni di prima necessità, non esistono statistiche in merito, ma riferendosi alle cifre fornite da Coop e Migros siamo attorno al 61%.

 

Queste donne sono in prima linea anche a casa, dove si occupano in larga misura delle faccende domestiche e dei figli che ora non vanno a scuola e dei quali si devono occupare in maniera diversa rispetto al solito visto che il programma scolastico prosegue da casa. La custodia dei figli per coloro che non possono restare a casa non è ancora assicurata ovunque e in modo omogeneo, come stanno facendo notare diversi collettivi dello sciopero femminista, mobilitati per non far ricadere sulle donne il costo di questa crisi.

 

Infatti, queste lavoratrici si ritrovano non solo maggiormente esposte al rischio di contagio perché costantemente a contatto con altre persone per ragioni professionali, ma devono far fronte ache a un sovraccarico lavorativo, con la paura inoltre di perdere il posto di lavoro se non si attengono a quanto imposto. A ciò si aggiungono infelici decisioni delle autorità come quella del Canton Ginevra di prolungare gli orari di apertura dei negozi dalle 6 alle 20. O ancora quella del Consiglio federale di sospendere le disposizioni di legge concernenti i periodi di lavoro e riposo per aumentare la disponibilità di personale sanitario, permettendo così, indipendentemente dal tasso di occupazione, di farle lavorare oltre 50 ore a settimana.

 

Per andare in contro al personale sanitario, le autorità hanno annunciato che avranno diritto ad un accesso prioritario al sistema di custodia dei figli nonostante la chiusura delle scuole e degli asili nido, ma questo non significa ancora che abbiano un accesso garantito, inoltre gli orari di molte strutture sono difficilmente conciliabili con quelli imposti in questo periodo a chi lavora nel settore. Il problema si pone anche per le lavoratrici del commercio di alimentari, soprattutto per coloro che hanno figli in età prescolare.

 

Unia precisa che anche se spesso alle lavoratrici (e ai lavoratori) vengono concessi dal datore di lavoro solo tre giorni per la custodia dei figli, dopodiché vien chiesto loro di prendere giorni di vacanza, questo non è corretto: il Codice delle obbligazioni prevede infatti che coloro che non possono lavorare perché devono prendersi cura dei figli hanno diritto a ricevere il salario per tre settimane a partire dal primo anno di servizio.

 

Pubblicato il

30.03.2020 14:17
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