Donne in campo contro le armi

Le donne vogliono disarmare la Svizzera. Così una rivista svizzero-tedesca riassumeva il dibattito pubblico che, nelle scorse settimane, ha preceduto ed accompagnato l 'esame in Consiglio nazionale della revisione della legge federale sulle armi. In effetti sono soprattutto le donne che premono (c'è stata anche una petizione lanciata dal rotocalco femminile "Annabelle") affinché si ponga fine all 'uso di tenere in casa le armi d 'ordinanza dell 'esercito, cioè fucili d 'assalto e pistole con relative munizioni. Le mogli e le madri giustificano questa loro richiesta con tre buone ragioni: perché spesso sono loro a venir minacciate con le armi "domestiche"; perché temono che i bambini possano accedervi agevolmente; e perché i fatti di sangue, come i suicidi e le stragi familiari, tutt 'altro che infrequenti in Svizzera, spesso vengono posti in essere proprio a causa della facile disponibilità delle armi.

La Svizzera è un immenso arsenale. Secondo uno studio condotto dall'Istituto di criminologia dell 'Università di Losanna, accanto ai circa 500 mila fucili d 'assalto e pistole dell 'esercito, nelle case degli svizzeri circolano ancora da uno a due milioni e mezzo di armi private. Di quest'ultime, un 16 per cento è costituito dalle vecchie armi d'ordinanza, che alla fine del servizio gli ormai ex militi ottengono di conservare per ragioni "affettive"; mentre un 12 per cento sono vecchie armi ereditate con il patrimonio familiare. Il 12 per cento dei proprietari sono cacciatori, il 40 per cento sono praticanti del tiro sportivo, il 16 per cento sono semplici collezionisti. La metà di loro dice di non tenere munizioni in casa.
Escludendo le armi d'ordinanza, quelle private si trovano nel 13 per cento delle abitazioni svizzere. Questo è un dato che, confrontato con quello analogo degli altri paesi vicini (9 per cento in Germania, 23 in Francia, 16 in Italia e 15 in Austria), non appare poi particolarmente alto, anzi può sembrare addirittura rassicurante. Ma se si considera che il 60 per cento delle uccisioni mediante armi da fuoco avviene all 'interno della famiglia, e che circa la metà di queste uccisioni e del totale dei suicidi avviene per mezzo delle armi d'ordinanza tenute in casa, si capisce perché le donne ce l'abbiano tanto con la tradizione di affidare alla cura personale di ogni milite i fucili e le pistole dell'esercito. E questa volta il confronto internazionale dà loro una mano: per esempio, in Olanda e in Australia le uccisioni all 'interno della famiglia sono il 30 per cento degli omicidi, persino negli Stati Uniti sono soltanto il 15 per cento.
In prima fila nel dibattito sociale e politico su questo tema (purtroppo senza esito positivo, finora, in parlamento) sono le donne della sinistra. Vista la resistenza opposta soprattutto dai partiti borghesi alla soluzione di lasciare le armi d 'ordinanza negli arsenali militari, la consigliera nazionale socialista basilese, Anita Fetz, ha suggerito di almeno non consegnare ai militi le munizioni da custodire in casa. Ma come lei la pensano anche molte donne politicamente impegnate a destra, come ad esempio la consigliera di stato grigionese, dell 'Udc, Eveline Widmer-Schlumpf.
Tra gli uomini, è stato senz'altro il consigliere nazionale ecologista di Zugo, Joseph Lang, che più d'ogni altro s 'è battuto in parlamento per una legge più restrittiva sulle armi. Lang si trovava nell'aula del parlamento zugano quel 27 settembre 2001, quando vi fece irruzione uno squilibrato che uccise quattordici persone e ne ferì altre quindici prima di suicidarsi. Ma non è riuscito a convincere i suoi colleghi e la sua richiesta di più sicurezza (niente armi a casa, obbligo di registrare e motivare ogni acquisto, messa al bando di certe armi particolarmente pericolose) è rimasta purtroppo inascoltata.
I deputati borghesi intervenuti nel dibattito hanno sostenuto in parlamento ogni genere di argomenti che servissero a non cambiare nulla o il meno possibile. Hanno tirato in ballo «il senso di responsabilità del cittadino» (Ulrich Schlüer, Udc zurighese); «la diffamazione dei tiratori» perpetrata dalla rivista "Annabelle" (Jacob Büchler, Ppd sangallese); la «cultura della fiducia tra lo stato e il cittadino» ed «è bello vivere in un paese liberale!» (Teophil Pfister, Udc sangallese). Il ministro Christoph Blocher, poi, ci ha messo di suo senza farsi pregare: drammi familiari e suicidi «non hanno nulla a che vedere con la legge sulle armi»; «Chi vuole uccidere lo fa con qualsiasi mezzo, anche con un coltellino militare»; «Gli abusi con le armi, e specialmente con le armi militari, sono estremamente rari»; «I fucili a ripetizione sono adatti soprattutto alla produzione di film di gangster».

Nei ranghi anche uno Schmid

L'esame in parlamento della revisione della legge sulle armi non è ancora terminato, ma si può già dire che non cambierà molto, a parte i ritocchi resi necessari dall 'adesione all 'intesa di Schemgen entrata in vigore con gli accordi bilaterali II con l'Ue. D'altronde, fino al 1999 la Svizzera non conosceva una legge federale sulle armi: i cantoni regolamentavano liberamente e le armi da fuoco semiautomatiche erano reperibili praticamente ovunque. Da sette anni la procedura dell'acquisto è più uniforme, però non esiste ancora un registro centrale delle armi e rimane relativamente facile procurarsele senza alcuna autorizzazione.
Ma chi vuole che in Svizzera nulla cambi in questo settore? La più potente organizzazione che difende la libertà di possedere un'arma è la Pro Tell, società "per un diritto liberale sulle armi". Conta circa settemila soci individuali e collettivi, e presidente ne è l'ex consigliere nazionale radicale solettese Willy Pfund. La Pro Tell offre soprattutto consulenza giuridica alla quindicina di associazioni nazionali di tiratori, cacciatori e e collezionisti. Insieme hanno costituito la "Interessengemeinschaft Schiessen Schweiz (IGS)", che rappresenta 350 mila soci ed è sorta nel 2000 per iniziativa dell'allora presidente della Federazione sportiva svizzera di tiro, Peter Schmid, fratello dell'attuale consigliere federale e ministro della difesa Samuel Schmid.

Pubblicato il

06.10.2006 02:30
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