Domenica feriale

Nuove dal settore della vendita. Questa settimana il sindacato Sei-Unia ha presentato i risultati di un’inchiesta sulle condizioni di lavoro condotta nei cosiddetti negozi atipici del cantone. Cosa si intende per negozi atipici? Sono quei negozi annessi alle stazioni di benzina. Negozi o chioschi che un tempo vendevano più o meno quel che si poteva trovare in una comune edicola. Ora si sono evoluti in veri e propri supermercati che dei chioschi che furono mantengono grossomodo gli orari di apertura (fino alle 22 di sera, domenica compresa). Va detto subito che il fenomeno è esteso a tutta la Svizzera. Ma, per il momento, vediamo cosa è emerso dall’indagine condotta in Ticino. Secondo quanto denuncia il Sei-Unia la fiorente rete di supermercati è cresciuta grazie alla «complicità delle autorità che hanno ignorato l’esplosione del fenomeno». Il Sindacato afferma di aver denunciato a più riprese le cattive condizioni lavorative subite dal personale impiegato nei negozi in questione ma «non si è mosso nulla». Il Dipartimento delle finanze e economia (Dfe) non è intervenuto. Eppure il Seco (Segretariato di Stato dell’economia) «in ben due occasioni ha scritto esplicitamente alle autorità preposte indicando come queste debbano intervenire e mettere ordine in questa situazione di caos». Ma i supermercati continuano a prosperare indisturbati. Cosa contesta il sindacato ai negozi atipici? Innanzitutto «le condizioni in cui operano lavoratrici e lavoratori che, oltre a paghe insufficienti, rischiano di veder peggiorare la propria salute». Inoltre il Sei-Unia ricorda il referendum lanciato (e vinto) contro il prolungamento degli orari di apertura dei negozi: «non facciamo entrare dalla finestra quello che gli elettori ticinesi hanno buttato fuori dalla porta». A questo punto è tempo di entrare nel vivo della faccenda: i risultati dell’inchiesta condotta tra i lavoratori. In Ticino il campione esaminato è di 35 punti vendita per un totale di 119 lavoratrici e lavoratori. Per quanto concerne gli orari di lavoro scopriamo che solo il 5 percento degli interpellati è impiegato a tempo pieno con orario fisso. Il 57 percento lavora a tempo parziale con un minimo di ore garantite e ben il 39 percento lavora su chiamata senza avere la certezza di un minimo di ore. Sul fronte dei salari vediamo decisamente sfumare l’ipotesi del salario minimo di 3000 franchi: il 92 percento degli occupati percepisce meno di 3000 franchi lordo il mese. Particolarità dei negozi atipici è il lavoro domenicale: pesa oppure no ai salariati lavorare di domenica? Al 42 percento pesa. Il 33 percento lo accetta per arrotondare lo stipendio ma auspica che vengano introdotti dei supplementi. Solo il 14 percento dichiara di non aver problemi mentre l’11 percento non risponde. Un altro importante problema, sollevato in particolare da parecchie lavoratrici: la sicurezza. Così commenta il Sei-Unia: «spesso in questi centri acquisti aperti fino a tardi lavorano donne, magari lasciate sole fino alla chiusura: finora non c’è stato per fortuna nessun episodio particolarmente grave ma aspettare che succeda qualcosa di brutto per intervenire... non ci sembra il miglior modo per affrontare il problema». Quali ulteriori passi intende intraprendere il sindacato per contrastare il fenomeno? Una nuova lettera verrà spedita al Dfe in cui verranno esposti i risultati di questa inchiesta. Se in seguito alla lettera non ci saranno interventi, il sindacato è «pronto a denunciare il Dfe presso il Parlamento nazionale o presso il Seco». E vedremo se anche allora tutto resterà fermo.

Pubblicato il

04.10.2002 04:30
Sabina Zanini