Divoora, l'opinione dei sindaci

Unia si è appellata ai sindaci dei maggiori centri urbani ticinesi affinché chiedano il rispetto di chi lavora nelle loro città

Lo scorso giovedì durante la conferenza stampa sul fallimento della procedura di conciliazione della vertenza Divoora (qui l'articolo), il segretario regionale di Unia Giangiorgio Gargantini ha rivolto un appello ai sindaci dei quattro maggiori centri urbani ticinesi. «Chiedete il rispetto di chi lavora nelle vostre città».Abbiamo quindi girato la domanda ai diretti interessati:

 

"Al di là delle eventuali infrazioni legali di cui si sta occupando l’ispettorato del lavoro, a titolo personale, lei condivide l’idea di questa forma di lavoro secondo cui una persona possa esser retribuita solo il tempo di consegna dell’ordine, mentre il tempo di attesa tra un ordine e l’altro sia prestato dal lavoratore gratuitamente?"

 

Queste le loro risposte:

 

Alain Scherrer, sindaco di Locarno:

“Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione”. A dirlo non sono io, semplice sindaco di una Città ticinese, ma l’articolo 23 (al punto 1) della Dichiarazione universale dei diritti umani. Ed è proprio sui concetti di giusto e soddisfacente che la nostra società deve riflettere e impegnarsi a fondo. Vanno quindi rispettati – e fatti rispettare – gli eventuali contratti collettivi, le apposite leggi e tutte le disposizioni in materia. Un ambito in cui purtroppo un Comune non ha spazio di manovra, se non impegnandosi ad applicare tutto quanto necessario a favore dei propri dipendenti, essendo infatti istanze superiori (Confederazione e Cantone) ad avere voce in capitolo in questioni come quella portata all’attenzione dell’opinione pubblica. Attendendo l’esito degli approfondimenti dell’Ispettorato del lavoro, come sindaco, cittadino e membro della nostra società non posso dunque che sostenere ogni azione a favore, appunto, di giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro per ogni individuo.

 

Mario Branda, sindaco di Bellinzona

Condivido pienamente le preoccupazioni e le critiche da voi espresse su questo deleterio modello salariale e d’impiego e che l’adozione di un sistema normativo adeguato s’impone. È evidente che il tempo d’attesa è assolutamente funzionale all’effettuazione della consegna e che questa non può avvenire senza la prima. Trattasi quindi di un tempo messo a disposizione dalla persona del lavoratore e che non può non essere adeguatamente remunerato. Come Città non credo abbiamo molti strumenti a disposizione. Certo eviteremo di fare capo a questo genere di servizi per attività svolte a favore della nostra popolazione (ev. consegne di merce e pasti a domicilio). In ogni caso trattasi di sistemi che contribuiscono ad alimentare forme di precariato e povertà tra lavoratori e che, per finire, indeboliscono la tenuta e la coesione del nostro sistema di convivenza sociale.

 

Michele Foletti, sindaco di Lugano

Premetto che non conosco bene la situazione. Per un lavoratore indipendente è normale venir pagato solo quando svolge una prestazione (pensiamo ai taxisti che non sono pagati durante l’attesa tra una corsa e l’altra o al proprietario di un negozio che guadagna solo quando un cliente acquista). Altro discorso invece per un dipendente che non ha né rischio di impresa né di capitale e che è pagato (nel caso di un negozio) anche per stare in attesa del cliente.

 

Samuele Cavadini, sindaco di Mendrisio

Non conoscendo nel dettaglio la questione, mi permetto comunque di auspicare che si trovi una soluzione nell’interesse generale che comprenda il rispetto e la dignità dei dipendenti che svolgono questa tipologia di lavoro, riconoscendo loro condizioni e salari equi. Questo è il punto fondamentale poiché ne va del benessere di tutti, della pace sociale del paese.

 

 

 

Pubblicato il

05.05.2022 13:40
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