Disperato volo

La cronaca è di un paio di settimane fa. Un richiedente l'asilo siriano di 25 anni, chiamiamolo Ahmed, s'è gettato dal sesto piano dell'autosilo Motta, in pieno centro a Lugano. Stava fuggendo a due agenti della polizia ferroviaria, che lo inseguivano dalla stazione. Prima di saltare s'è tolto le scarpe, dentro c'erano due grammi di marijuana, un'inezia. Poi il volo, disperato, 12 metri giù sul marciapiede, un tonfo sordo che l'ha ridotto con ferite gravi all'ospedale. Viveva da sei mesi in Ticino, ultimamente gli avevano trovato un appartamento a Lamone. Un ragazzo normale, con l'esuberanza della sua età. Pare che più volte fosse stato fermato in treno senza biglietto, altrimenti non  aveva mai creato particolari problemi.
"Volo dal Motta per futili motivi", ha titolato un quotidiano locale. In effetti è difficile spiegare le ragioni di un gesto in apparenza così folle, sproporzionato rispetto ai rischi a cui il ragazzo sarebbe andato incontro sottoponendosi alle domande della polizia ferroviaria. Giacché viaggiare senza biglietto e con due grammi di erba nelle scarpe non sono un motivo sufficiente per cercare a tutti i costi di evitare un controllo di polizia, rischiando anche la morte. Questo però solo se guardiamo le cose dal nostro punto di vista.
Tuto cambia se ci mettiamo nella pelle (un po' più scura) di Ahmed. E allora sono pertinenti le domande che, all'indomani del volo, la municipale socialista di Lugano Nicoletta Mariolini si poneva sul Caffè: a cosa credeva di dover fuggire Ahmed? Che clima di tensione, di sospetto e di intimidazione si è andato costruendo a Lugano in questi anni se un giovane siriano ha così tanta paura di due agenti di polizia ferroviaria?
Si può anche rovesciare il punto di vista per indossare l'uniforme degli agenti di polizia ferroviaria che hanno inseguito il giovane per mezza città. E allora, che immagine hanno degli immigrati le nostre forze dell'ordine? Di quali minacce li ritengono capaci per la sicurezza pubblica? Ad affrontare quali nemici vengono istruiti?
Questo piccolo fatto di cronaca mette in luce il tipo di convivenza che stiamo costruendo con i diversi gruppi di migranti che arrivano in Svizzera. Una convivenza sempre più difficile, per merito soprattutto di un ampio spettro dello schieramento politico che ha deciso di costruire le sue fortune sul dolore e la sofferenza di tanti silenziosi Ahmed.

Pubblicato il

03.07.2009 00:30
Gianfranco Helbling