Giustizia

Diritto penale sessuale, una maratona coronata da successo

Il primo giugno scorso, dopo anni di discussioni, il Parlamento ha chiuso definitivamente la revisione del codice penale in materia di reati sessuali. La ridefinizione dello stupro secondo il modello “No vuole dire No” migliorerà l’accesso alla giustizia per molte vittime di violenze sessuali. Una vittoria per i diritti umani in Svizzera giunta al termine di una vera e propria maratona che ha coinvolto oltre 80 organizzazioni e 50.000 persone su un periodo di 4 anni.


Nell’aprile del 2018 in Svizzera entrava in vigore la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul). L’articolo 36 obbliga gli Stati firmatari a rendere punibile come stupro qualsiasi penetrazione sessuale commessa senza il reciproco consenso. Secondo il codice penale svizzero però era punibile quale stupro unicamente la penetrazione peno-vaginale subita sotto costrizione.
Nel suo messaggio sul progetto di armonizzazione delle pene di fine aprile 2018, il Consiglio federale proponeva di ampliare la definizione di stupro così da includere le penetrazioni anali e orali e di riconoscere che ogni persona può essere vittima di stupro, indipendentemente dal sesso. La nozione di consenso era totalmente assente dal progetto.


Il primo obiettivo di Amnesty è stato dimostrare la diffusione delle violenze sessuali in Svizzera e l’inadeguatezza del codice penale nell’affrontarle. L’istituto gfs.bern ha condotto un’indagine rappresentativa che ha fatto emergere ciò che le statistiche sulla criminalità non dicono: moltissime donne subiscono violenze sessuali in Svizzera ma pochissime sporgono denuncia.


Nel maggio 2019 le cifre pubblicate da Amnesty suscitano un forte choc: il tema esiste, impossibile ignorarlo. Da allora abbiamo continuato ad analizzare la questione delle violenze sessuali da diverse prospettive e proposto al Parlamento di ridefinire lo stupro a partire dal concetto di consenso.


Convincere chi siede in parlamento non è stato facile. È stato necessario documentare, redigere analisi giuridiche, sensibilizzare l’opinione pubblica e cercare l’alleanza con altre organizzazioni, rappresentanti di ogni orientamento politico, singole persone a sostegno di questa importante richiesta. Insieme abbiamo promosso due petizioni sostenute da oltre 50.000 persone. A dare peso alle nostre rivendicazioni anche la Sessione delle donne 2021 e diverse comunicazioni di gruppi di esperti delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa. Quattro anni fa il Consiglio federale e numerosi parlamentari non vedevano il bisogno di questa riforma. Oggi ne parlano come di un fiore all’occhiello della legislatura.


Il lavoro di Amnesty e la mobilitazione della società civile hanno permesso di lanciare un vero dibattito di società. Il tema del consenso non è stato discusso solo in Parlamento, ma anche a scuola, nelle case e tra le coppie. Questo ci dà fiducia: molto rimane da fare ma abbiamo la certezza che molte persone e organizzazioni continueranno a ribadire “Solo Sì significa Sì” ogni qualvolta sarà necessario.

Pubblicato il

07.06.2023 11:04
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