È una prassi che si sta diffondendo. Per liberarsi di due impiegati, forse scomodi, una banca di Zurigo ha letto e utilizzato la loro posta elettronica. Come scoprire chi si mette in malattia pur essendo sano come un pesce o chi approfitta indebitamente dell'indennità di disoccupazione o un falso invalido? Basta affidarsi a un hacker o a un detective specializzato in questo campo. Loro sanno come eludere i sistemi di protezione internet o intrufolarsi nella memoria di un telefono portatile per spiare la vita privata delle persone. Tuttavia in Svizzera lo spionaggio a danno dei dipendenti da parte delle aziende è relativamente poco diffuso. Come mai? Per sorvegliare o pedinare una persona – afferma il titolare di un'agenzia investigativa intervistato dal Caffè – vengono fatturati 5000 franchi per due giorni di lavoro. L'imprenditore a cui era stato presentato un preventivo del genere non ha nemmeno voluto sapere se il suo dipendente fosse malato o no. Lo ha licenziato e basta.
Anche per il presidente della commissione del personale del Tages-Anzeiger, Daniel Suter, non è stato necessario ricorrere ai servizi di un'agenzia di spionaggio. Venne licenziato nel 2009 mentre si accingeva a trattare un piano sociale per 49 suoi colleghi. Nel marzo di quest'anno il Tribunale federale, a cui si era appellato in ultima istanza, ha dato ragione al datore di lavoro, aggiungendo parole di dileggio: «La disposizione relativa agli abusi prevede una protezione del rappresentante dei lavoratori, ma non un suo trattamento privilegiato rispetto ad altri lavoratori in caso di licenziamenti di massa». La sentenza svuota di significato tutta la costruzione linguistica fatta di termini come partenariato sociale, contratti collettivi, commissioni del personale e commissioni paritetiche. Come può esistere un sindacato degno di questo nome se i suoi iscritti, se un rappresentante eletto dai lavoratori per difendere i loro interessi vivono nella paura di parlare e di essere licenziati in ogni momento senza che sia necessario addurre un motivo? Se l'unico diritto che è loro concesso è quello di fare un corteo folcloristico ogni Primo Maggio? Sulla paura si può costruire un ente assistenziale, non un sindacato. In questo paese il lavoro non ha rappresentanza.
   Non c'è da stupirsi quindi se l'inviato del Corriere della Sera, descrivendo il boom degli insediamenti industriali a Stabio, ha scritto che le aziende italiane si trasferiscono da noi perché qui trovano una manodopera frontaliera a buon mercato, la stabilità politica della Svizzera, dove il diritto è una cosa certa (non tanto però, se Silvio Tarchini può tenere aperto il suo Fox Town la domenica nonostante che la legge federale proibisca il lavoro domenicale), le controversie legali non durano dieci anni, la burocrazia non è nemica e la pressione fiscale è bassa (anzi, nulla: il comune di Stabio ha concesso l'anno scorso l'esenzione fiscale al 100% sull'utile e sul capitale per 10 anni alla The North Face Sagl, un'azienda della multinazionale Vf), e infine… la pace sociale. Cioè la sconfitta del lavoro. Su questo punto il giornalista ha ragione: il nostro paese è molto più avanti dell'Italia e delle altre nazioni confinanti sulla strada della cancellazione dei diritti di chi lavora.

Pubblicato il 

08.06.12

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