Il declassamento è stato reso noto oggi con la presentazione dell'ultimo rapporto fatto dalla Confederazione internazionale dei sindacati (ITUC), che fa emergere un quadro allarmante nel mondo, nel nostro continente e nel nostro paese, spingendo l'organizzazione a parlare apertamente di “pericolo per le democrazie”. La denuncia è stata fatta a Ginevra all’interno della conferenza in corso dal 3 fino al prossimo 14 giugno e voluta dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Il motivo della retrocessione? Fondamentalemente, perché la Svizzera ha trascurato di modificare normative contenute nel Codice delle obbligazioni, che danno una scarsa protezione contro il licenziamento, non adeguandole agli obblighi internazionali. Intanto Unia sta unendo le forze con l’Unione sindacale svizzera (USS) per lanciare un’iniziativa popolare che garantisca una protezione efficace contro i licenziamenti ingiusti. «Il risultato non ci sorprende e il declassamento della Svizzera non è una sorpresa all’interno di un paese in cui la protezione del lavoro, e di riflesso dei licenziamenti (che possono avvenire senza motivazioni), è insufficiente. La Svizzera per il suo agire era già stata ripresa dall'ITUC, ma i tentativi di negoziazione per introdurre regole più protettive sono caduti nel vuoto» annota a caldo Giangiorgio Gargantini. I dati fanno male, ma non sono un fulmine a ciel sereno e per questo già da tempo si pensa alla controffensiva per regolamentare la materia: «Il dossier di una maggior tutela dei dipendenti è centrale e prioritario per Unia: un tema che da sempre rappresenta il senso e il motore del nostro agire. L’unica risposta può venire dalla popolazione svizzera: per questo stiamo preparando con l’Unione sindacale svizzera un’iniziativa contro i licenziamenti “facili” senza piani sociali e senza spiegazioni, che danneggiano i singoli e per riflesso lo Stato, il quale si ritrova a dover pagare i costi di un’economia irresponsabile e avida. Sono attivi dei gruppi di lavoro e si spera di arrivare per l’anno prossimo con una bozza di testo, che contenga i punti irrinunciabili per innalzare il livello di protezione» evidenzia il segretario regionale di Unia Ticino e Moesa. Rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei, la Svizzera ha una protezione estremamente modesta e inadeguata contro il licenziamento ai sensi del diritto del lavoro. A spiegarcelo è Elias Bieri, segretario politico di Unia specializzato nella protezione contro i licenziamenti, per il quale si può reagire al penoso fenomeno, sostenendo il progetto di iniziativa popolare al quale si sta lavorando. «Unia – continua Bieri – ha chiesto un incontro con il consigliere federale Guy Parmelin in considerazione degli scarsi risultati ottenuti nelle classifiche internazionali. Riteniamo che il governo debba incontrare i rappresentanti sindacali e le persone colpite da licenziamenti ingiusti: la voce delle persone toccate da questi provvedimenti deve essere ascoltata direttamente dai responsabili delle decisioni. La mancanza di azioni per allineare la protezione contro i licenziamenti agli obblighi internazionali è allarmante». Un incontro proprio con il ministro a capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca, il quale aveva deciso di sospendere la mediazione tripartita sulla protezione contro i licenziamenti antisindacali senza che fosse stato raggiunto alcun risultato. A Elias Bieri chiediamo di precisare come si colloca la Svizzera nel confronto mondiale e la risposta lascia di stucco: «L'Indice dei diritti mondiali 2024 valuta il rispetto delle libertà sindacali e la tutela dei diritti del lavoro in generale. La media europea è di 2,73 e la Svizzera si colloca al di sotto di questa con un punteggio di 3. I paesi il cui punteggio è peggiorato sono Costa Rica, Finlandia, Israele, Kirghizistan, Madagascar, Messico, Nigeria, Qatar, Federazione Russa, Arabia Saudita, Sudan e Venezuela». Preoccupante è la situazione elvetica, che si allarga all’intero Vecchio Continente, estendosi a tutto il globo in un momento storico davvero delicato. Su una scala che va da 1 (violazioni sporadiche) a 5 (nessuna garanzia), «l’Europa malgrado la sua reputazione di portabandiera dei diritti sindacali a livello mondiale» ha visto la sua nota media passare da 2,56 nel 2023 a 2,73. Nel 2014 era di 1,84, sottolinea la Confederazione internazionale dei sindacati, che riunisce 340 organizzazioni in 169 Paesi. Il modello sociale europeo «viene smantellato attivamente da governi e imprese a un ritmo crescente, che contribuisce a limare verso il basso il livello mondiale dei diritti dei lavoratori» scrive l’organizzazione. |