Difendiamo il 1° maggio

Il Primo maggio sia in Italia che in Svizzera è stato caratterizzato da polemiche che hanno oscurato i temi della Festa del lavoro di quest’anno. In Italia a tenere banco sono stati i fischi agli ex ministri del governo Berlusconi Letizia Moratti e Rocco Buttiglione, nei cortei sindacali rispettivamente di Milano e Torino. In Svizzera ha destato molto scalpore la violenta contestazione a Zurigo contro il presidente della Confederazione Moritz Leuenberger, che alla festa del Partito socialista ha dovuto interrompere il suo discorso e non l’ha più ripreso. Nel dibattito italiano la polemica ha avuto come sconcertante risultato di legittimare le rivendicazioni sul Primo maggio avanzate dalla destra, in un’assurda assimilazione con la Festa della liberazione. Secondo queste tesi, la Festa del lavoro sarebbe “un patrimonio di tutti gli italiani”. Insomma, l’operaio di Termini Imerese come Silvio Berlusconi: tutti sulla stessa barca. Ma è evidente che mentre sui valori repubblicani e antifascisti del 25 aprile si può e si deve unire l’Italia intera, proprio il lavoro marca una chiara linea di divisione nel tessuto sociale, fra i cittadini. Che poi questa linea sia molto meno chiara che solo 15 anni fa e che le parole “padrone” e “operaio” non diano più molti punti di riferimento a chi volesse tracciarla, è un dato di fatto. Ma ciò non significa che non esista, che non ci siano classi dominanti e gruppi sociali subalterni, e che questi rapporti di forza non siano determinati dalla posizione in cui ognuno si trova rispetto al lavoro. Per questo si possono giudicare antipatici i fischi del Primo maggio a Moratti e Buttiglione, ma oltre è francamente difficile andare. Altrimenti al prossimo congresso di Confindustria tocca invitare anche gli operai della Fiat. Ben altro è quanto accaduto a Zurigo, con un assalto degno di una squadraccia fascista da parte di un gruppo di Black Bloc al palco su cui stava parlando Leuenberger. Le posizioni del ministro socialista soprattutto sul servizio pubblico sono certamente criticabili da sinistra, anche se va tenuto conto del contesto in cui opera, un governo di concordanza in cui la sinistra è nettamente minoritaria. Questo però non giustifica un’aggressione che nega i valori e le regole democratiche su cui la sinistra e i sindacati basano la loro azione in quanto unici veri baluardi alle derive autoritarie. Chiedendosi come l’aggressione a Leuenberger sia potuta accadere non si devono sottacere per onestà le responsabilità di quanti a sinistra non hanno osato e non osano prendere le distanze con la necessaria chiarezza e coerenza da chi adotta metodi d’azione ambigui se non violenti: il ripetersi sempre degli stessi incidenti al Primo maggio zurighese (ma anche in altre occasioni) avrebbe pur dovuto insegnare qualcosa. La Festa del lavoro non ci dev’essere scippata. Né da una destra fin troppo scaltra, né da una frangia estremista fin troppo imbecille. Perché almeno un giorno all’anno chi vive del suo lavoro dev’essere protagonista, con le sue idee, con le sue paure, con le sue speranze. E con i suoi sogni.

Pubblicato il

05.05.2006 00:30
Gianfranco Helbling