Il sogno di un’Europa comune è nato 83 anni fa in un’isoletta tra Roma e Napoli dove il fascismo confinava gli oppositori politici. 500 comunisti, 200 anarchici e altrettanti socialisti e dirigenti di Giustizia e libertà isolati in mezzo al Tirreno discussero tra loro, schivando il controllo delle guardie, di come liberarsi dalla dittatura fascista e di quale Europa costruire una volta sconfitto il nazismo e i suoi alleati. A Ventotene sono passate icone come Terracini, Pertini, Longo, Amendola, Basso, Di Vittorio, e con loro i tre visionari che scrissero “Il manifesto di Ventotene”: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Il testo uscì dall’isola grazie all’ebrea tedesca Ursula Hirschmann, fu consegnato all’opposizione clandestina e clandestinamente pubblicato nel 1944 dallo stesso Colorni poco prima di essere ucciso dalla milizia fascista. Disegnava “un’Europa libera e unita”, “liberata dagli incubi del militarismo”, capace di stimolare il protagonismo delle masse, la solidarietà, “l’emancipazione delle classi lavoratrici”. Il manifesto prefigurava una federazione ispirata ai principi di pace e libertà, con un Parlamento a cui affidare ampi poteri, dall’economia alla politica estera. Il Parlamento dell’UE, per il cui rinnovo il 9 giugno i cittadini dei 27 paesi che la compongono si recheranno alle urne, somiglia ben poco all’Europa dei visionari di Ventotene. 83 anni dopo si può dire che 20 dei 27 paesi aderenti usano l’euro, e dunque si è realizzata, in parte, l’unità monetaria. Quella politica e quella sociale, invece, sono di là da venire. La libertà dell’Europa è offuscata dalla subalternità alla NATO e agli USA, gli “incubi del militarismo” ritornano con il boom di spese militari in deroga – a differenza di quelle per la sanità e il welfare – ai vincoli di bilancio, con la guerra tornata nel cuore d’Europa; l’agognata società aperta, democratica e solidale oggi scava trincee contro i migranti in fuga da fame, guerre e dittature. Eppure, è quest’Europa lontana da Ventotene che dobbiamo difendere dall’assalto delle destre xenofobe, neofasciste e neonaziste che si alimentano della crisi delle forze democratiche orfane dei loro stessi valori originari, o in dissolvimento com’è per la GUE (Sinistra unitaria europea). Tornano rigurgiti antisemiti e invece di cercarne i mandanti nelle destre estreme presenti nell’UE vengono criminalmente indicati negli studenti che si mobilitano contro il genocidio palestinese. Del modello sociale europeo resta ben poco, sotto l’incalzare del neoliberismo che conquista spazi politici e geografici inediti e di una “Weltanschauung” basata sull’estremizzazione della competitività che non può che portare alla guerra, prima economica e infine guerreggiata. Fermare l’assalto di sovranisti e fascisti al governo di un’Europa sempre più evanescente sullo scenario mondiale è condizione essenziale per provare a cambiare il paradigma e iniziare finalmente a costruire un’Europa che assomigli, almeno un po’, a quella immaginata dai sognatori di Ventotene.
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