Tre le 1.500 e le 2.000 persone hanno sfilato per le vie cittadine alla manifestazione indetta dalla Comunità ginevrina di azione sindacale (Cgas), raggruppante le organizzazioni dei lavoratori cantonali. Un buon risultato, visto il carattere politico del corteo. «Contro gli abusi padronali, generatori di precarietà e diseguaglianze sociali» era il titolo, ma ineludibile era il tema degli attacchi ai frontalieri, visto il clima pesante che si respira nella città di Calvino.  Ne parliamo con Alessandro Pelizzari, presidente della Cgas, nonché segretario regionale di Unia.

Alessandro Pelizzari, l’iniziativa di sabato immagino sia un punto di partenza. Come si svilupperà nel futuro?


Su due assi, la mobilitazione e la campagna politica. L’iniziativa proseguirà sul piano nazionale con la manifestazione a Berna del 21 settembre, le cui rivendicazioni sono le medesime: «Maggiore protezione contro il dumping e contro la xenofobia». Il secondo asse invece è collegare una serie di scadenze politiche imminenti. L’iniziativa 1:12 pone la tematica delle diseguaglianze salariali  e ha un filo diretto con la votazione sul salario minimo di 4.000 franchi. Inoltre non possiamo fare una campagna sul salario minimo senza contrastare l’iniziativa Udc sulla cosiddetta “immigrazione di massa”. Per noi è evidente che i due temi sono legati fra loro. Con la manifestazione ginevrina abbiamo posto la prima pietra di un discorso comune, ossia proteggere i salari invece delle frontiere.
Infine, vi è una specificità ginevrina. Presto si voterà a livello cantonale su un’iniziativa promossa dalla comunità sindacale sul rafforzamento dei controlli alle imprese contro il degrado salariale e lavorativo.


Il degrado delle condizioni di lavoro e salariali è in corso da qualche anno. Il tema è però stato dominato dalla destra, che ha aizzato una guerra fra salariati residenti e frontalieri. Verrebbe da chiedersi che cosa abbia fatto il sindacato per impedire sia il degrado, sia l’occupazione politica del tema…


Il sindacato non è esente da colpe per un certo ritardo accumulato. Oggi un salariato medio svizzero o si astiene o vota l’estrema destra. Ritengo però che nelle regioni frontaliere, in particolare Ticino e Ginevra, nel sindacato la presa di coscienza sia subentrata più rapidamente. Oggi si cerca di recuperare il terreno perso, anche fisicamente, per essere maggiormente presenti nei comuni degli agglomerati dove vivono i lavoratori e dove i partiti di destra fanno incetta di voti. Stiamo aprendo antenne sindacali e di cassa disoccupazione proprio in quei quartieri per essere presenti sul territorio. Volutamente anche il corteo di sabato scorso ha seguito un percorso diverso da quello abituale, percorrendo quartieri popolari. E abbiamo notato con piacere che la presenza sindacale quando si manifesta è molto ben accolta.  


Non vi è anche un problema dell’assenza di una risposta politica a sinistra ai bisogni dei salariati?


Certamente. Credo che il sindacato stia riguadagnando credibilità nella società, contrariamente ai partiti di sinistra. È chiaro però che il sindacato non può sostituirsi ai partiti politici. Riflettere su quale articolazione ci debba essere tra un sindacalismo combattivo e la rappresentanza politica oggi è una questione ineludibile.

Pubblicato il 

06.06.13

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